venerdì 23 novembre 2012

L'URLO DEGLI INNOCENTI


















"Guerra. Un sottoprodotto della pace" (Ambrose Bierce).


“L’orrore”. Quale epitaffio di “apocalypsiche” schegge strappate al tessuto d’una guerra tenebrosa, dal cuore nero, diviene arroganza oscena che sublima, trasmutando in voluttà di potenza, tracimando in livide pozze di umori aciduli, vomito urticante come bolo lavico: nuda parvenza, egida superflua per uomini inermi di fronte all’istinto. Perché l’orrore ha un volto, e bisogna farsi amico l’orrore se si vuol sopravvivere al maelstom cannibalesco, di uomini regrediti ai primordi, ragione e fede come simulacro, le vestigia del Pensiero screziate dal bianchiccio riverbero di albe allucinate, le angosce di un’anima illividita ad azzannarti la gola, come erinni in fiamme. 

La Striscia ce ne restituisce intatto il senso, l’afrore morboso, ritagliandone i contorni: l’orrore nella sua forma più pura, stille d’impotenza civile che trasudano dalla pelle e dagli occhi di vittime e carnefici, ad infrangere lo specchio dannato d’un’Alice distorta, a segnare il confine, il limen budelloso di una guerra come risiko di maschere non più così umane, spettacolo perverso il cui riverbero disgusta ed ammalia, fascinoso e perverso. Gaza come Nuova Babilonia per un millennio gotico d’assalti medievali, scie luminose di corvi alati e roboanti a solcare la notte, il puzzo dei corpi disfatti a bruciare al fuoco di incensi antichi, lo sfondo di bastioni in rovina, miserie umane e materiche che si fanno slavina, corrodono i legami dissolvendo il senso, come ghibli vetroso che graffia i volti solcando le mani. 

Un circo di spettri, un vortice che impila uomini come tessere di domino, oscenamente denudati nella loro essenza di “captivi”, tanto più indifesi perché vinti;  la coscienza spettatrice, di chi è al sicuro e lontano, che si ribella, ululando al vento il suo disprezzo assoluto per un sistema deviato, che costringe a morire, perpetuando sé stesso; immagini di donne abbracciate a corpicini, madri placentari che avvolgono figli, lo sguardo perso negli occhi della fanciullezza divelta.  Pare d’esser risucchiati nel vortice d’un Otto Dix, tra donne distrutte e deformate dal dolore, clowns satanici che s’animano da presso, invece è dura cronaca d’ un passato eterno a noi vicino. 

La guerra è sempre sporca, perché frutto di ciarpame menzognero: si punta il dito, rigirandolo nel ventre della popolazione attonita, il paravento della vuota retorica che copre il prosaico scorrere del vento sabbioso d’una Guerra Imperitura, a graffiare i volti, come vetro, a solcare le mani, ruvide e indurite come canapa grezza: maschere deformi, grottesche, che s’animano da presso, dura cronaca d’ un passato a noi vicino,sempre attuale.


In guerra gli innocenti han sempre torto.

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