“Aver sfiorato
tutte le forme della decadenza, compreso il successo” (Emil
Cioran).
Rottami. Scheggiati, dirupati, smembrati, ferrosi, pur sempre rottami. E allora
dirottami o Musa, o Maria Elena, ‘o musso
sbatte e se schianta, contro ‘o scoglione
d’Italique: guitti e quanti, troppi, a cascame, a cascata, s’infrattano
decadenti, ammorbano l’alveo del nostro comune dissenso, a fermentare, in rotta
finale, triste e solitaria verso la rottamazione definitiva, accompagnata dalle
smorfie arlecchine a calambours di
Rottamattore a mezzo stampa, perso tra fatati Boschi, sbrego stampato e ghirba
furbetta, di chi maramaldeggia col sacco, dopo aver preso a calci sull’osso il
gatto; e s’insacca la Concordia, tenuta a bada a stento, galleggiando a cassone nei nostri
steccati, dove latrati funesti echeggiano, spiaggiati moccoli da liquefare a
fiato, che l’afa gira alla larga dalle estati a Belpaese, le coste son dirupo
per Capitoni Coraggiosi, slavati in rive gauche o a tribordo pencolanti a
vomitare, l’anima e le pudenda, mentre Capitan Cacasotto baleneggia in quel di
Ischia, molle frappa a ristorasi, in attesa che i morti riemergano a sucutarlo, secula seculorum.
E siam preda e ostaggi, e di Balena Bianca nemmanco l’ombra, orfani del
nostro Ishmael, che ci resta giusto qualche epigono piccino picciò svezzato a Fortuna, inteso come Ruota della, e a brodaglia berlusconiana
targata ’80, paninaro provincialotto a svacantare pitali di pinacolada e cheese-burger a
chianina maremmana, un Pittibimbo-minkia
per tutte le stagioni, e allora fuori dagli armadi il chiodo, teniamoci al
massimo il martello per rottamare a cazzo e buttiamo alle ortiche la falce, che
qualcuno era comunista, ma non guardate me, che negli scouts persi la bussola dell’ideologia, smarrii il
nesso dell’appartenenza, tagliai la coda alle lucertole veltroniane e dalemiane,
e presi un partito semi-nuovo a soli euro due, portandolo in europa a più 40%:
e mo’ so’ vostri, gli scazzi.
Parca trojka, che di noi s’accontenta di scalpo, con teutonica ammuina ad ammainar bandiera blanca di cambiamento, virulento e tres chic, di più, rott-amabile, che tanto di tweets non è mai morto nessuno, ma le riforme, le riforme signora mia? E vuoi mettere con le mummificate glorie del berlusconismo d’antan, i nani trasformati in giganti da giornalotti compiacenti, poteri marci e pappegorgie molli, la mota a reflusso gasto-esofageo che monta a pannacotta, stracult per libidine distorta, che biancheggiano ormai lontani, chè il Nano arcoriano è andato, vero signora mia? No?? Il suo corpo opalescente di trasparenza epidermica ed elettorale è ancora qui tra noi mortali, spoglie morte che si spargono a mucchi, dietro paravento senatoriale di reformatio in peius va in scena l’amplesso orgiastico di carni e cartuscelle, accordi ed affari per un Italicum che salvi le capre, e col cavolo che si rottama!
Lo sventramento dell’avito Palazzo, col dimezzamento coatto dei senatores è teatro d’ombre per special price, una riforma contingentata
ed imbullonata al prezzo di due, e alla men peggio, per coito elettorale in
preferenza, col Renzi e il Mestìa benedetti dall’Agnese (regal consorte in premier-sheep) e dal Vecchio sul Colle,
come uomo del monte a dir sempre sì, che la scadenza è cambiale già firmata, ed
una Costituzione val bene una messe di travisamenti e scempi, taglia e cuci e
copia incolla, chè il cambiamento sacrifica i capri, ma lascia da parte gli
Agnelli, anche questo da secula seculorum. Ed è caos, a raccattar
spiccioli, a rintuzzare fronde e frombole, tra mediazioni flambè a scottadito,
che i bottoni da pigiare son in mano ai soli croupiers, e alle loro groupies, e al
Senato sulle riforme si abballa la quadriglia del Giglio magico (ahi, concordia
perduta!), mentre l’isola è in pena d’abbandono, e la penisola pure . Salta la
mediazione, le facce son Verdini, tra grillini incazzosi e vendoliani spuri, o
quel che ne resta, volano stracci a brandelli da ricucir bandiera tricolore, e
allora aventino, viminale, quirinale e tutti i colli al seguito, che Renzi Uber
Alles si gioca il suo alla ghigliottina,
e non c’è Carlo Conti che tenga, che il nostro è aduso al vecchio Mike.
Il premier carica a testa bassa, fino all’ottobre rosso,
schivando i rottami, le secche, seccie
e relitti a cavitare, gravitando in una maggioranza plaudente e salivante,
mentre il fronte del no gli si allarga sotto al sedere, mentre il Cavalier
riabilitato pensa ca va sans dire
alla sua robba, mentre una
Costituzione è in bilico a sua insaputa, mentre un Napolitano se fa sicco ma nun more,, e noi abulici
apatici epatici, si prova a dimenticare il relitto che avanza, nell’estate del
nostro scontento.