sabato 29 novembre 2008

Misure antcirsi due:

"Tremonti vuole la tassa sul porno".
"Dopo le purghe della Gelmini,le pere di Cicciolina"

Misure anticrisi:

"Torna la pornotax".
"Lo dicevo che il Paese sta andando a puttane".

venerdì 28 novembre 2008

Il Premier invita all'ottimismo:

"Ehi, finalmente ti vedo sorridere!"
"Non è un sorriso, è una paresi".

Gli effetti secondari della crisi:

"La crisi finanziaria si fa sentire, ieri in banca ho visto un rapinatore minacciato da un cassiere".

giovedì 27 novembre 2008

Ultime dal pollaio:

Dopo la gaffe di Berlusconi su Obama, anche Calimero fa causa al Premier: "Uffa, se la prendono tutti com me...eppure lui è piccolo come me, ed in testa ha quella specie di guscio di bitume, non capisco come gli sia venuto in mente...".

Pensierino stupendo:

Se ammazzi tua moglie stai pur certo che i giudici non ti danno l'ergastolo, ma la libertà! 1

Pancho Villari e la RAI:

"Nonostante le critiche, Villari rimane in trincea".
"Dallo Scudo Crociato, al fuoco incrociato"

C'era una volta e purtroppo c' è ancora....

Cari bambini, imberbi folletti dei miei sogni felici, dove eravamo rimasti? Ah, già...
Eravamo rimasti alla bella (si fa per dire) Veltrunia e alla sua magica opposizione ombrosa,(Veltrunia di Riva Ombrosa, era il nome completo della nostra Circe-nse maga der Tufello). La nostra fata sfatata era ricorsa alle sue arti magiche per combattere il potere del nonnipotente, nonnipresente, nonnivoro Berluschino (eh, sì l'età era quel che era e si faceva sentire) e per completare la sua strategia vincente (ma non troppo, perchè la maga a governare proprio non ci pensava, ma neanche proprio guarda minimamente che più microscopicamente non si può)s'era alleata con il magico Folletto Di Pietra, quello che faceva scomparire i congiuntivi come neanche le salamelle all'autogrill. La bella (si fa sempre per dire) Veltrunia andò perciò dall'amico folletto e gli disse: "Caro folletto di Pietra, devi allearti con me, sennò Re Berluschino ci pela come due patate a tutti e due! Quello è un Re cattivo e fregnaccione, ma gli Ita-beoti l'hanno eletto e adesso il Paese è suo, nel senso che se l'è comprato proprio! Come facciamo? " "E io che cucuzza ne so?", rispose il folletto, "Mica la sfera di vetro io ho? Scusa mia bella (si fa arisempre per aridire, o meglio per a-ridere e basta) maga Veltrunia, ma quello Berluschino nel Paese s'incunea...e incunea oggi, incunea domani, quello il tapino ci ha incuneato di brutto, adesso mi pare che l'Italia è dei nani, non c'è più dubbio, quel tappo carognone da noi va distrutto!" E fu così che Maga Veltrunia con incantesimi ed erbe, ali di Fassino, zampe di Finocchiaro, e culatello di Prodi, fece la minestra, o meglio la mistura, che alla ministra fa paura: prendi un dado Mary-Star Gelmini, scioglilo bene nella brodaglia, e vedrai che la scuola ben presto s'imbavaglia! "Guardate qua miei fidi, miei Prodi...ehm, scusa Romano, si fa per dire..., disse Veltrunia, "questa è la op-pozione ombra che ci caverà dall'impiccio, bisogna solo trovar il modo di appiopparla al Re Berluschino: quando la berrà il tuopet in testa s'imbizzarrirà, ed il parrucchino di vigogna un bel castoro per magia diverrà! E noi potremo finalmente far finta di governare gli Ita-Beoti come abbiam sempre fatto, nei secoli dei secoli!" "Amen!", risposero in coro gli altri magna-maghi del PD, "Ma bella (vabbè, già lo sapete) Veltrunia come faremo a far bere la sbobbazza a Re Berluschino, lui sarà pure un nano megalomane e folle, ma si circonda di fiere guardie, e soprattutto fiere-fiere proprio...ha tanti di quegli animali a corte, come faremo a superare le sue difese? Non dimenticar che il crudele Cerbezzone, il segugio del Dimonio dalle tre teste di Capezzone, è una bestia rara ed invincibile, parla come Capezzone ma moltiplicato per tre!" "Avete ragione, miei Prodi...ah Romà, e nun t'encazzà!...dobbiamo trovare il modo di superare le belve e le difese del Re, quindi: chi si offre volontario a farsi sbranare da Cerbezzone? Così mentre il nostro Isacco si sacrificherà per il bene del Paese e dell'opposizione, noi potremmo espugnare il castello del Reuccio!" " E che c'azzecca Claudio Villa?", rispose distratto il folletto Di Pietra, "Guarda che se mi hai fatto fesso, io adesso a te ti molla!" "Ma no, Folletto mio, forse hai compreso male, ed hai pure parlato peggio...il Reuccio è Berluschino, il Signore dei Capelli...finti ovviamente...è lui che dobbiamo sconfiggere! Allora chi si offre come un Tafazzi Espiatorio? Ho già pronta la targa commemorativa..." Mormorio e sconcerto tra i maghi del PD, che come loro abitudine cominciarono ad insultarsi e litigare furiosamente: "Vacci tu, Mago Fassino, tanto sei così magro che manco Cerbezzone te se magna!", "No, vacci tu Bel Rutello, con la tua testa ad aria compressa, sei così leggero che volerai sul castello e nessuno se ne accorgerà!" Vacci tu, e non vacci tu, il problema rimaneva sempre quello, il cetriolo in mano se lo trovava sempre la bella (come sopra) Veltrunia. "Ho capito amici...sti bastardi, ahò fosse na vorta che nun me lo piglio in saccoccia io! Sarò io a sacrificarmi per il bene di noi tutti, il PD me ne sarà grato!"Una sonora risata coprì le lacrime di Veltrunia di Riva Ombrosa. Ma dal fondo della palude fangosa dei Maghi, si sentì una voce cavernosa, cioè un rutto fuori dal coro (aveva bevuto un chinò un minuto prima): "Esimi colleghi, chetate le vostre ansie...e tu bella(....) Veltrunia, non temere, nessuno si dovrà sacrificare! E tu compagno folletto Di Pietra, scendi dal trattore fatato, non c'è bisogno che te ne vada da questo con-sesso.... "Perchè, si tromba??", aggiunse allupato come un pastore marsicano il buon Di Pietra. "No, folletto questo mai! Noi siamo dei Maghi seri, certe cose le fanno solo a Corte di Berluschino!" Al che Fassino: " Ma davvero? Allora io quasi quasi..." " No, mio buon Fassino, nun te conviene", aggiunse Veltrunia, " la te farebbero fa' er frustino nei festini sadomaso, per quanto sei secco!" Ma la voce ricominciò a parlare: "No, tranquilli miei amici, io che sono il mago più intelligente, più elegante, più bello e col baffino, che me lo dico da me ogni mattino, mi sacrificherò in nome del PD!" Nello sconcerto dei maghi tutti, si fece avanti Dalemonius, il mago-ombra che nell'ombra dell'ombra tramava ombroso: dal passo sicuro, l'incedere maestoso, si lisciava il baffino appuntito come uno stiletto, benedicendo i compagni al suo passaggio regale. "Tranquilli, tranquilli, oh, scusa compagno, ma sai la mantella è di ermellino nano del Borneo...oh, pardon...ma state attenti...la cotta è di pelo di Marta Marzotto essiccata al freddo delle nevi di Cortina..." Avanzò maestoso fino al centro della scena: " Eccomi in tuo soccorso, Veltrunia: io, il più bello, eccelso e suadente di tutti i maghi tuoi alleati...vedrai che bel servizio ti combino..." (continua, bambini..)

mercoledì 26 novembre 2008

Come combattere la crisi....

"Berlusconi propone un piano salva -crisi da 80 miliardi".
"Che fa, vende la Sardegna a Gheddafi?"

La nuova prevenzione: dopo la pillola, la scatola...

"E' arrivata la scatola rosa per le donne in auto".
"Finalmente adesso sapranno dove riporre il rossetto"

domenica 23 novembre 2008

Lacrima Silviae:

"Silvio scioglie Forza Italia nel PDL".
"Era meglio nell'acido".

venerdì 21 novembre 2008

Racconto Neapolitano:

Soscia ‘o viento


Cazzo. Brucia da morire, anche se a vederlo non sembrerebbe. Nei film americani, il tipo tutto muscoli con la mascella quadrata viene sparato un centinaio di volte, e lo vedi sempre lì, in piedi accanto alla bandiera stelle e strisce, come se niente fosse. Ma quello non era un film. Quello che era successo non era affatto un fottutissimo film. Eppure. Eppure doveva essere una “fesseria”, come gli aveva detto Sasà, ma quello era sempre stato “nu strunz”, lui lo sapeva questo. Lo doveva immaginare che insieme a quel coglione avrebbe fatto la fine del sorcio in trappola.
Cazzo, come brucia. E che caldo fa in questo autobus di mezza estate. Un caldo che ti entra dentro e ti fa evaporare il sangue. O era febbre? Una febbre nervosa, fredda.
Aveva brividi per tutto il corpo, la fronte imperlata che luccicava al sole di luglio, che filtrava dai finestrini opachi.
“ Signò, ma che calore, avete visto? Si schiatta dal caldo, eh? Guagliò, ma te siente buono?”
La voce di un uomo. Ma sembrava così lontana…
Gegè alzò lo sguardo verso il nulla, adesso vedeva tutto annebbiato. Ma siamo a Napoli o in Egitto? E le piramidi dove stanno?
“ Sì, sì. Sto bene…ho solo caldo…caldo da morire”.
“ Guagliò, ma tu tieni ‘na faccia!”
“ No, davvero, sto bene”.

Bene? Stava bene? La ferita al fianco destro era un piccolo foro, impercettibile agli occhi di stratti dei pendolari accaldati,un minuscolo, impercettibile buco, un forellino che pareva il morso d’una tarma dispettosa, uno strappo sul becco giallo e sfatto di Paperino. Paperino: Paolino, Giggino o come cazzo si chiamava quel papero sfigato, sempre senza un quattrino, sempre a tentare di spiccare il volo con quelle tozze alette da pollo. Forse perciò si diceva “senza il becco d’un quattrino”, perché se sei povero sei un paperino sfigato pure tu, non hai le ali per volare, puoi solo arrampicarti sulla vita, senza tregua, senza garanzia. Una delle sue magliette preferite…adesso era solo da buttare. Ci teneva la mano premuta sopra, come aveva visto fare mille volte nei film che gli piacevano tanto, quelli d’ azione, gli eroi immortali, con le pistole che sparavano all’infinito e non morivano mai. Tutti eroi, tutti immancabilmente americani. Anzi, gli americani dei film erano “ i Buoni”, e lui voleva solo essere come loro. Solo che adesso era lui il cattivo, nella realtà era lui a recitare quella parte. E i “buoni” gli avevano sparato, gli avevano bucato il fianco. Una puntura di spillo insistente, fiaccante. Prendeva il fianco, s’aggrappava al braccio, gli invadeva il cervello: voleva solo piangere, piangere tutte le lacrime del mondo.
Doveva andare tutto liscio, eh Sasà? Era solo una “passeggiata”? E che schifo di passeggiata, Sasà! Ma con chi sto parlando? Adesso dove cazzo stai Sasà? Sei steso a terra, ti vedo; coperto dal tuo bianco sudario, l’oscenità della morte innocente, quella ch non si può, non si deve vedere, che va celata agli occhi degli uomini, perché nessuno vuol vedere il futuro riverso sul marciapiede, una pozza di sangue ad affogarne le speranze.
Sei morto davvero, Sasà, insieme ai tuoi sogni di quindicenne. Eroe per poco, per meno di duecento euro. E quanto vale una vita, Sasà? Quanto vale? Duecento merdosi euro? Eh, ma tu oramai non puoi più rispondermi. Anche perché tu le risposte non le conoscevi, non le hai mai conosciute. Perso come me, come tutti noi, dietro il frastuono di una ruota che gira, all’ infinito…una vita che vale quanto una scatoletta di cibo per cani. Con quel poco che ti offrono. E devi pure scodinzolare per ringraziarli. Per ingraziarteli.
Cazzo, mi hanno sparato.

Non ci poteva pensare. Faceva male? Non tanto, almeno non come ti immagini che sia.
A parte il bruciore. Anche se quando respirava a fondo sentiva una puntura al fianco, come se mille aghi di pino gli si fossero conficcati nella carne: aghi sottili e pungenti come quelli di un albero di Natale. E chi ce l’ aveva mai avuto un albero di Natale vero, di quelli che perdono gli aghi? Solo plastica per lui, solo paccottiglia “made in china”, assemblata da ragazzi ancora più bambini di lui. Di lui che era cresciuto correndo, salendo in fretta le scale della sua esistenza, già col fiato corto a neanche sedici anni. E poi perché pensi al Natale, Gegè, che siamo quasi a Ferragosto? Eh, Gegè? Gegè! Svegliati, ragazzo, non puoi addormentarti. Pensa. Pensa, pensa, pensa…A tua madre, a tua sorella Giulia. Rimarranno sole? E tu, morirai da solo in uno squallido pullman dai finestrini incrostati? No, tu sei giovane, sei ancora un bambino. E sei forte. Vedi che all’ ospedale ti dicono che è solo un graffio, come quella volta che cadesti dalla bicicletta e tua madre volle portarti a forza al pronto soccorso, anche se tu continuavi a dirle che no, non li volevi i punti sulla gamba, che poi ti avrebbero chiamato “ ‘o sfregiato”, che non ce n’era bisogno. E oggi? Quanti punti ti metteranno, quanti? Abbastanza da passare ancora dal via e ritirare il bonus per una nuova vita? Abbastanza da provarci ancora una volta?
Questo è il tuo film e te lo scrivi tu, fotogramma dopo fotogramma, attimo dopo attimo. Non lo senti il cuore che batte? E’ veloce il tum tum, sempre più veloce…si fermerà? Ma tu non vuoi che si fermi, stai pregando una nenia silente sulle labbra che tremano.
“Mamma. Dove sei? Perché non mi tieni la mano?”. Questo pensi? E piangi anche? Ma non eri tu l’ uomo di casa, non eri tu a doverti prendere cura di lei e di Giulia, ancora così piccola? E adesso che fai, sei tu a chiamare loro? Lo dicevi sempre: “ Mamma, non ti devi preoccupare più. Ci penso io a te adesso”. Con un padre inesistente, sempre fuori e dentro, fuori e dentro, fuori e dentro. Poggioreale ormai lo conoscevi a memoria. Un corridoio. Un altro corridoio. E poi sbarre, sbarre a volontà, sbarre a strafottere! Ma tu lì dentro non ci saresti mai finito. Il carcere è per i perdenti, non è così ragazzo? Non è così che andavi dicendo, Gegè? Gli eroi mica ci finivano, in carcere. Ed anche se qualche volta ci venivano sbattuti, era per poco: loro uscivano sempre, scappavano via , lo trovavano sempre un modo per fotterli, ai poliziotti. E tu l’ hai fottuto a quello che ti ha sparato?
“ Si, io t’ aggio fottuto! So’ scappato, strunz!” . Quel coglione di Sasà. “ Gegè, il colpo è semplice. A questo qua gli dobbiamo fare il cavallo di ritorno. Chille vo’ ‘o motorino, e nuie ce pigliammo ‘e sorde, quale è ‘o problema? E pure se ci pigliano, nuie simme minorenni, Gegè, non ci possono fare niente…nuie c’ ‘a futtimme ‘a polizia!” Sasà…e l’hai fottuta la polizia?
Stava andando tutto bene, avevamo preso pure i soldi. Il tipo stava là, con le banconote strette nel pugno e tremava tutto, sembrava in preda ad una crisi isterica, non le voleva mollare, la mano serrata in un pugno.
“Strunz! Lasce ‘e sorde ca si no te scass’ ‘a capa!”. I soldi.
Mi compravo un telefonino nuovo, quello che fa anche le foto, così ci mettevo quelle di Sara. Io e lei che ci abbracciamo sulla spiaggia, così levavo pure lo sfondo con la capa di Maradona che s’ era fatto vecchio. Tutto liscio. Poi quello stronzo esce fuori e dice che ci ha fregato lui, che ha chiamato la polizia, che così ci fottiamo noi e tutti i nostri bei propositi del cazzo. In un minuto sento un casino di freni e ruote che sgommano, due lampeggianti che ci puntano: è finita Sasà, scappiamo. Pigliamo il motorino e scappiamo, quelli stanno con la macchina, vedi che non ci pigliano nei vicoli. “No Gegè, io a questo pezzo di merda gli sparo, e sparo pure a chilli sfaccimma in divisa. Vincimme nuie Gegè, vincono sempre i migliori!”.
E dove l’ hai presa la pistola, Sasà? Dove cazzo la tenevi, che quando ti stringevo i fianchi sul mezzo, mentre m’aggrappavo a te per non rotolare via, non l’ ho sentita?
“Sasà, nun fa strunzate, quelli so’ poliziotti, s’ impressionano, facimme na brutta fine…Sasà!”.
Sparano prima loro, Sasà. Nei film sbagliano sempre, non ti colpiscono mai, paiono comparse cieche che tentano la sorte: ma a Napoli la sorte non te la scegli, te la regala sempre qualcuno. Qua la ruota gira al contrario, la pallia si ferma sempre sul numero sbagliato. Quando esce il tuo sei fottuto. E allora spara, spara anche tu amico mio, spara al cielo e alla miseria del mondo! Tanto la pistola è finta, va a vuoto, come te, come me. E’ solo una imitazione, l’ennesima di una vita menzognera, i nostri sono colpi d’aria, leggeri, carezzevoli: siente comme soscia ‘o viento, siente…
La vita è una recita, ognuno ha il posto che si sceglie. Recitiamo la parte degli uomini: alzi la voce, ti fai sentire, spari nel mucchio. Ma la tua è solo una follia, Sasà; con le pistole finte s’ammazzano solo i sogni, con i proiettili d’aria ci fai solo le bolle di sapone, non lo sapevi?

Cazzo, il dolore. Stordito dal calore dolciastro di questa estate gravida di umide speranze, pareva addormentato, s’era assopito, cullato dal moto delle ruote e dal rollio delle voci impastate dalla calura. Che cazzo di ore sono, che pare di affogare nel Vesuvio con tutto sto calore? Quanto tempo è scivolato via, dalle mie mani, dalla nostra pelle scarnificata e bruciata da questo sole gelido ed implacabile? Gli spari, le grida, io, tu, i lampeggianti… “Buttala a terra, stronzo!”…t’aggio fottuto, io…io… Sasà adesso sento tutto il freddo dell’inverno più lungo, e poi è notte…è sempre stata notte, Sasà.

“Guagliò, ma tu stai male! Tieni la maglietta sporca ‘e sanghe…sei caduto bell’ ‘e mammà?”
“No, io…è solo un graffio, stavo giocando…sono caduto, la colpa non è mia…è stato…è stato Sasà, lui…” Ma la colpa di chi era? Mia, tua, nostra o collettiva, che differenza fa? E qual è il prezzo della colpa? Duecento ero del cazzo! Fossero sati dollari, almeno…Vuoi mettere?
Un finale da film, da tipo tosto, in stile hollywoodiano. La scena madre. Sei ferito, ma hai ancora un colpo in canna: vedi le pale dell’elicottero che ti volteggia in testa, aspetta come un condor la sua carogna, da spartire con i suoi piccoli dal becco uncinato. E poi le urla, il caos attorno al tuo corpo schiantato, ebbro di dolore, sangue che ti scorre davanti agli occhi, un filtro rubino davanti alla tua vita nuda, data in pasto alle belve furiose che t’agitano le budella. E i dollari. Una montagna di fruscianti banconote con lo stemma dello Zio Sam stampigliato sopra, affogato nel verde oleoso dell’inchiostro, il sangue del capitalismo americano che ti ricopre come un tappeto di petali setosi.
E tu steso per terra, finito, della fine che volevi. La tua apoteosi, il tuo personale crepuscolo degli dei, quella morte vista mille volte in uno schermo screziato d’azzurro, finalmente vera, tremendamente reale. E a te Gegè, che morte t’aspetta?
La ferita gli pulsava senza requie , le forze scemavano come il mare in risacca, quel mare che sfiorava con le dita, quando sfrecciava in motorino per il lungomare, Sara dietro di lui, aggrappata alla maglietta leggera con le sue unghie fasulle, uno smalto bianco, d’una pallida luna mangiata a metà. Le dita della morte, le dita dell’amore. Premeva il palmo sul forellino, cercando di tamponare la vita che gli sfuggiva via, da quel petto senza peli, da quel cuore di ragazzo sbagliato. La faccia di Paperino era stupita, pareva allucinata, fiaccata da quell’estate sciropposa, senza via d’uscita. O forse era solo spaventata. Il sangue colava copioso dal becco ferito: che strano, i fumetti non sanguinano, non provano dolore, non vivono e non muoiono. Le forze lo abbandonarono. Il corpo del ragazzo scivolò giù, come risucchiato da una forza invisibile che lo attraeva a sé, con grazia, senza un gemito. Era stordito, Gegè, le gambe inchiodate, le braccia che formicolavano. “Ma’, fammi dormire, lasciami chiudere gli occhi…il sonno non mente, non può ferirmi…famme durmì”. Le voci gli furono sopra, lo circondarono. Poliziotti? Lo avevano preso allora… Si sentì sollevare, improvvisamente leggero, un corpo senza carne, un piccolo Cristo senza la sua croce, issato sulla folla ondeggiante e lamentosa.
“Guagliò! Ragazzo nun durmì, non ti addormentare! Comme te chiamme?”
Alzò la testa, cercando di mettere a fuoco la figura protesa sul suo viso: “Antonio…ma gli amici mi chiamano…Gegè…tu si’ n’amico?”
“Gegè, non ti preoccupare, qua siamo tutti amici…mo’ viene l’ambulanza…L’avite chaimmata l’ambulanza?”
“Ho freddo…”
Una donna premurosa, materna, lo coprì: Gegè era lontano ormai, dalle voci, dai corpi della gente. Troppo distante per sentire la sirena dell’ambulanza che s’avvicinava , troppo lontano da tutto.
Ho freddo. Ma è luglio…Ho freddo e non c’è fuoco che mi possa riscaldare…ho freddo per tutto quello che ho perso, e che mai ritroverò…ho freddo…ed è un freddo mortale.
Chiuse gli occhi, senza versare neanche una lacrima. La ferita adesso era una rosa vermiglia che gli inzuppava la maglietta, un fuoco spento che gli ardeva il petto. Paperino con occhi sbarrati fissava il cielo: stupito, lui ch’era di cartone, d’esser morto davvero, come un sogno interrotto da una pallida alba, in una città vera e dolente dove anche i bambini potevano morire..

mercoledì 19 novembre 2008

Berlusconi e Dio:

Berlusconi: "Sì, credo in Dio. Del resto tra colleghi...pensi che mio figlio come secondo nome fa Pier Salvatore".

Silvio, la vita è (a)Mara:

La Carfagna: "Silvio è grande politico, di fronte alla sua personalità rimango sempre a bocca aperta".
Berlusconi: "Grazie Mara. Adesso puoi uscire da là sotto".

Berluscaz e la Merkel:

"Ehi, guardate che non stavo giocando a nascondino, io quella vecchia babbiona proprio non volevo incontrarla!"

martedì 18 novembre 2008

C'era una volta...

Cari bambini, vi racconto una storia.
C'era una volta, tanto tempo fa, in un Regno Incantato che si chiamava Il Belpaese dei Bacucchi, un Re non tanto alto, non tanto bello, ma tanto, tanto ricco, e con un buffo ciuffetto di marmotta sul capo. Anzi no, al piccolo Re non piaceva la mormotta trovandola troppo plebea, quindi diciamo che il tappetino del mouse che aveva in testa era di vigogna. Comunque il nostro Re, che si chiamava Berluschino, era così ricco, ma così ricco, che Zio Paperone una volta saputolo si affogò tra le monete d'oro del suo deposito. "Un ultimo tuffo nell'oblio" si disse il vecchiardo piumato, strozzandosi con la sua Numero 1, la moneta della fortuna. Ora direte voi, ma il Belpaese era così bello come si favoleggiava? Ovviamente no, piccoli bambini in crisi d'astinenza, anche Re Berluschino aveva i suoi grattacapi (che lui non si grattava, per carità, c'era il rischio di strapparsi il toupet di vigogna panteganata): c'era nel paese una brutta fattucchiera con un neo peloso sul faccione da pera cotta, Veltrunia delle Piattole Destabilizzate (per abbreviare PD), gruppo di maghi e ciarlatani che si insultavano tra loro da mane a sera, discutendo per ore, giorni, mesi su chi avesse la pozione giusta per fregare tutti gli abitanti del paese degli Ita-beoti. La vecchia Veltrunia era una morgana malvagia e potente, fissata con le arti delle ombre: faceva tutto con le ombre, simbolo oscuro del suo potere d'opposizione (ombra, ovviamente) al Re Berluschino che, poveretto, cercava in tutti i modi di rallegrare il suo popolo bue, con frizzi (Fabrizio), (pa)lazzi e parodi(Cristina).Il ci-à-mbell-ano Tremontolo, un nanetto con la erre moscia (ma non soltanto quella) che aveva un debole per il taglio senza cucito, fissato coi conti e la finanza cretina, un bel dì disse al suo Re: "Rrre...qua le cose vanno male...Emilius Fedele, il centaurrro metà uomo, metà lingua, mi ha rrriferito che la tua popolarrrità, mio sovrrrano, sta calando come lo scrrroto di un vecchio palla moscia ottuagenarrrio! Dobbiamo corrrerrrerrerrer...scusa mi sono incantato, dobbiamo cor...insomma dobbiamo farrre qualcosa!" Re Berluschino che in quel momento stava palpeggiando il sedere della Bella Carfagnata nel Bosco disse: "Cribbio! Non sia mai che il mio popolo non mi adori più come prima, Tremontolo! Dobbiamo cambiare popolo, che ne dici dei Finlandesi? Quelli sono dei bastoncini findus congelati, mi adoreranno!" "No, Sirrre, non è una buona idea...tu lì non possiedi Televisioni onirrriche con cui rrrincitrullire la gente, non possiamo vincerrre!" "Chiederò al mipo specchio magico", disse Re Berluschino, "Bondi, Bondi delle mie brame, chi è il più alto del Reame?" E Bondi rispose: "Sei tu l'altissimo, il gigante, la giraffa, il fusto, il magnifico..." "Ok, Bondi basta così, grazie...e la prossima volta evita di mettereci tuta questa saliva che sennò scivolo. Comunque, mio fido consigliere, cosa dice il popolo di me?". "Sire, vuoi la verità...o la "Verità", cioè quella vera?" "Bondi, Bondi delle mie brame, prima che ti rompa quella testina pelata, dimmi la Verità!". "Ma la verità ti fa male lo so..." "Lo so che ho sbagliato una volta, ma non sbaglio più...". "La verità ti fa mal..." Bondi! Cribbio, basta! Dimmi tutto!" E il fido Bondi parlò: "Divino, Altissimo, Eminentissimo...nelle strade dicono che non ce la fanno più, sono depressi, avviliti, che non arrivano alla fine del mese, poveri ed incarogniti..." "Aumentate la dose di fighe, tette e culi!" "Sire, il popolo non vuole più tette e strappone...non arrivano a finire il mese!" "Allora accorciamo i mesi, tagliamo anche quelli!" Al che Tremontolo: "Maestà, il fatto è che il Belpaese va a puttane, allorrra io prrropongo di tassarrre le puttane, porrrca puttana!" "No Tremontolo, questo non posso farlo, da giovane anch'io sono stato un po' bagascia, è una questione sentimentale...piuttosto chaimate il prode cavalier Vespana, il guerriero vellutato dalla lingua felpata, che mi aiuti lui a riconquistare il Regno perduto!" E venne il fiero Vespana ronzando leggiadro: "Dimmi mio Re, cosa mai posso fare per te? Bzzz!" "Prode Vespana, vola di Porta a Porta, chiama a raccolta i miei fidi Pinocchidi, la mia guardia personale, sguinzagliali contro la malefica Veltrunia e i suoi amici maghi!Vai, e non tornare a mani vuote sennò il pungiglione te lo ficco dove tu ben sai!" " Certo mio Re, farò quel che mi chiedi, lo faccio per te, a costo di andar pure a piedi!". E volò via ronzando e sputacchiando. Intanto maga Veltrunia, non sapendo come fare per opporsi senza opporsi troppo al Re Berluschino, chiese aiuto ad un simpatico dispettoso elfo, il famoso folletto Di Pietra, che viveva sulle montagne delle Marche da Bollo. "Caro folletto Di Pietra, aiutami tu. Che devo fare per non prenderlo in...saccoccia?" "Ma che c'azzecca", rispose quello, "qua il problema è che il Re ti fa fesso a te! Berluschino magna e s'ingrassa e tu invece stai a pagar dazio, anzi tassa! Facciamo alleanza, così a mangiar non sarà solo lui, anche noi c'ingrasserem la panza!" (continua...)

lunedì 17 novembre 2008

Amore Senza Fine:

Berlusconi: "Sono l'Unto del Signore".
Emilio Fede soddifatto: "Così la lingua scivolerà meglio".

domenica 16 novembre 2008

Sua Sanità, la Bella Montemaranese:

La Bella Montemaranese, alias Angelo Montemarano, cioè l'assessore alla Sanità Regionale della Campania è sotto un fuoco di fila: uno sbarramento di fuoco che neanche in Bosnia negli anni '90, e soprattutto trasverale. Gli attacchi per un bilancio delle risorse finanziarie a dir poco da vedova allegra gli giungono da più parti, anche dal suo stesso partito quel Pd di lotta e di governo (nel senso che si fanno la guerra interna, cercando di farsi le scarpe a vicenda). Gli assessori della maggioranza basso-lindiana, D'Antonio (ass. al Bilancio e alle finanze) e Velardi ( ass. al Turismo) hanno abbassato gli elmi, alzato gli scudi e caricato a testa bassa contro la mancata razionalizzazione del bilancio sanatario della Campania: troppi sprechi (si parla di un deficit ponderoso, folle, di oltre 347 milioni di euriti), troppo clientelismo, troppa malapolitica, un mosaico di partiti e parassiti seduti al tavolo di Trimalchione, ancora una volta tutti insieme appassionatamente, concordi nel mungere le mammelle della mucca-stato, prosperosa e munifica come nella migliore tradizione di Sprecolandia. Si paventa una riduzione sostanziosa del numero delle ASL, del personale addetto al 118 (sarà meglio chiamare il 113, mi sa), delle guardie mediche (con un aumento dei ladri-politici), il tutto a scapito del servizio offerto alla cittadinanza di Napoli e province al seguito: per la serie arrangetevi! Ma L'assessore Montemarano, che farebbe meglio a votarsi a Montevergine, è bello tranquillo. Dorme sereno, lui. "Come un bambino", ha aggiunto. Cioè si sveglia ogni due ore e attacca a frignare. Aspetta il cadavere del suo nemico, che intanto è fuggito da giorni con la cassa in spalla. Una cassa da morto s'intende, il Requiescat in pacem della sanità campana. Ma Basso-lindo, dal suo casale in Toscana (tranquillo Tonino, tornerò su di te) appoggia il medico condotto (al patibolo), nonchè assessore ( o forse assassino?) alla Salute(?) dei campani tutti. 'O Governatore, ovvero Zi' Tonino, dice che è tutto frutto di un malinteso, le parole nemiche ma-anche-amiche dei due assessori sono come "bombe atomiche" contro il povero Angelo della Sanità, e pare che non si riferisse alle bocce della Belen Rodriguez. Una fronda democristiana in pieno stile(tto), una corrente che soffia alle spalle del partito, sulla cagionevole salute di un PD, che in Campania continua a perdere consensi agli occhi di un elettorato ormai allo stremo. Intanto però, nel castello incantato di Re Silvio da Arcore...
A Roma il Governo del portatore Nano di Democraxia ( cioè la democrazia come la vede il giovane settantenne epigono di Craxi) sta studiando le carte della Regione: a breve (entro il 30 novembre, cribbio!) si deciderà se commissariare la Sanità e tutto il cucuzzaro, o meno.
Alla Regione sostengono che il deficit in materia ospedaliera sia "solo" di 74 milioni di euro, e non di oltre 300: quale la verità? E soprattutto, avremo mai una concezione migliore di politici che continuamente giocano al rimpiattino, e allo scaricabarile? Mon Die, ci fosse ancora Robespierre! Altro che Terrore, qua siamo all'Horror continuo e quotidiano!
Caro Montemarano, i conti non tornano!
"Questo è un sistema di lotta di potere che non mi appartiene. Mi è stato chiesto di fare l’assessore e continuo a fare il mio dovere. La sanità stava per implodere. Dunque resto tranquillo: non mi esalto quando mi elogiano, non mi deprimo quando mi attaccano". La Sanità stava per implodere? Che bella novella, Messer Montemarano, e chi doveva vigilare sui conti che salivano alle stelle come un coro gregoriano di alleluia di vecchie prefiche? Il PD del Bell'Antonio fa quadrato attorno al suo Angelo Vendicatore, Basso-lindo ha rinnovato la fiducia al suo scudiero: deve essere una bella soddisfazione, ricevere il sostegno del capo che a sua volta è nell'occhio del ciclone per "l'affaire monnezzà", eh Montemarano? "Quanto a Bassolino dico solo che abbiamo avuto una telefonata affettuosa", ribadisce il fido Sancho Panza. Antonio nostro sa rassicurare quando vuole, lo sappiamo bene.
La "luna di maiale" tra Berluscaz e Basso-lindo continua velata, non c'è pericolo che i due si mandino a quel paese almeno a breve: crediamo davvero che il governo possa decidere di commissariare la sanità del Bell'Antonio? Montemarano è un guaribile ottimista: "Sono cautamente fiducioso, perché ho affrontato il tavolo romano, prima con un governo di centrosinistra e poi di centrodestra, con umiltà e serenità. Ho solo un incubo: si chiama Massicci, il funzionario governativo,che è nostro interlocutore da sempre: è l'imbuto attraverso il quale dobbiamo passare. Ma sinora è stato corretto e noi lo siamo stati con lui". Un imbuto, già. Proprio come quello che ha inghiottito le risorse della nostra pubblica sanità. Il danno e la beffa, di un sistema che si ripete nella sua clientelare gestione del potere. Ormai il tempo stringe, novembre ha solo pochi giorni ancora, l'inverno sarà freddo, alla Regione lo sanno. E in più Re Silvio ha chiamato a raccolta i suoi, a cominciare da Mary-Star, la ministra colabrodo alla (d)istruzione, a al piccolo Brunetta, il mastro d'ascia affetta fannulloni: ne cadranno di teste, i conti sono sempre più in rosso. La speranza che siano le loro a cadere è vana, ma siate fiduciosi. E soprattutto, sintonizzatevi ancora....

venerdì 14 novembre 2008

Panico in Parlamento:

Brunetta: "Fermerò i fannulloni con i tornelli".
Berlusconi: "Come sempre tiro dritto, tanto ci passo sotto".

giovedì 13 novembre 2008

Ultime dalla Scuola:

La Gelmini apre al dialogo. Gli studenti: "Noi vogliamo aprire lei!"

Il Venerabile Silvio: L'amico degli amici è pure amico mio...

E veniamo ad anni più recenti, quando Silviuccio era già in campo sceso (già che c'era non poteva scendere un altro pò, così si trovava direttamente al camposanto?): siamo al 1997, con la Commissione Bicamerale per le riforme costituzionali del Baffino D'Alema, quello sinistrato più che di sinistra, lo stesso che Moretti pregava di reagire alle bordate di Berlusconi ("Per Dio, dì qualcosa di sinistra, parla, reagisci, dì qualcosa...anche non di sinistra, ma parla!") E come risponde il compagno Baffino? Ma ovvio, allargando le braccia al figliol prologo(nel senso che quello era solo il prologo di ciò che ci aspettava negli anni futuri grazie a Berlusconi e ad una opposizione in coma diabetico). Dio mio, D'Alema! Signore perchè? Perchè?
Ma veniamo alle dolenti note, della sinfonia Silvius Irae, quella che distrusse i pilastri della Costituzione Italiana pezzo dopo pezzo.
Il piccolo Nanoleone, non contento di quel che era riuscito ad ottenere attraverso il controllo di quasi tutto ciò che gli potesse dare visibilità e potere mediatico, ecco che si accinge a muovere la sua gioiosa macchina da guerra contro il Lato Oscuro, o meglio Rosso: quello delle Toghe Rosse, tribù di indigeni stranamente legata ai valori di figure apotropaiche e pagane, che affondavano le loro radici mitologiche nella notte dei tempi. I cosiddetti Padri Costituenti, che agli albori della Repubblica Italiana pensarono bene di dotare il Belpaese di anticorpi costituzionali, liberali, socialisti ed antifascisti, ma che Re Silvio ritiene un inutile retaggio para-feudale, una vetusta espressione di una civiltà estinta, al pari di quelle precolombiane. Il primo tassello da sostituire in questa nuova concezione della politica e degli organi statali a misura d'uomo (o bambino, viste le dimensioni del nostro) è ovviamente la Magistratura magistra Silviae, nel senso che Nanoleone non vuole che i giudici si permettano di bacchettarlo quando commette delle piccole marachelle, che enfaticamente si definiscono reati, cioè atti e fatti contrari ad un ordinamento penale costituito e democraticamente imposto dalla volontà del popolo attraverso organi rappresentativi eletti all'uopo. Quindi, come prima cosa bisogna mettere un bavaglio a questo proliferare di Toghe Rosse, membri occulti del Mil-cul-pop sovietico e fomentati da una certa stampa stalinista contraria ad una politica limpida e liberista come quella propugnata dal nostro Calvin-nano. Come attuare questa profonda e pregnante riforma? Ovvio, sfogliando ancora una volta l'album del Venerabile di Famiglia, quel Piano di Rinascita Democratica di Padre Gelli, confessore preferito e consigliere oscuro di Nonno Silvio (già, il giovane e gaudente Berluschino è anche nonno, sarà per questo che va d'accordo con il vecchio Maestro?): ed ecco prendere forma dalla nebbia degli anni passati la riforma della magistratura in tutto il suo splendore. Come primo passo, separazione definitiva tra i ruoli di magistrato inquirente e magistrato requirente, cioè tra p.m. e giudici, con la auspicata subordinazione del primo alla Voluntas Sua, cioè del Venerabile Silvio, e per traslatio del Governo: il controllo totale, praticamente l'Unto e Bis-unto che diviene Trino e La-trino. Ghè penzi mi! Forse qualcuno dovrebbe spiegare all'invasato che questo paese lo sta solo governando (malino, direi) e non l'ha comprato su E-bay...ma tant'è, l'uomo che gode di un complesso di superiorità, e che si paragona al Figlio dell'Altissimo (non di Pippo Baudo)ha appetiti ben più voraci dell'italiano medio e microdotato, che si compra il suv per sfoggiare almeno un qualcosa di enorme sotto al culo, si imbottisce di coca per tirare avanti (o tirare e basta) e di viagra per tirarlo su all'occorrenza (solitamente per eccitarsi da solo guardando il suo portafoglio gonfio, oppure lo scroto sgonfio). Oltre alla separazione in casa di Sandra-P.M e Raimondo-Giudice, il piano dell' (Au)Gelli del malaugurio prevedeva anche la responsabilità del Consiglio Superiore della Magistratura, organo autonomo ed indipendente, nei confronti del Parlamento: Parlamento che il Tappo di Cerone tratta ormai al pari della sua Colf filippina, alla quale almeno paga i contributi, disponendo che le sue volontà superiori siano lì ratificate alla bisogna. A questo siamo ridotti! Erano meglio i Borbone, qualche palazzo storico ce l'hanno lasciato...Lui solo Ville in Sardegna!. Questo del controllo sula Magistratura, la cui indipendenza è assolutamente garantita dalla Costituzione del '48h, è un tema portante, che si ripete sovente nell'agenda politica di questi anni, fin dalla fine della Prima Repubblica, ed tuttora sinistramente attuale. Silvio c'è, ce ne accorgiamo ogni giorno di più. Il fatto è, che introdurre una responsabilità dei giudici verso il Parlamento sarebbe tecnicamente una subornazione del potere giudiziario a quello legislativo (nel nostro caso, a quello solamente esecutivo, cioè Suo, del Pelatone), e verrebbe perciò a cadere uno dei pilastri base su cui si poggia la separazione dei potere statali di stampo illuminista e liberale: una modifica del genere dovrebbe essere approvata con i modoi e i tempi delle riforme costituzionali. Il Venerabile immarcescibile, l'eremita di Villa Wanda, sulle colline aretine, sostiene che le coincidenze non sarebbero casuali. Ma và? Ed io che pensavo ad un incredibile, spropositato, pazzesco colpo di Fortuna! Per non dir di peggio...
E secondo voi tutto quello che si è verificato i questo dannato, sfortunato ed ipocrita Belpaese è frutto di un asemplice innocua coincidenza? Siamo seri, e soprattutto svegliamoci! È stato ipotizzato che l'attuazione possa essere stata facilitata dalla mancata epurazione degli iscritti alla P2 nelle varie istituzioni pubbliche (fatta esclusa per la magistratura e, udite, udite, Democrazia cristiana!). Di prove ve ne sono in abbondanza, basti pensare ai Tre Piccoli Decretin (e cretini noi a vedere ancora i programmi di quel Biscione serpentesco)di legge sull'assetto radiotelevisivo (emanati tra il 1984 e 1985) e alla funesta Legge Mammì-salvami-il cù, per permettere a Fininvest e quindi al nostro Cielito-Silvio di trasmettere su tutto il territorio Nacional: pare che sianoo stati facilitati dagli iscritti della P2 presenti nel PSI oltre che dallo stesso Craxi, grande amico e protettore dell'Unto, che nei piani di Gelli era stato scelto come uno degli esponenti politici con cui prendere contatti per l'attuazione della Rinascita. Rinascita che il Nostro Berluskaz sta partorendo da una quindicina d'anni a questa parte, nel silenzio delle televisoni tutte e di buona parte dei giornali (suoi o degli amici): come si dice? Un uomo solo al comando, mentre noi continuiamo ad affogare nella merda fino al girocollo (sì, sta venendo l'inverno e sarà molto freddo, copritevi!). Sintonizzatevi ancor...

lunedì 10 novembre 2008

Obama e Silviuccio II:

Berlusconi: "Non ho mai detto che Obama è abbronzato, anzi a dire il vero come negro lo trovo un pò pallido".

Il Racconto del Mese Neapolitano

Il "Cihuavo"

- Uè! Uè…aiuto! No, no, fermate l’ autobus…fermate ‘o pullmàn!
- Signò ma che è successo?
- Fermate, fermate tutto…m’ hanno arrubbato ‘o cane!
- Signò, comme ‘o cane? Non è possibile…ma com’ era stu cane? Aspettate signò, sta venendo l’ autista…
- Né, ma che sta succedendo qua? Ho dovuto fermare l’ autobus per tutto il casino che state facendo…ma che cavolo è successo?
- Signor autista, qua è successo un guaio! Quello Coccolino…è sparito!
- Signora mia, ma vuie overo state facenno? Che stavate sul pullman col detersivo…che è un ammorbidente? Ma poi chi ve lo rubava un bottiglione di detersivo? Vabbè che la gente è sporca…ma mi sembra troppo…
- No, no, ma che avete capito? Coccolino è il nome del cane…piccolo…tanto bellino…un ciuavo…
- Un cichè?
- Comme, signor conduttore, aggio capito – intervenne una vecchia con gli occhiali – chillo è nu cane piccerillo…nu canillo…col muso schiacciato, le orecchie grandi e la coda all’ insù…povera bestia…chissà chi se l’ è arrubbato!
- No, signora – rispose la padrona – no…e vi state sbagliando…quello il cane ha il musetto appuntito, le orecchie poi sono sottili…piccole…so’ due orecchiette…
- Eh, ‘e facimme ch ‘e vruoccole! No, signò qua le cose non vanno – precisò l’ autista – qua la legge è chiara: voi non potete salire con un animale sul pullman, a meno che lo stesso non sia custodito in un’ apposita gabbietta…voi le regole dovete rispettarle…
- Ma chill’ è nu canillo! Che male po’ ffà?
Un signore alto e con un cappellaccio calato in testa si avvicinò al gruppetto, prendendo la parola.
- Eh…non vi credete…quelli i cani più piccoli sono e più so fetenti! Io tenevo un volpino, com’ era carino…ma poi lo chiamavi…Fischio…Fischio…
- Scusate, ma un nome stu cane non lo teneva? Lo chiamavate col fischio?
- Comme…sì…Fischio…ma no che lo chiamavo…fiiiuù…col fischio…quello Fischio era il nome del cane…Comunque, io lo chiamavo, no? E quello me muzzecava!
- Azzo! E meno male che ‘o cane era vostro…- aggiunse la padrona del “ ciuavo”- No, no…quello Coccolino è sempre buono, mica mozzica! No, e poi quando sta sul pullman si addormenta sempre…quello se non sta in braccio a me piange…
- Signò ma stu cane è peggio ‘e nu criature: s’ addome int’ ‘o pullmàn, chiagne e se perde pure! Ih, che marina!
- Signor conduttore – era di nuovo la vecchia occhialuta – ma siete un caino, quella la signora sta disperata…l’ amm’ aiutà a truvà ‘o canillo!
- Signò, n’ ata vota?…Non sono conduttore, mica so’ Pippo Baudo…io sono il conducente, non il conduttore!
- Eh…conduttore, conducente…sempre ‘na cosa purtate! – chiosò divertita l’ anziana donna.
Intanto la proprietaria della bestiola cominciava a disperarsi.
- Coccolino…dove sta? Coccolino…Coccolino…e mò come faccio? – singhiozzava la donna.
- Signora, non vi preoccupate che il cane lo troviamo…
- Chille, oì…so’ tutte mariule, primma s’ arrobbano ‘e borze…mò se piglieno pure ‘e cane! Sti fetienti…in galera tutti quanti! – s’infervorò l’ uomo col cappello.
- Vabbuò, mò l’ autobus è fermo - disse l’autista - tanto vale che sto cagnolino lo cerchiamo tutti…non vi preoccupate signora, non se l’ è preso nessuno – e poi, a voce bassa - tanto nun s’ è capito manco che razza di cane è…
- Signò, ma è un volpino come lo tenevo io…bianco e incazzuso?
- No, no quello è razza ciuavo…scuro scuro…
- Ma il pelo come ce l’ ha?
- Ma…in verità quello Coccolino non tiene il pelo lungo…diciamo che è mezzo spelacchiato…
- Eh, forse lo dovevate lavare a mano..’a lavatrice s’ ha zucato ‘o pelo…
Ma non ci fu il tempo di aggiungere altro, dato che un forte urlo interruppe le ricerche.
- Ah, ‘na zoccola!
Una signora grassa, visibilmente spaventata se ne stava in piedi sul sediolino – Aiuto! Cacciate ‘a zoccola…sta cà sotto, oì…aiuto!
Il conducente, compresa la situazione, cercava di calmare la cicciona, che isterica saltellava aggrappata al corrimano.
- No, signora, non vi preoccupate quello è un cane…state tranquilla…
- Coccolino, Coccolino…bello di mamma tua…smack!, smack!…bello, bello – urlava la padrona, mentre il cane, che adesso si capiva essere un cihuaua, atterrito vieppiù dal trambusto improvviso, tremava tutto, cercando di divincolarsi dalla stretta.
- Vedete signora – continuò l’ uomo, accomodante – è il cagnolino della signora…adesso potete scendere, mò vi do una mano…
- Eh, chille l’ elefante s’è mise appaura d’ ‘o surecillo! – aggiunse serafica l’ immancabile vecchietta.
- Vabbè, adesso possiamo andare? – chiese l’ autista a voce alta – tanto la bestiola l’
abbiamo trovata…qualcun’ altro ha perso altre cose? No? E allora andiamo…
Fece per rimettersi alla guida del mezzo, quando…
- Uh, Maronna mia, ‘o portafoglio!
- Chi t’ è bbive…

Il vociare ricominciò. L’ uomo al volante stava per sbottare infastidito, quando gettò uno sguardo oltre il parabrezza: il sole era ormai alto nell’ azzurro senza nuvole.
Per un attimo il tempo sospese il suo fluire. Sorrise. In fondo perché incazzarsi?
Era solo un altro giorno di ordinaria follia per le strade di Napoli.

giovedì 6 novembre 2008

Obama e Silviuccio:

Da un cartello esposto a Napoli, davanti l'ambasciata Americana:
"Se Berlusconi fosse nero, sarebbe il piccolo Arnold!"
Diavoli di Napoletani...

Uolter e Obama:

Uolter Veltroni si congratula con Obama:"Il Pd è con lui!Un nero alla Casa Bianca è un miracolo!"
Secca la smentita di Obama: "Grazie, ma è poca cosa. Il vero miracolo sarebbe lui a Palazzo Chigi!"

Pensierino Stupendo:

"Licio Gelli su Odeon Tv al posto di Biscardi".
"L'evoluzione della specie".

mercoledì 5 novembre 2008

Il Paese dei Bacucchi, Re Berlusmida e la sua Corte dei Miracolati

Si diceva del nostro Unto e Bisunto dal Signore e del suo passato poco chiaro, per non dire sinistramente oscuro, delle sue "amicizie pericolose", nonchè della sua affiliazione alla Lista di Nonno Gelli, il Venerabile mascherato, che lo accolse a braccia aperte con numero di tessera 1816. Il Signor B2 non si è fatto mancare mai nulla, diciamolo: dalla spregiudicata "liaison d'amour" con il caro Bettino, altro pelatone di vecchio corso, politico capace e spregiudicato, che nel 1984 gli parò il sederino (che si distingue dalla testa perchè non ha peli trapiantati) con il decreto codiddetto "salva-Berlusca" (Re Silvio ci ha preso la mano poi...), passando per i rapporti mafiosi dell'amico-degli-amici Dell'Utri e finendo alla fondazione di un partito-azienda più o meno politico che, guarda caso prende spunto da un documento ritrovato nel doppio fondo di una valigetta della figlia di (Au)Gelli-del malaugurio nei primi anni ottanta, il "Piano di Rinascita Democratica". E cosa diceva questo fondamentale testo ri-costituente (il vecchietto ci ha sempre tenuto alla salute, la sua e degli amichetti suoi), che di democratico aveva solo il nomignolo? Vediamolo in tutto il suo splendore. Il Piduista mai morto e sempre risorto, prevedeva già nel 1981, la nascita di due aggregazioni partitiche pari ed "antitetiche": il termine mi fa sbellicare, perchè Destra e Sinistra in Italia si danno la mano e passeggiano serene verso il tramonto (dell'Italia, of course)da almeno una ventina d'anni. Comunque, Gelli profetizzava, Silvio prendeva appunti. Per il "Piano" dovevano esserci due partiti, "l'uno, sulla sinistra (a cavallo fra gli allora esistenti PSI-PSDI-PRI-Liberali di sinistra e DC di sinistra), e l'altro sulla destra (tra DC più destroide, liberali e MSI)" per snellire il panorama dei partiti politici nel Bel Paese. Che coincidenza, direbbe qualcuno. Che culo, aggiungerei io! Dopo circa trenta e luuunghi anni, questi partiti indovinate un pò in chi si sono reincarnati? Mi vengono in mente solo due possibili destinatari delle profezie gelliane (dal Vangelo secondo Licio, paragrafo Publitalia 80, versetto P2): PDL e PD-meno-elle come dice il buon Grillo. Ed il tarlo del sospetto pare trovare forza e ristoro nella (s)convergente realtà che il leader del primo partito di cialtroni menzogneri, il Dott.Cav.On.Pres.Grand.Figl.Aricrisnalibabà Silvio Berlusconi, era stranamente iscritto alla P2, nonchè nella palese presenza di diversi piduisti in entrambe le formazioni pseudo-politiche.
Altro punto fondamentale del palinsesto (o palingenesi) piduista, vero pallino del Maestro Unico Licio, era controllo dei media e di tutti i mezzi di (dis)informazione: si auspicava il controllo pressochè totale dei quotidiani e dei periodici cartacei, nonchè la liberalizzazione perenne, sine die, delle emittenti televisive (in quegli anni della Milano da-bere-e-da-ruttare la trasmissione era prevista solo a livello puramente regionale), influenzando l'opinione pubblica col virus di una dittatura del pensiero strisciante (non a caso, il simbolo di Mediaset per anni è stato il Biscione): cosa che allo Streptococco Nano di Arcore è riuscita benissimo, il Nostro adesso controlla quasi del tutto sei reti televisve su sette, ed è riuscito ad affossare la RAI più di quanto non ci fossero riuscito DC e PSI prima di lui. Polvere (Rai)Eri e polvere diventeRAI! Prima che la Loggia di beati furfantelli venisse scoperta (Pertini come sempre enfatizzando la definì "banda di delinquenti", che esagerazione!), questo aspetto del piano (rialzato, da quando alla P2 era giunto il tappetto) s'era già realizzato con il pieno controllo dei quotidiani nazionali e l'acquisizione di Telemilano 58, che noi sprovveduti conosciamo adesso col nome di Canale 5 (ah, Silviuccio mio!). Ma Mr. Miconsenta ha addirittura migliorato il progettino iniziale, superando di gran lunga il Gran Maestro: le reti sue, "di sè medesimo proprio", sono tre, poi le sue manine sante si sono allungate anche su quelle nostre, nazionali, perchè pagate da tutti col canone (ma vista la qualità dei programmi che quotidianamente passa il convento, sarebbe meglio il cannone, per spararsi o per stordirsi, scegliete voi). E poi, banche, assicurazioni, fondazioni, squadre di calcio, società cinematografiche, dove mette le manine, ecco che arrivano i quattrini! E' proprio un Re Mida, raglio asinino incluso, non c'è che dire. (Continua...)

martedì 4 novembre 2008

Berlusconi e il Milan:

"Berlusconi vuole Beckam per tre mesi"
"E' il tempo che occorre per pulire la sua villa di Arcore..."

Pensierino Anti-nano III: Il Bordello dei Ministri

Berlusconi avverte il suo Consiglio dei Ministri: "Colleghi, il momento è duro, bisogna stringere i denti..."
La Carfagna: "Sì, Silvio siamo con te!"
Berlusconi: "Mara, ovviamente la cosa non riguarda te!"

lunedì 3 novembre 2008

Pensierino Anti-nano II:

Messo in commercio il francobollo di Berlusconi: si teme che Emilio Fede lo lecchi dalla parte sbagliata.

Il Paese dei Bacucchi, ovvero Berlusconi Superstar

Il sistema Paese sta fallendo. O forse è fallito da tempo, ci stiamo affannando a rianimare un cadavere che ha reso l'anima al Padreterno da almeno due decenni, se non di più, e manco ce ne siamo accorti. Portiamo ossigeno, invece dei fiori. Il problema dell'Italia non è riducibile e riconducibile alla sola presenza (onnipresesenza, meglio dire)dell'omino nero di Arcore. Ci mancherebbe, il nano da giardino piduista non è il solo responsabile del decadimento politico, sociale ed economico che questo Paese sta vivendo. Re Silvio è un alunno diligente, bisogna dirlo, ce la sta mettendo tutta per smantellare la Costituzione, ma anche lui ha avuto i suoi maestri. Anzi, il "Maestro", unico anche lui (a proposito, avviso a Mary-Star, il dado da cola-brodo della Pubblica D-istruzione: Gelmini, tranquilla mi occuperò anche di te). Per un attimo voglio però allargare il discorso alla Penisola, tralasciando i singoli problemi di inefficienza e gestione politico-clientelare-camorristica della cosa pubblica qui, nella nostra Campania Infelix, la Terra dove i fuochi non si spengono mai (nella notte, l'immondizia continua ad ardere, manco fosse la pira di di Priamo!). Come siamo giunti a questo? Da dove partire, in quale momento è iniziata la china-martiny dscendente? Partiamo da un anno, il 1981, e da un nome, quello di un allora sconosciuto (almeno agli onesti italiani) Licio Gelli, detto il "Venerabile". Uomo chiave il nostro: Gelli è un imprenditore spregiudicato, un massone fascistoide pronto a tutto pur di attivare il suo piano massonico di controllo dei poteri forti in Italia. Ma andiamo con ordine. L'avventura (dis)umana di Gelli inizia ad avere un senso quando il nostro Venerabile entra in contatto con gli ambienti massonici del dopoguerra. La loggia "Propaganda", affonda le sue radici nell' Italia post-risorgimentale: fa parte della Gran Loggia d'Oriente, mega associazione segreta che riunisce personalità influenti in vari ambiti politico-finanziari. Nel 1893 questa loggia Propaganda fu coinvolta nel primo vero scandalo italiano dall'Unificazione del Paese( sull'unificazione ci sarebbe da dire molto, io parlerei di annessione forzata e militare): lo scandalo della Banca Romana, che permise di rilevare come molti banchieri italiani finanziassero esponenti politici di rango, come Giolitti e Crispi, ed emettessero moneta nuova in circolo senza preventiva autorizzazzione, per coprire ammanchi colossali nei bilanci. Molti dei personaggi coinvolti risultarono legati alla loggia Propaganda. In seguito allo scandalo, questa venne ridimensionata e marginalizzata, ma come tante belle cose del nostro Paese, non scomparve del tutto, ci mancherebbe: corsi e ricorsi storici, il caro Vico aveva colto il segno dei tempi! Nel primo dopoguerra, ecco che ricompare, schierandosi subito dalla parte del virile Mussolini dalla lucida e volitiva pelata. Questo fino al momento in cui il caro Nonno Benito, Cavaliere anch'egli (poveri noi, non abiamo fortuna con i cavalieri, magari è il titolo a portare male) non decide che di movimenti eversivi ed antidemocratici ce ne sono troppi in giro, basta e avanza il suo. E così il simpatico fascistone, il dittatore che mandava gli oppositori in "vacanza", come ha sostenuto il suo epigono pelato-trapiantato (ah, come cambiano i tempi, almeno Mussolini non arrivò a mettersi il parrucchino, seppure di vigogna!) stronca la Loggia con il suo piglio deciso e mascolino che tante donne aveva conquistato (anche Re Silvio a donne non scherza, Viagra docet). Ma la Loggia ha mille vite e dopo la caduta del Fascio-che-si sfascia, eccola tornare in auge, ed è qui che entra in scena il nostro vero eroe, Gelli il Venerabile, il supereroe che tutti vorrebbero, padre costituente occulto dei nostri anni peggiori. Gli anni d'oro del Venerabile sono quelli a cavallo tra la seconda metà dei Settanta e i primi anni Ottanta: in quel periodo temporale la "P2" (cioè Propaganda Due, la vendetta) è una loggia come tante altre, ma Gelli attua un golpe all'interno della massoneria! Un genio, non c'è che dire, un colpo di stato occulto, all'interno di una associazione già occulta di suo: ma al nostro non basta il controllo della setta, lui vuole attuare un piano globale, nazionale, per il controllo delle leve del potere in Italia. Il progettino,tanto caro anche al nostro Nano di Arcore, con tanto di firma e copyright, ha anche un nome: "Piano di Rinascita Democratica", ma che di democratico non ha neanche un capello (ecco perchè Silviuccio ci tiene tanto!). Lo vedremo in dettaglio, e credetemi, Berlusconi dovrebbe pagare i diritti d'autore al vecchio Gelli, fossi in lui gli farei causa... (continua, sintonizzatevi).

domenica 2 novembre 2008

Il libro del mese: Leggere, perchè no?

Voglio per un attimo parlare di un libro che ho letto da poco, il Paese della Cuccagna della nostra ava-come-lava Matilde Serao. Una parentesi letteraria che spero di ripetere almeno una volta al mese. Perchè anche un libro graffia la mente, parola di Graffio.
I “demoni” di donna Matilde.
Matilde Serao era una donna moderna: giornalista, scrittrice, mente feconda e sguardo caustico sulle miserie del mondo, siano esse morali o materiali. I suoi “demoni”, lemuri impalpabili eppure dannatamente terreni, la tormentavano spesso nelle notti romane senza luna, le apparivano in sogno le facce smunte, gli sguardi affamati e le mani protese dei figli della sua Napoli, la città che tanto amava ma che, ingrata, per lungo tempo le negò i fasti ed i successi in campo giornalistico e letterario. Donna di cuore, dalla favella salace, sempre sferzante verso i capricci borghesi, eppur così compassionevole verso le debolezze, verso i “vizi del popolo”, del suo “popolo”. E in tale ottica va inquadrata una delle sue opere di maggior impatto emotivo, quel Paese della Cuccagna che affonda le radici nel tessuto popolare, nel ventre molliccio e brulicante della Napoli di fine ‘800, sferzato dallo scirocco che annacqua gli sguardi ed illanguidisce gli animi, ma che non può quietare i morsi di una fame antica, millenaria, belva inquieta e mai sopita che t’afferra il ventre ed ottunde la mente. L’opera è una rappresentazione viva, un presepe di anime indemoniate, romanzo corale, dalla tela spessa ed impregnata d’umori antichi, ferali: la Napoli di donna Matilde non è più la città lazzarona descritta nelle vivide pagine del Dumas, è una Partenope appesantita dal suo passato ingombrante, cristallizzata nelle sue figure piccolo-borghesi: è la Napoli di Mastriani, di Viviani, del poetico Di Giacomo; una nobile decaduta, svestita, o meglio, rapacemente spogliata, delle sue vestigia reali, del suo abito scintillante di ex capitale borbonica. I fantasmi della Serao sono uomini e donne che vivono la loro condizione umana con invitta rassegnazione, disperatamente tesi verso la tenue speranza d’una vincita al lotto, d’una bonafficiata fortunosa che li liberi almeno per un istante dai tarli quotidiani d’una vita logora e stracciona, costellata di miserie costanti e fortune estemporanee e mai durature. Sono maschere sfuggenti, dagherrotipi in chiaroscuro, comparse intercambiabili sul palcoscenico di una fragile esistenza che s’arrovella su se stessa, eppur non crolla, resiste, s’aggrappa alla più flebile speranza come edera tignosa. La prosa della Serao risente forse di una scrittura fin troppo impressionistica, descrizioni minuziose fino all’esasperazione, aggettivazione ridondante e barocca, eppure i suoi ritratti, quei bozzetti umani così vividi e luminosi, rischiarano con leggiadria i dedali stretti, i fondaci bui, i bassi lividi e limacciosi. Il suo tocco sicuro disegna contorni umani precisi, cesellando finemente, “sporcando” a dovere quelle figure popolari tanto amate: sotto il bisturi muscolare della scrittrice non risultano mai banali, e se a volte rasentano il ritratto caricaturale, la retorica del vicolo, non sfociano mai nella grassa sceneggiata, nella folclorica rappresentazione della realtà. La Serao rende omaggio ai suoi lillipuziani senza mai scadere nel pietismo meschino e cinico delle pagine alto-borghesi: il suo occhio è terso, e le lacrime d’inchiostro che versa per la sua gente sono vere, di un verismo crudo, che sente sulla sua pelle. Il Paese della Cuccagna è un’opera ancora vivida, drammaticamente attuale: Napoli è una realtà anestetizzata, chiusa all’interno del suo bozzo pulcinellesco, parodia eterna, immutabile, di uno spettacolo sempre più misero ed allucinato. Città- crisalide, attente da secoli una metamorfosi mai avvenuta: i laceri figli di donna Matilde non sono scomparsi, i fantasmi del passato trascinano ancora le pesanti catene. Perché anche oggi, come allora, il popolo ha fame, d’una fame eterea, non meno antica e stringente di quella fisica: è fame di dignità. Quella dignità che non si può reprimere, un grido lancinante nella eterna notte napoletana: e di questo la Serao ne era cosciente.