venerdì 30 novembre 2012

Gigginem et Circenses















"Pane e feste tengon il popol quieto" (Lorenzo il Magnifico).

 "Il cittadino crucciato fa alleanza col nemico... " (W. Shakespeare, Re Giovanni, atto IV, scena II).

Forse che sia crucciato il Primo tra i cittadini, dell'andazzo scenico in città, col consenso neapolitano che scema, il nazionale che preme, le primarie che incalzano, le prime file già prese, e la fortuna che gira, come fosse colpo gobbo di mano Sinistra?
Avanti c'è posto, panem ne abbiamo un tocco, ed è cafone, di circenses a iosa, e quand'anche non bastassero, i balocchi li cacciamo ex novo e alla rinfusa: che ci si prepari ai giochi antichi, come fossero Flavii, e se sotto Nerone ri-suonava l'arpa, sotto l'Arancione rulla la grancassa; ma un momento, Alt!, fermate il giogo, dov'è la giostra? Qui manca il molosso, colosso, Colosseo! E dov'è il progetto, che carta canta, la Giunta stona, e il cemento scalpita?

Chi tira la corda della cordata amica ed imprenditoriale, che di capitali pubblici quivi non ve ne sono?
E' Marilù Faraone Mennella, moglie di Antonio D'Amato, la prima della filiera, imprenditrice "arancio-cremisi" per mutate esigenze di filantropia politica, che sin dai tempi iervolinici pare avere uno spiccato interesse per la zona di Napoli Est, refugium peccatorum per anime prave adoranti il deus cementifero, il grigio moloch che sovverte i canoni dell'archeologia industriale, mutando cubature ed architravi per riconversioni repentine sull'altare dei penati commerciali: perchè dove c'è Penati, è subito cassa. Colate di cemento ad inondare le periferie, che 'a famme dell'inferno lunare, è fame di appalti e costruzioni.

E se prima era  il "Pala-ponticelli" la posta, mega-centro per commerci e grandi eventi in zona ex industriale, da riconvertirsi  precipuamente "a servizi ed attrezzature pubbliche", adesso è nuovo colosseo il giochino da tre palle e un soldo, stadiotto tosto per sports, music & events targati Giggino, la cui giunta rivoluzionaria dichiara che l'opera sarà da costruirsi in «project financing», ergo con oneri tutti a carico del privato interessato. Tutto il cucuzzaro commercial-sportivo avrà un'estensione di riguardo, superando i 38.000 metri quadri, ed a garanzia dell'operazione v'è un capitale sociale di tutto rispetto: 10.000 euro, appartenenti alla "Palaponticelli S.r.l." (che si occupa del solo Palaponticelli invero), di cui è vice-presidente la stessa Mennella, e che attraverso una matrioska di altre società ad incastro si riconduce alla Idis, vecchia conoscenza sempre targata D' Amato-Mennella. 

Pare proprio che i due siano molto affezionati alla zona, tanto da volerci impiantare perfino un nuovo stadio (forse per il curling??), e garantendo la riqualificazione del vecchio San Paolo, dopo che De Laurentiis ha dato il suo niet definitivo alla sola idea di far giocare i blues partenopei in quel di Ponticelli. Del resto son imprenditori affidabili, ca va sans dire, tanto che nel 2006 il Tribunale fallimentare neapolitano dichiarò fallita la I.Car (edilizia), sempre in area Mennella, dopo che la società aveva messo in cassa integrazione una sessantina d'operai senza aver corrisposto loro i contributi nel biennio antecedente: imprenditori bravi a trattare col pubblico, ed altrettanto solerti nel smollare i carrozzoni in perdita quando i rubinetti si chiudono o restringono.

Ma Giggino Murat dal Comune rilancia i dadi, e l'area conoscerà un rilancio come nemmanco Las Vegas negli anni '90: se non ci piazza il casinò, poco ci manca, prevista una delibera per il "piano casa" con relativa variante al Piano Regolatore Generale, e volute cubiche di cemento per circa 20.000 vani in più, più i 50.000 già in previsione, onde riqualificare le ex aree industriali in dismissione decennale; 9 milioni di metri quadrati in totale, che dovrebbero prevedere nuovi impianti residenziali, sportivi, asili nido, etc., con facoltà da parte di Saint James Palace Hotel d'assegnazione a particolari categorie sociali viepiù disagiate. Un boom edificatorio in piena regola, come non se ne vedevano dai tempi di Rosi e delle "sue" mani sulla città: tutto scintillante, perfectissimo e meritorio, ma siam sicuri che le mani dei privati, pur avendo unghie laccate e ben smerigliate, non siano prosaica morsa ferrea ed inscalfibile attorno agli attributi del Comune (cioè i nostri)?

Panem et circenses: sovente per sopravvivere ci si adatta al gioco, si spariglia il Piano (Regolatore?), e si tira a sorte, sperando che il pane, dalla cara Rosetta, passando per Cafone, non diventi  per Neapoli solida e francesissima baguette, da consumarsi a rutto libero nell'alveo d'uno stadio novello, oppure da tener in caldo, e a grave prezzo, laggiù dove il Sol, per pudicizia, ancor non batte.





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