CLAUDASCIONE, l’IMPRESARIO SENZA BAFFONE.
“Democrazia:
non essendosi potuto fare in modo che quel che è giusto fosse forte, si
è fatto in modo che quel che è forte fosse giusto”. (Blaise Pascal)
”I veri geni restano sconosciuti, in compenso però i veri deficienti sono molto conosciuti”. (Carl William Brown).
“Volontari di tutto il mondo, unitevi!” (in tedesco: Volontarien Aller
Lander, veniten ccà!) e in quel di Neapoli troverete il vostro Lander,
la vostra Patria, il vostro scrigno novello. Raus!
E sì, perché
sotto l’egida scudata del Palazzo, al Saint James Palace Hotel, il
volontario è di casa, servitore di più padroni, ma senza mai percepir
prebenda, né guadagno, sia ben chiaro a lorsignori!
A pensar male,
il peccato è maligno, ma a volte ci s'azzecca; e ci s'interroga imberbi e
stupiti: si rimembra un refrain antico, ad echeggiare mesi orsono,
bordeggiando il limite… "Non chiamatemi il Trota!!!"; e si sbracciava
rubizzo quello, Claudio, “Il Divino”, stracciandosi veli e grisaglie,
percuotendo il villoso petto e le vesti. Povero, il nostro Leporello.
L'esser "Volontario" in Pubblica Amministrazione è ben triste compito,
non si sbarca il lunario, la luna è storta, gobbuta e malaccorta, quando
dicesi la ciorta! E quantunque tu sia l’hermano menor
dell’Arci-Fratello, come scudiero di folle a Mancia, dovrai accomodar te
stesso sul soma d’un somaro, di più, sull’asinino raglio dell’avita
bestia cara al Buridano: e tra l’esser promoter di te stesso, e
segretario-staffista-volontari o,
speculum Principis per alveo di potere a due in Comune, il Divino
sceglie la via più tortuosa e irta di sacrifici, ma è un lavoro sporco e
qualcuno dovrà pur farlo, dunque…
E’ dall’election day del
germano maggiore che il nostro soldatino di chiummo si spende in
segreteria sindacale, al telefono, “spandendo” il nome, acquisendo
concretezza e sicumera come univoco (o quasi) factotum della città
(“Largoooo!”); mille le maschere e mille i volti, per Claudio De
Magistris, Volontario, quasi-staffista (ma ci arriviamo), Co.Co.Co per
il Don Tonino dell’IDV, braccio destro (o sinistro?) del fratellone a
Sindaco, impresario, gran comunicatore (sebbene di poche parole),
neuronale ganglio di pubblico legame, seppur privato, perchè di
"Volontario" qui parliamo: uno, nessuno e centomila. E che il nostro
Claudascione aleggi onnipresente nelle aule del Comune è cosa a tutti
nota, “chiedete a Claudio” è la novena diuturna a cantilena che si
respira a Palazzo; del resto quando il Murat è in campagna marziale, un
vice-Giggino ci dovrà pur essere nell'acquartieramento reale: dunque
largo ai famigli, che son fidati e dritti, mica il timone con feluca ed
alamari, è da lasciare ad un quisque de populo?
Dunque, via di stoffa e stola arancina, per quel fratello che tutti avremmo desiderato.
Agli albori furon rumors molesti di vetusti dipendenti a mormorare, un
lento ed indistinto brusio, “Ma il De Magistris eletto non era
quell’altro?”; domande ingenue, rovelli per pargoli innocenti, cui
fecero seguito alcuni articoli sulla stampa cittadina ("Sono Claudio de
Magistris
e non chiamatemi il Trota", Repubblica Napoli del 27
novembre 2011), un rimestar nel torbido d’una trasparenza e pudicizia
esemplari: del resto a Saint James Palace la trasparenza e la
partecipazione son di casa, di più, di famiglia. Ecco dunque l’excusatio
fin troppo petita di Bernardino Tuccillo, Assessore al Patrimonio: “Lui
ha voluto lavorare al Comune come volontario, a titolo gratuito, come
collaboratore del Sindaco per questioni legate alla comunicazione e alla
cultura, che poi sono il suo mondo, quello nel quale lavora da molti
anni”.
E con ciò, la questione su come normare la permanenza
fraterna del Sindaco ricade a nostro carico: un rapporto di famiglia
diventa quaestio giuridica per Comune e cittadini tutti: del resto è
volontario, dove mai sarà il problema? Soccorre ancora il buon
Tuccillo: “In ogni caso, trattandosi ovviamente di persona di fiducia
del Sindaco, valuteremo tutte le ipotesi sul tappeto per come regolare
la sua presenza a Palazzo San Giacomo. Fermo restando, ed è bene
ribadirlo, che Claudio fa volontariato”. Che s’appronti la pezza
arlecchino, ordunque.
Se la famiglia rimane legame insolubile,
almeno che s’ appronti il cavillo per non perder il regno; visto che le
organizzazioni ed i volontari vanno inquadrati secondo una previsione
normativa, ex lege n° 266 del ’91, indi inseriti tassativamente in
pubblici registri su scala regionale, e dato che nelle pubbliche
amministrazioni volontari non ce ne possono essere, (a meno che non
siano visitatori autorizzati ad un singolo ingresso o che abbiano
un'autorizzazione scritta, per singole finalità e funzioni, per
stazionare negli uffici comunali) ecco sfornato il documento ad hoc: un
decreto sindacale a firma di Tommasino Sodano, siglato unilateralmente
in data 15 novembre 2011 (con appena cinque mesi di ritardo
sull’ingresso del Divino a San Giacomo).
E cosa si evince dal “decrepito sindacale”?
Andiamo d’olio di gomito e scartoffie al prezioso regolamento:
Decreto Sindacale prot. 3022, avente ad oggetto la “Collaborazione a
titolo gratuito da prestarsi dal Sig. Claudio De Magistris all’interno
dell’ufficio di diretta collaborazione dell’organo politico, con compiti
di approfondimento e supporto nell’attuazione delle attività di
particolare rilevanza strategica che il Sindaco non ha delegato”, e da
cui emerge che per il “volontario” in Comune non sussisteranno vincoli
di subordinazione, né di orario, e nemmanco di esclusività.
Emerge a
contrariis, l’obbligo per “i competenti uffici comunali” di addivenire
alla predisposizione “degli atti per l’estensione al Claudio De
Magistris delle coperture assicurative contro gli infortuni e per la
responsabilità civile verso i terzi”: in pratica, trasformando il Comune
partenopeo in una associazione di volontariato tout court, come norma
legislativa precipua prevede.
In primis v’è da eccepire che il
decreto vice-sindacale di Sodano non riporta una norma, una fonte,
nemmeno un codicillo di legge, ed il fatto è assai strano, per non dir
abnorme già di suo; né inquadra la collaborazione del nostro
Claudascione secondo norme e regolamenti inerenti alla materia degli
incarichi che la P.A. può o meno affidare a terzi e con quali compiti,
modi e finalità specifiche. Secondariamente, esiste poi un principio
cardine di natura costituzionale, e nemmanco il Viceregno del Murat può
(perlomeno non ancora) derogare alla Carta della Repubblica Italica, ben
espresso ed esplicato dall’art. 97, che espressamente richiama la P.A.
ad agire secondando il ”buon andamento” e l’ “imparzialità” della
medesima, e ricordando ad ogni amministratore della Penisola, che agli
incarichi della P.A. si accede “mediante concorso, salvo i casi
stabiliti dalla legge”.
Perfettamente in scia anche la
giurisprudenza della Corte dei Conti, che ha più volte affermato come
sia lecito derogare alla regola generale per assumere a contratto
“soggetti esterni, solo nei casi stabiliti dalla Legge o in relazione ad
eventi e situazioni straordinarie che non possano essere fronteggiarte
con le responsabilità tecnico-burocratiche esistenti” (ex multis, Sez.
Reg. Emilia-Romagna, n° 463/2004) ed aggiungendo a specificazione che il
provvedimento che contrattualizza la prestazione del collaboratore deve
comunque essere preciso, contenendo in nuce “i criteri di scelta”, ed
avendo cura di indicare previamente come nell’indicazione della scelta
compiuta, manchino figure atte e precipue tra gli stessi ruoli dei
dipendenti e dirigenti inseriti nell’organico dell’ente.
A
prima vista tutto ciò pare inficiare ictu oculi l’efficacia della
“piccola mappa” arcobaleno approntata in favor Claudii, dai solerti
uffici comunali, e se non bastasse la giurisprudenza, ecco il
Legislatore a vigilare, stabilendo i criteri cui si deve far riferimento
per affidare incarichi esterni in deroga alla normativa generale (ex
art. 7, co. 6 D.Lgs n° 165/2001):
“Per esigenze cui non
possono far fronte con personale in servizio, le amministrazioni
pubbliche possono conferire incarichi individuali, con contratti di
lavoro autonomo, di natura occasionale o coordinata e continuativa, ad
esperti di provata competenza, in presenza dei seguenti presupposti:
a) l'oggetto della prestazione deve corrispondere alle competenze
attribuite dall'ordinamento all'amministrazione conferente e ad
obiettivi e progetti specifici e determinati;
b) l'amministrazione
deve avere preliminarmente accertato l'impossibilità oggettiva di
utilizzare le risorse umane disponibili al suo interno;
c) la prestazione deve essere di natura temporanea e altamente qualificata;
d) devono essere preventivamente determinati durata, luogo, oggetto e compenso della collaborazione”
Di tale amplia specificazione, nonché sperpero inutile di lettere e
parentesi, nel decreto ad personam non v’è traccia alcuna; tanto più
che, secondo una acclarata interpretazione giurisprudenziale, per aversi
“incarichi esterni” i medesimi devono obbligatoriamente rientrare in
una di queste tre sotto-categorie:
1) Incarichi di studio, con
relazione finale (‘a tesina) in cui si illustrano i risultati finali
dello studio e le possibili soluzioni a quesiti posti dalla P.A;
2) Incarichi di ricerca, che presuppongono la preventiva definizione del prorgamma da parte della P.A.;
3) Incarichi di consulenza, il cui oggetto sono pareri e consigli specifici di esperti e professionisti di settore;
Cui si sono aggiunti, ex art.3 co. 56 L. F. 2008, gli incarichi di
collaborazione, la cui regolamentazione è demandata ai Comuni ed agli
enti che intendono avvalersene, secondo una specifica normazione
inerente ai “limiti, i criteri e le modalità per l’affidamento degli
incarichi di collaborazione autonoma, che si applicano a tutte le
tipologie di prestazioni”, la cui violazione costituisce un illecito
disciplinare, determinando una responsabilità erariale di contorno.
Al termine della filiera, e alla luce della norma sopra richiamata,
Claudascione pare dunque esser ircocervo finalmente addomesticato,
aporia soluta, “collaboratore” pieno e volontario, fratellino amato e
conclamato: oooh, finalmente, Mihi pinnas inciderant!”, e la colombina
tornò a volare.
Ma che tipo di “collaboratore” è il nostro Volontario?
La Corte dei Conti ( con deliberazione del 14/03/2008) afferma che vi possono essere due tipologie di collaborazione:
a) Quella a supporto degli ordinari uffici dell’ente, da ricondurre
alle fattispecie dell’art 110, del Testo Unico degli Enti Locali (il
c.d. TUEL), che fissa le regole per l’assunzione di collaboratori
esterni a tempo determinato per incarichi presso uffici e dipartimenti,
come figure dirigenziali o comunque di alta specializzazione: lo stesso
Comune partenopeo s’è dotato di un determinato “Regolamento per il
conferimento di incarichi di lavoro autonomo di natura occasionale o
coordinata e continuativa” (delibera G.M. n° 865 del 20/05/2009), in cui
si specifica che l’organo che può conferire l’incarico è solo il
dirigente preposto al settore di competenza (dunque non un organo
politico quale Sindaco o Vice-Giggino). Dunque l’incarico dato
all’impresario senza baffone, il fraterno Claudascione, di certo non
rientra nella categoria afferente a quella evidenziata dall’art. 110 del
TUEL, e nel caso sarebbe assolutamente illegittimo, emesso al di fuori
d’ogni procedura e passibile di sanzione disciplinare e responsabilità
erariale.
b) Quella ad adiuvandum degli organi di staff del Sindaco
o degli Assessori ex art. 90 del TUEL, conferiti intuitu personae , con
limiti di spesa, secondo il regolamento comunale adottato e con durata
massima conformata a quella dell’organo politico che ha provveduto alla
nomina (“uffici di staff organi politici”): gli staffisti possono essere
sia organi già presenti nella detereminazione dell’ente, sia incaricati
esterni, che devono comunque essere inquadrati ed assunti con contratto
di lavoro subordinato a tempo determinato, ed ai quali andrà pertanto
applicato il contratto collettivo nazionale appannaggio del personale
degli Enti Locali (fatta salva la durata del rapporto medesimo, e con
l’unica avvertenza, per la loro assunzione, che l’ente non versi in uno
stato di dissesto o deficit strutturale). Non sfugge a questo punto che
il “contratto” (sì, insomma, la pezza arlecchino) del Divin Claudio
faccia categoria a sé, rispondendo sì ai criteri sub b), ma con qualche
rilevante filologica eccezione. Similmente ad “deficit strutturale” del
provvedimento.
Deficit che s’evidenzia non nella mancanza di
espliciti requisiti personali, professionali o tecnici, mai menzionati o
accennati nel decreto sindacale (molto generico, assolutamente
raffazzonato, contratto anomalo perché non sottoscritto dal “volontario-
lavoratore”, la cui domanda di collaborazione non viene neanche
lontanamente allegata), stante che l’incarico fiduciario dell’organo
politico prescinde da valutazioni meramente burocratiche ed oggettive,
ma piuttosto nell’ asimmetrica sporporzione rispetto ai parametri
indicati nel contratto nazionale riguardante i lavoratori subordinati a
tempo determinato: vero è che pecunia non olet, ma qui del vil denaro
non se ne percepisce nemmanco la fragranza, l’olezzo o l’afrore!
Insomma, Claudascione come campa?
La Corte dei Conti, sezione Calabria, ha da ultimo sgombrato il campo
da ogni rovello o amletico dubbio: decidendo nel 2010 un caso
sostanzialmente analogo, ha sbrogliato lo gnommero gaddiano, a sicuro
beneficio (anche) dell’avito Comune di Neapoli (un po’ meno per la vita
dei De Magistris), affermando che non può escludersi “volontariamente”
il compenso per l’opera prestata dallo staffista, né può derogarsi alla
disciplina contrattuale nazionale per i dipendenti subordinati a tempo
determinato, nella quale rientrano anche i collaboratori degli organi
politici; pertanto un “volontario” “non può essere inquadrato come
prestatore d’opera autonomo ed allo stesso tempo non può esser(gli)
(nemmeno, n.d.r.) riconosciuto il solo rimborso spese” perché ciò è
incompatibile con l’art. 90, co. 2 del TUEL (“Al personale assunto con
contratto di lavoro subordinato a tempo determinato si applica il
contratto collettivo nazionale di lavoro del personale degli enti
locali”.)
Si parla pertanto di “norma imperativa ed
inderogabile”, posta a tutela del lavoratore, cui le parti non possono
derogare, escludendo in tal modo che “si possa far luogo all’assunzione
mediante contratti di lavoro autonomo, nel chiaro intento di evitare che
la disciplina giuridica-economica del rapporto sia dettata in contrasto
con le previsoni del CCNL, per quel che riguarda, principalmente,
l’entità della retribuzione”(Corte Conti, Sez. Puglia, n° 241/2007).
Claudio trema, che la cuggina non è ancor fuggita!
E già, perché pur essendo parente stretta, la cu-giggina dei The
Magistris Brothers è stata inserita in loco, nel Comune famiglio, ma
come staffista, assunta a tempo determinato e regolarmente retribuita,
dopo esser stata assegnata nella dotazione organica dell’Assessorata
della Tommasielli (la “sportiva”, Tommasielli), mentre Il Divino….
Aleggia,
intriso di fatal desio, alla ricerca della requie e del ristoro,
volontario puro, libero come aquilotto implume, né staffista, né
volontario (perché, come già detto, non iscritto ad associazioni
inserite nell’albo regionale), ibrido chimerico, astrazione di pensiero:
ABUSIVO, e così sia.
Perché qualunque altra tipologia
d’inquadramento è nulla ed illegittima, qualunque patto contrario lo è
anche alla legge, il Claudascione si nutre d’aere e speranza, ma deve
esser retribuito (anche contro la sua volontà)! E retribuito
proporzionalmente alla quantità e qualità del lavoro svolto finora e di
quello futuro, sufficientemente per poter esplicare sé stesso e
sostentarsi nelle scampagnate comunali al seguito dell’Ammiraglio
Arancione, senza esser costretto a chieder la questua nei giardini
antistanti al Palazzo, imbandanato in standardo cremisi, stracquo e
senza posa.
Una condotta alquanto strana, in quel del Comune; si
preferisce render Abusivo il fratello del Sindaco piuttosto che
inquadrarlo come staffista: sarà mica perché in tal modo le mani del
Claudio son più libere, non v’è obbligo di esclusività, ed il nostro può
vestire doppia sciassa, quella di staffista, seppur abusivo, e quella
d’ imprenditore egotimico ed autarchico, alla recherche del bene
proprio, seppur in Comune?
Ai posteriori (da prender a cinghiate) l’ardua sentenza.
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