mercoledì 31 dicembre 2008

Metà prezzo:

"Nel 2008 Piazza Affari ha dimezzato il suo valore".
"Nel 2009 diventerà un parcheggio".

Massima Sicurezza:

"Il Premier dice che nel 2009 sconfiggerà l'evasione".
"Ha ragione, i pregiudicati devono restare ben chiusi in Parlamento".

Lega(to) al palo:

Berlusconi: "Confermo la mia solida amicizia con Umberto Bossi, per Natale gli ho anche regalato il guinzaglio nuovo".

Legge Divina:

"Il Vaticano dice che le leggi italiane sono troppe".
"Basterebbero soltanto Dieci Comandamenti".

Voli Pindarici:

"La nuova Alitalia manterrà il vecchio nome".
"Ma non porterà sfiga?"

martedì 30 dicembre 2008

End uinner iis:

"Dice che "Gomorra" rappresenterà l'Italia agli Oscar".
"Anche se "Sodoma" rappresenta meglio gli italiani".

Tornate a casa, lessi:

"Maroni vuole il rimpatrio immediato per i clandestini".
"Che fa, gli mostra una foto di Calderoli quando sbarcano?"

Lacrima Cristi(ano):

"Dice che la sua unica colpa è essere figlio di Di Pietro".
"Le colpe dei figli ricadono sui padri".

Di Comune accordo:

"Romeo dice che a Napoli comanda la politica".
"Che qualcuno lo dica alla Iervolino".

lunedì 29 dicembre 2008

Prigionieri dello Specchio Magico:

Il Capellone Matto di Arcore l'ha detto Urbi et Orbi (nel senso di ciechi, perchè se gli Italiani l'hanno rivotato allora o sono ciechi o davvero in malafede): il 2009 sarà un annus horribilis per tutti, soprattutto per lui. Per la crisi economica direte voi? Ma manco per il ciufolo trapiantato! Quando parla di riforme, di "democratico progresso", il Tappo di Cerone si riferisce alla riforme condivise (ovviamente da lui e da qualche altro farabutto PDemocratico, vedi D'Alema, leggi Violante)che termineranno il lavoro piduistico iniziato dal nostro Superman meneghino (ma lui è pur sempre un fiero italiano, un prodotto di scarto autoctono del nostro ridente Belpaese, quindi meglio chiamarlo Super-Ciuk)da quando è sceso in campo (santo? Magari!) ormai una quindicina e passa di anni fa. Emerse nanesco dalle rovine fumanti di Tangentopoli, homo novus della politica italiana, promettendo Mare(Carfagne) e Tremonti (Giulio, detto "Erremoscia"), con un programmino massonico ben occultato nelle mutande firmate da lui medesimo e comprate alla Standa (sempre sua, almeno asll'epoca): regalino di Nonno Gelli, detto "l'Augelli del malaugurio", sodale di zio Bottino Craxi, detto "So' craxi vostri", che aveva pensato bene di affiliare il nostro Berlusconi Bassotto, detto "B.B.", nella sua cricca di piduisti del Menga (nota tribù di indigeni bergamaschi devoti al dio del calcestruzzo). E B.B. non ha mai deluso le aspettattive: se ti aspetti che Silvio faccia una cosa contro il bene pubblico e la democrazia, lui non ti deluderà mai, perchè il tappetto col tappetino del mouse in testa è infallibile! Con il suo Mondo Alla Rovescia ci ha incantati tutti, affascinandoci, ammaliandoci con un frullato ipercalorico di tette e culi concentrati, un flusso onirico e visulale di baccottiglia da supermarket, comicità demenziale ed informazione edulcorata e pilotata: insomma siori e siore, benvenuti in Mediaset! Parlare di conflitto d'interessi, turbativa del mercato, lavanda gastro-intestinale ed encefalica è ormai superfluo, ma bisognerà pur partire da una causa comune, no? L'origine del tutto, il Big Bang Berlusconiano, l'ombelicus mundi del biscione strisciante. E allora diciamolo: il Tappo è Berlusconi solo perchè ha comprato il suo spazio politico a suon di bigliettoni e spot elettorali; da quando respira, si muove, e spara fregnacce in televisione (sempre le sue, perchè il Vecchio punta al vecchio)ha occultato i problemi di una sola persona (vabbè, mezza-persona), contrabbandandoli per emergenze democratiche assolute di una intera nazione: siamo ostaggi di quel muppet da quindici anni, e nessuno giungerà in nostro soccorso! Il 2009 sarà l'Anno del Tappone. Berlusconi terminerà il suo sporco lavoro, non c'è dubbio, e chi lo ferma? Veltroni e la sua Opposizione Umbratile? Il Papa? Gli Alieni? Napolitano dal suo Ospizio Quirinale? Sfascerà la Costituzione, attaccandola alla flebo del suo interventismo militare e brigantesco; trasformerà la magistratura inquirente in dipendente della Polizia, che a sua volta dipende dal Ministero degli Interni (o delle interiora, viste le frattaglie di cui si occupa); imbriglierà quei pochi, sparuti giornalisti che ancora possono definirsi liberi, con la legge sulle intercettazioni, trasformando il giornalismo, l'informazione indipendente in "Schiava di Roma": da "mastino della politica", diverrà dobermann da guardia del potere; si auto-proclamerà molto probabilmente capo assoluto ed indiscusso della Repubblica, dopo aver sbaraccato Napolitano dalla sua poltrona vibromassaggiante del Quirinale senza che questi manco se ne accorga (tanto il nonnino ha il sonno pesante, neanche un terremoto politico di tal sorta potrebbe sveglairlo dal mondo di Morfeus). Insomma, Matrix (il film, non Sa-Mentana) è tra noi, e non da poco. Che facciamo pillola rossa o pillola blu? A voi l'ardua sentenza, la proba scelta. Se non siete ancora saturi di ingurgitare Viagra per le vostre menti "amminchiolute", guardando le cosce nerborute della Rodriguez, le chiappe botuliniche della Ventura o le poppe telluriche della Venier, non vi resta che inghiottire la pillolina magica e dormire sonni sereni e beati nel nosocomio virtuale di Villa Arcore Arzilla. Altrimenti....Pillola Rossa La Trionferà! Sintonizzati ancora, of course.

L'ultimo giro di Walter:

"Anche Veltroni si prepara alla fine dell'anno".
"Ma dovrebbe rassegnarsi alla fine del partito".

Il Super-cazzola:

"Berlusconi ai nipotini dice di essere Superman".
"E allora?"
"I nipotini pensavano fosse Super-Ciuk".

Culla a due piazze:

"In America è nato un bambino di sei chili".
"E poi dicono che c'è la crisi".

Il lavoro è una benedizione:

"Il Papa dice basta al precariato a vita".
"Lui preferisce il posto a vita".

Battuta d'arresto:

"Violante dice che la Magistratura deve essere prudente".
"Quando li arresta o quando li scarcera?".

domenica 28 dicembre 2008

Questo TG non s'ha da fare:

"Bondi dice basta all'orrore e alla violenza nei TG".
"Povero Fede, se la prendono sempre con lui".

'E figlie so' piezze 'e core:

"Berlusconi attacca Di Pietro per il figlio".
"Ognuno ha il Piersilvio che si merita".

Sono un tipo impegnato:

Berlusconi: "Nella mia agenda viene prima il federalismo, poi la giustizia e poi quella serata organizzata con le strappone brasiliane al Bagaglino".

Anche i ricchi piangono:

"Con la crisi anche il figlio di Berlusconi non compra la macchina nuova".
"Poverino, gira con la stessa Ferrari da due anni".

Sua Altezza:

"L'Italia è a crescita zero".
"E per una volta abbiamo un Premier all'altezza".

La Bomba Cometa:

"A Gaza è scoppiata la Terza Intifada".
"Una volta tanto apprezzo la Seconda Repubblica".

Mi raccomando:

"A Bari è scoppiata Raccomandopoli".
"Finalmente anche il Sud è al passo coi tempi".

In Premier Linea:

"Dice che se ne va dal paese se escono sue telefonate".
"Allora non gli resta che comprarsi la Telecom".

L' anno del Tappone:

"Berlusconi dice che la riforma della giustizia è la prima cosa in agenda".
"L'avrà segnato sul calendario della Carfagna".

venerdì 26 dicembre 2008

Manette a Pescara:

"Veltroni dice che è un fatto gravissimo".
"Se se ne accorto anche lui, allora mi sa di sì"

Scusate il Ritardo:

"Berlusconi dice che Veltroni sulla Magistratura è in ritardo di 14 anni".
"Ha ragione, lui come pregiudicato è sempre stato precoce".

Regalo di Natale:

"Quest'anno Berlusconi s'è travestito da Babbo Natale per i nipotini".
"E allora?"
"Tutto bene, il problema era Tremonti travestito da renna"

giovedì 25 dicembre 2008

I Promise You:

Ah..Natale! Siamo tutti più buoni no? Almeno così si dice...e dovrei esserlo anche io...col cacchio! Se c'è una cosa che proprio non sopporto è il fetido buonismo di facciata dei benpensanti dell'ultim'ora. Ergo..faccio una promessa a me stesso per il 2009: prometto di essere più obiettivo, più sarcastico, più politicamente scorretto che mai; prometto di non lasciar tregua al Re Berluschino e tutta la sua accolita di dementi del PDL; prometto di bacchettare Veltrunia e la Banda Bassotti della Sinistra Sinistrata; prometto di continuare a scrivere di tutto di più; prometto di esser libero e prometto di continuare a perseguire l'unica religione che conti davvero per ogni uomo di questo pianeta: quella della democrazia, del rispetto per e tra le persone perbene, della vera libertà di pensiero, azione e parola...
Buone Feste a tutti gli uomini e a tutte le donne incazzati col Sistema, non molliamo mai!

Arcore, dolce casa:

"Berlusconi finalmente a casa per le feste".
" Cosi' gli Italiani potranno riposarsi per un poco.."

Pronto, dottore?

"Di Pietro dice che le intercetazioni sono come il bisturi per il chirurgo".
"La Santanchè s'è subito schierata a favore".

Ho visto la luce:

"Veltroni vuole chiarezza nel PD".
"E' chiaro che lui non conta un cazzo".

Benedetto figliuolo:

"Il Papa ricorda i bambini maltrattati del mondo".
"Anche quelli maltrattati da loro?"

mercoledì 24 dicembre 2008

Il rigore della Legge:

"Il Sindaco di Pescara torna libero".
"E'il solito turn-over".

Mi dimetto alla giuria:

"Soru lascia la parola ai Sardi".
"Speriamo che non facciano i sardo-muti".

Persecuzione Cristiano:

"Di Pietro dice che non si scaverà la fossa per difendere il figlio".
"Tranquillo, tanto gliel'ha già scavata il Pd".

Sogno federalista:

"Terremoto al Nord Italia".
"Almeno Bossi si sarà svegliato finalmente!"

Carfagna che sorpresa!:

"La Carfagna ha regalato un Presepe al Governo".
"Brunetta è l'unico pastore a dimensione naturale".

martedì 23 dicembre 2008

Scala(ta) reale:

"Berlusconi sta tirando la cordata per il presidenzialismo".
"Spero solo che non c'impicchi Veltroni".

Rosetta e Romeo: secondo atto

"Romeo condannato a tre anni per abusivismo edilizio".
"Stava costruendo il balcone per Rosetta".

Sotto la tonaca niente:

"Il Vaticano dice no ai cambi di sesso".
"Li capisco, sono secoli che preferiscono i chierichetti".

Benedetto Rock'n roll:

"Il Papa dice che non è una rockstar".
"Ha ragione, lui sniffa solo incenso".

Di Porta a Porta:

"Bondi mette Vespa all'Opera di Roma".
"Che fa, attacca i manifesti con la lingua?"

Taglia che ti passa:

"Il Governo vuole introdurre la settimana corta".
"Deve essere un'idea di Brunetta".

L'Etat c'est Silviò:

"Berlusconi dice che non vuol essere il nuovo Peron".
"Veronica sta già imparando tutte le canzoni di "Evita".

Il volto sereno del potere:

"Gasparri rassicura gli italiani per l'anno nuovo"
"Con quella faccia?"

lunedì 22 dicembre 2008

Il (Pre)giudizio Universale:

"Dice che il Governo non ha pregiudizi verso la Magistratura".
"Infatti, hanno solo pregiudicati".

Mens(a ) sana in Arcore nano:

"L'opposizione vuole un tavolo per le riforme".
"Così Berlusconi potrà rovesciare anche quello".

Tifo(ne) Comune:

"E adesso chi si occupa di Napoli?".
"Speriamo se la compri De Laurentiis".

Forza Italo:

"Bocchino è sulla bocca di tutti".
"Ecco perchè sorride sempre".

Caduta Massi(mo):

"Veltroni dice che gli è venuta addosso una valanga".
"Deve essere D'Alema che scia a Cortina".

domenica 21 dicembre 2008

Articolo di Natale:

Dicembre. Eccoci come ogni anno alla conclusione del ciclo, al capolinea festoso che rigenera i pochi ed atterrisce i più. Lo stress delle feste è notevole, e non solo per le nostre povere membra, intorpidite da libagioni luculliane ed estenuanti maratone di tombole, scoponi e mercanti più o meno in fiera, con tutto il serraglio di parenti ed affini che affollano il desco inghirlandato e barocco dei giorni fasti o meno, dell’anno che muore.
Ma il senso della festa, direte voi? Il significato profondo, i valori che ogni buon cristiano ha, o dovrebbe avere nel cuore? Dettagli in fondo. Il senso reale della festa natalizia non è da ricercarsi nell’iconografia cattolica classica: il Bambinello, San Giuseppe e la Madonna sono dei simboli perfetti nella loro semplicità per veicolare valori e tradizioni che affondano le loro radici nei secoli dei secoli, in mitologie e rituali decisamente pagani e non dogmatici. Il mito della Natività, della sacra Epifania di Nostro Signore è un parto naturale e consequenziale dell’immaginario religioso afferente ad ogni uomo, e presente in ogni cultura. Furono i Romani ad importare in Occidente il culto del dio Mytra, divinità dell’Astro Lucente, di origine indo-persiana, intorno al I sec. a. C.: culto che poi confluì in particolari festività dette Saturnalia, e che si svolgevano dal 17 al 23 dicembre di ogni anno in onore di Saturno, divinità primordiale, assimilabile al greco Cronos, signore del tempo e delle stagioni che mutano. Durante tali celebrazioni si offrivano doni e si consumavano i frutti della terra, in un tripudio di canti, balli e sfrenatezze quasi orgiastiche, in cui i ruoli sociali risultavano stravolti, nei quali anche uno schiavo poteva, seppur per poco, sentirsi un re. In quei particolari giorni, il Sole giungeva alla sua minima estensione, per poi ritrovare il suo vigore, la sua forza luminosa e vitale, completando quel ciclo di rinascita delle messi che sarebbe culminato poi nel solstizio d’estate del 21 giugno, giorno in cui le tenebre erano fugate ed il Sole splendeva più in alto e più a lungo. Il Bambino che nasce, il Redentore che tutti attendono con ardore e letizia, è chiaramente un nuovo Sole che nasce, è un messaggio diretto agli uomini, di aver fede, di continuare a sperare, perché il ciclo continua, non si arresta, anzi. E tutto questo simbolismo lo ritroviamo nel corpicino di Gesù, Stella fatta uomo, cui tutto ruota attorno, il fulcro della Vita fattosi sangue, fattosi carne; uomo tra gli uomini, non fantoccio svuotato di senso, sceso tra noi per mostrarci tutto lo stupore e la meraviglia davanti al miracolo della Nascita che si rinnova, anno dopo anno. Impervi sentieri conducono dalle montagne alla Grotta, simbolo umile e materno, luogo della nascita prodigiosa; un cammino discendente, dall'alto verso il basso, un viaggio verso le viscere della terra, ove, vincendo le angosce della discesa nel buio, come un novello Orfeo, l’uomo partecipa alla nascita del Sole, della rinascita della natura sull'inverno dell’animo. La Grotta, quel piccolo “ombelico del mondo” cui si tende e dal quale si muovono i primi passi, o si levano i primi vagiti verso un cielo indifferente alle umane lamentazioni: eppur si prova, la vita procede a tentativi e mai per linee dritte, ancora e ancora.
Nel napoletano la Grotta rimanda ad echi classici di oscure Sibille dai vaticini sinistri, megere di fumo e sibili serpenteschi, padrone del destino e depositarie di antichi saperi. Non a caso la Campania è anche terra di streghe, soprattutto nel suo entroterra frondoso, speciamente in quel di Benevento che tanta fortuna addusse ai Romani nella vittoria contro Pirro, re d’Epiro. Ma la simbologia infera e terrena la si riscontra anche in altri elementi che di norma compongono quel “piccolo mondo antico” che è il Presepe, “ ‘o Presebbio” di eduardiana memoria: si pensi al Pozzo, uno degli elementi maggiormente ricorrenti nella tradizione, e che simboleggia il collegamento tra la superficie e le acque sotterranee, i flussi che scorrono in profondità, fiumi acherontei ed infernali, limite invalicabile per i vivi e per i morti. Ad esso si associa il culto Mariano, per cui in Campania diverse chiese si intitolano alla «Madonna del pozzo» (per esempio a Somma Vesuviana, Castellammare ecc.). Alla figura del pozzo si richiamano, inoltre, molte altre credenze e leggende natalizie. Una volta ci si guardava bene dall'attingere acqua dal pozzo nella notte di Natale.
Si credeva, infatti, che quell' acqua contenesse spiriti diabolici scappati dalle fenditure della terra per dar la caccia alla Sacra Coppia ed al Divin Gesù. Nell’opera seicentesca “Il Vero Lume tra le Ombre”, del Perrucci, dal popolo conosciuta come “La Cantata dei Pastori”, il capo dei diavoli, Belfagor, così arringa i suoi “Masnadieri dell’Inferno”:
“Compagni a noi, non basta uno spirto solo
Contro tutto l’Empireo; il Ciel tramanda
Tutte le forze in Terra a custodire
La coppia quant’a noi fiera, e sospetta,
Tanto gradita a Dio, tanto diletta.
Trasformati così, noi tenteremo,
Che quel vecchio cadente, e quella donna
Spaventati, e atterriti
Siano tra queste selve
Divorati da l’acque, o da le belve.
Qui bisogna impiegare
Ogni forza e valore,
Che troppo perigliosa è la tenzone”

Altro elemento ricorrente nella rappresentazione presepiale, è il Ponte, noto simbolo di passaggio collegato alla magia. Transito e limite che collega il mondo dei vivi a quello dei defunti, è il luogo di spaventosi incontri notturni, che si verificano in specie nel periodo natalizio: vi appaiono il lupo mannaro, la monaca con la testa mozza dell'amante decapitato, i suicidi, i morti giustiziati, gli impiccati, ecc. A Napoli, nel giorno dell'Epifania, il presepe si arricchiva di una singolare scena: laddove si trovava un ponte, ivi si collocavano dodici figurine di frati scalzi e incappucciati, che mostravano il pollice della mano sinistra fiammeggiante: essi rappresentavano i mesi morti o i dodici giorni del periodo natalizio, che, al seguito dei Magi, ritornavano nell'Aldilà. Ma gli esempi potrebbero continuare, si pensi al Mulino, con la chiara allusione al tempo che scorre, immaginato come una ruota che riprende a girare.
Del mulino, poi, è significante, nel senso infero, la macina che schiaccia il grano per produrre la farina, che, come è noto, è antica simbologia della morte (difatti di colore bianco sono gli abiti da sposa, i confetti, i dolci natalizi, il camicione di PulcinelIa ecc.). Ma la farina può assumere anche valenza positiva, per il fatto che diventa pane, alimento indispensabile al nutrimento di tutti (si ricordi che Cristo è detto “Pane della vita”). Anche l’Osteria, ha la sua brava ridda di significati, essa nel passato era luogo di soste e pernottamenti non scevri dal pericolo: nel repertorio narrativo ricorrono figure di albergatori malvagi che avvelenano o uccidono nel sonno gli sventurati viaggiatori. In una leggenda napoletana si narra di un oste che nei giorni precedenti il Natale ammazzò tre bambini (ricorre sempre la simbologia del Sacro), li tagliò a pezzi e li mise in una botte, con l'intento di servirne i brani agli avventori, spacciandoli per carne di vitello . Ma sopraggiunse san Nicola (altra figura emblematica del periodo natalizio) che si rifiutò di mangiare, benedisse quei miseri resti , e resuscitò i tre poveretti. Sull'argomento, le donne napoletane cantavano una nenia per addormentare i bambini, denominata «'o lagno 'e Natale» (la lamentazione di Natale):
“Santu Nicola alla taverna jeva
Era vigilia e nun se cammarava”.

Inoltre, l'Osteria del presepe allude al viaggio di Giuseppe e di Maria in cerca di un alloggio, episodio che nella su menzionata “Cantata”, vede il diavolo Belfagor che, travestito da tavernaro, tenta di adescare la sacra coppia per sopprimere la Madre vergine durante il sonno.
Nella commistione di simboli e riti, di paganesimo e cristianesimo, non solo i luoghi, ma anche le figure del presepe, incarnano tutto un abbecedario esoterico di notevole portanza: basterebbe nominare i soli Re Magi, per aprire una disputa sui vari significati cabalistici e magici che tali personaggi assommano in sé. In alcune leggende campane, il cromatismo dei tre sacerdoti simboleggia l'iter quotidiano del Sole: bianco per l'aurora, rosso o baio per il mezzogiorno, e nero per la sera e la notte; essi rappresentano quindi, il viaggio notturno dell'astro, che termina lí dove si congiunge con la nascita del nuovo Sole-Bambino.
Altra figura dalle mille letture è la Zingara, personaggio profetico collegato all’immaginario delle Sibille: e proprio alla Sibilla Cumana, la tradizione orale contadina attribuiva una leggenda sulla nascita del Messia; ella ne predisse la venuta, annunciando al mondo di esser lei la Sacra Madre, la Vergine designata che lo avrebbe partorito.
Quando Maria partorì, si rese conto del suo peccato vanaglorioso e la maledizione la colpì, tramutandola in civetta, l’uccello sentinella delle anime dei trapassati. Inoltre, la “Zingara col Bambino in Braccio”, può correlarsi alla fuga in Egitto di Maria, zingara lei stessa in terra straniera, nonché ad una ulteriore leggenda simil-cristiana. Si narra di una donna vergine, chiamata Stefania, che, quando nacque Gesù si incamminò verso la Grotta per adorarlo, ma ne fu impedita dagli angeli che vietavano alle donne non sposate di visitare la Madonna.
Allora Stefania prese una pietra, l'avvolse nelle fasce fingendosi già madre e, ingannando gli angeli, riuscì a entrare nella grotta il giorno successivo: quando fu alla presenza della Vergine si compì
un miracoloso prodigio: la pietra starnutí e divenne un bambino, Santo Stefano, il cui natalizio si festeggia appunto il 26 dicembre. Ma la Zingara può avere anche una simbologia nefasta: se non porta seco un bambino, spesso la si raffigura con dei chiodi tra le mani, palese riferimento alla Passione ed alla Crocifissione di Cristo, martirizzato sul Golgota.
Il Cacciatore ed il Pescatore, figure vieppiù popolari, esprimono due tipi di cultura successivi alla società matriarcale: la pesca e la caccia, le piú antiche attività con cui l'uomo si assicurò i mezzi di sussistenza. Interessante per la valenza che esprime è il costume del pescatore. Esso, connotato dal colore bianco e rosso, mostra attinenza con le piú antiche liturgie del mondo popolare, non soltanto campano, e risulta collegabile allo stesso costume tipico dei “fujenti” della Madonna dell'Arco.
Le due figure in coppia rinviano ad arcaiche rappresentazioni del ciclo morte-vita, giorno-notte, estate-inverno. La pregnanza simbolica dei due personaggi è sottolineata dalla loro posizione nello scacchiere presepiale, e che può dirsi canonica: il Cacciatore si colloca in alto, mentre il Pescatore è situato in basso, presso le acque fluviali. Tale contrapposizione evidenzia chiaramente la dualità sacrale di una coppia attinente al mondo celeste e a quello infero. Né si dimentichi che in tutte le antiche tombe egizie, etrusche e italiche sono ricorrenti le raffigurazioni funerarie della caccia e della pesca.

I simboli sono da sempre uno dei modi che gli uomini hanno trovato per compattarsi tra loro, per cementare la loro appartenenza ad un’ origine culturale o naturale comune. Il totem, la divinità, il sacro fondatore, sono strumenti culturali intercambiabili tra loro: il loro potere, la loro centralità, non è ovviamente intrinseca, ma viene riconosciuta dagli uomini, che ne hanno un intimo bisogno, se ne nutrono, perché c’è bisogno anche di un tipo di cibo spirituale, e non è necessario che sia riconosciuto o si riconosca in un dogma religioso più o meno ufficiale.

La vecchia e il mare(moto):

"La Iervolino è sola con sé stessa".
"Ma prima o poi si stancherà della compagnia".

Sirene a Partenope:

"A Napoli scoppia lo scandalo delle auto blu".
"Quelle del Comune?"
"No, quelle della Polizia".

Sono solo favolette:

"Il PD dice che Berlusconi racconta un Isola che Non C'é".
"Il solito Cavaliere Inesistente".

C'eravamo tanto odiati:

"Veltroni dice che bisogna "Ricordare il Circo Massimo".
"E D'Alema che bisogna dimenticare il teatrino di Walter".

Mors tua vita silviae:

"Berlusconi morde il freno per il Quirinale".
"E Napolitano si gratta le balle per Natale".

Il Tappo di champagne:

"Berlusconi vuole un presidenzialismo all'americana".
"Strano, conoscendolo avrei pensato alla Vaticana".

sabato 20 dicembre 2008

Deus ex Arcore:

Berlusconi: "Si, sono molto devoto. E credo che anche la mia donna lo sia: davanti alla cappella s'inginocchia sempre".

Sono il premier della classe:

"Berlusconi dice che bisogna finirla con i processi mediatici".
"Ha ragione, la giustizia deve ripartire dall'Anno Zero".

Natale con i tuoi...

"Il Sindaco di Napoli vuole trascorrere un Natale in allegria".
"Nel PD le hanno già fatto la festa".

Pulizia comunale:

"La Iervolino dice che bisogna ripulire il Comune".
"L'appalto è già stato affidato a Romeo".

Quoque tu D'Alema?

"Baffino dice che il PD è un'amalgama mal riuscita".
"In effetti gli venivano meglio i risotti da Vespa".

Guerra d'opposizione:

"Tregua nel PD".
"Poi si passerà ai Sommersi e i Salvati".

venerdì 19 dicembre 2008

Qui comando io:

"Ancora Tangentopoli?".
"No, il solito Regime".

Historia De Magistris vitae:

"Mastella non commenta il caso De Magistris".
"Forse s'è strozzato con un Saladino".

Corsi e ricorsi storici:

"Il Pd in Campania si rinnova".
"Cioè?"
"Adesso è PD2".

Berlusconi riscrive la Costituzione:

Berlusconi: "Renato, tu sei Schifani e su questo schifo fonderai..no, non va bene così."
Schifani: "Maestà, e se provassimo con una serie di comandamenti?".
Berlusconi: "Buona idea, scrivi. Punto primo: Io sono il Silvio dio tuo...non avrai altro Silvio..."

giovedì 18 dicembre 2008

Mal Comune, mezzo strazio:

"Piove sempre sul bagnato".
"Saranno le lacrime della Iervolino".

Sul mare luccicano (le manette):

"A Napoli non s'arresta la crisi".
"Per adesso iniziamo dagli assessori".

La Iervolino tiene duro:

"Dice che non si dimette e che forse si ricandida".
"Dalle comunali ai domiciliari".

Sciogliamo le Camere...con i Caschi Blu:

A che punto è la deriva dell' Italia? Il Paese è sprofondato già, o stiamo gorgheggiando soltanto, mezzi affogati in un mare di m...a mediatica? Credo che la cara e bella bagnarola sia ormai in vista delle coste Argentine, un altro poco e tra qualche mese avremo Maradona come Ministro delle Infrastutture (del resto è uno sempre in pista...di coca, no?). Niente male per un Bel Paese tanto amato, non credete? Amore che il nostro Tappo di Cerone ribadisce ad ogni esternazione pubblica, occasioni felici in cui infonde ottimismo a piene mani( non le sue, che probabilmente tiene attaccate ai maroni sperando che il momentaccio finanziario passi), oasi mediatiche in cui Nanoleone attacca sistematicamente l'unica opposizione reale, quella di Tonino "che c'azzecca?" Di Pietro, uno dei pochi politici che almeno vuole realmente una Magistratura ed un Sistema Giustizia davvero funzionanti. E l'opposizione di Uolter Veltrunia direte voi? Che fine ha fatto la maga Magò della sinistra? Veltrunia è troppo occupato a mantenere la sua personale "Uoltership", nel senso che vuole evitare di vedersi "scippare" il partito dalle mani, pare che adesso vada in giro addirittura scalzo e penitente come un frate Franceschini, pur di evitare che gli facciano le scarpe (Tod's ovviamente).Un quadro edificante quello offerto dai nostri politici, non c'è che dire. Indagati che spuntano come funghi, inchieste tolte maldestramente ai pochi magistrati (vedi il povero De Magistris, o la "pazza" Clementina Forleo) così folli e coraggiosi da sfidare 'O Sistemone ( da non confondersi col più lassico "Sistema": 'O Sistemone è un gioco di società che fonde il Monopoli col Settemmezzo ed il Rubamazzetto: in pratica si cerca di rubare il più possibile, accumulando denari case e tereni, e sperando che nessuno se ne accorga e ti faccia finalmente il mazzo). E a questo punto spunta il Nostro Eroe del Suo Mondo, il Padre-Padrone costituente che tutti i piccoli dittatori vorrebbero essere, quel Silvio Nanoleone da Arcore che piccolo lo è dalla nascita e dittatore lo è diventato nel tempo (anche se prometteva bene già dagli anni Ottanta, quando, non ancora padrone di questo mondo e quell'altro, seguiva attentamente le lezioni del suo Maestro Unico, quel simpatico birbaccione di Gelli, prendendo pedissequamente appunti che poi passava all'amico di banco "Bottino" Craxi, detto l'Africano per i suoi natali, pasque ed epifanie passati in esilio ad Hammamet): e quanto ne è passato, di tempo, da quando felice scampagnava per i boschi della sua tenuta sultanesca ( e puttanesca, per il viavai e dammeladai di belle donzelle discinte e poppute) accompagnato dallo stalliere di fiducia, un certo Vittorio Mangano, che non trovando lavoro in Sicilia, causa piccoli precedenti con la giustizia, quali qualche omicidio di passaggio e spaccio intenazionale di droga e tabacchi, era stato costretto ad emigrare al Nord in cerca di fortune...mafiose ovviamente. Ma il nostro Statista Invincibile, quello per cui "tutti complottano contro di me", per la serie "se non ci fossi io a liberare il mondo da toghe rosse, comunisti, trans e mignotte chi lo farebbe?...no anzi le mignotte le lasciamo stare, vero Mara?", è giunto, più unto dal Signore che mai (poi s'è capito finalmente che quando parlava del signore si riferiva al Ghino di Tacco da Hammet, ri-velato riferimento a zio Bottino che andava continuamente ungendo di quattrini, in cambio di palesi favori politici)a liberare il Paese dagli inquisiti e
dai politici corroti! Nel senso che vuole mettere il bavaglio definitivo alla Magisratura, subordinando l'azione del P.M. al volere del Governo, cioè il suo...(continua).

Rosetta e Romeo:

Terremoto politico a Napoli.
La Iervolino: "Io non ne so niente, sono solo il sindaco..provate a chiedere all'usciere..."

mercoledì 17 dicembre 2008

Quando l'amore è pura poesia:

"Silvio, rimembri ancor?"
"Sì Emilio, e tu rilecchi il cul?"

Morale sotto i tacchi:

"A Bush hanno tirato le scarpe addosso".
"A Berlusconi solo quelle tacco dodici".

Il Nuovo Codice Eti(li)co:

"Adesso basterà un bicchiere per perdere la patente".
"Brindiamo!"

Donne alla riscossione:

"La Meloni dice che chi fa più figli andrà in pensione prima".
"A Destra s'ode un vagito".

martedì 16 dicembre 2008

"E ci faccia vedere il suo ministero"...

Stretta sulla prostituzione del ministro Crafagna.
Prostitute in rivolta: "Non ce lo aspettavamo da una collega".

Ultime dalla Germania:

"E' morto l'ispettore Derrick".
"E come?".
"Calo di Auditel"

C'eravamo tanto amati:

"Governo e PD finalmente si parlano".
"Ma l'inciucio è ancora lontano".

Nessuno mi può giudicare:

"Berlusconi dice che lo scontro con la magistratura è un film già visto".
"Cioè?"
"Toga Rossa non avrai il mio scalpo".

Scemo chi Legge:

"Berlusconi dice che sulla Giustizia bisogna fare attenzione".
"Quando Gelli gli spiegava le cose, lui era sempre attento".

lunedì 15 dicembre 2008

Brunetta e le donne:

"Brunetta dice che le donne sono dalla sua parte".
"Deve essere l'istinto materno..."

Il treno dei desideri:

"Le Ferrovie Italiane sempre più veloci".
"Così saranno in anticipo sul ritardo".

La carta vincente:

"Avere la speranza di arrivare alla fine del mese non ha prezzo".
"Per tutto il resto c'è social card".

Il Paese dei Paraocchi:

"Il Paese sta fallendo".
"Lo mettiamo all'asta su E-bay?"

domenica 14 dicembre 2008

Pensione per tutte:

"Brunetta vuole portare le donne in pensione a 65 anni".
"Non tutte, solo quella alte come lui".

Giustizia all'americana:

"Berlusconi vuole trasformare i p.m. in avvocati dello Stato".
"Così risparmia sulle parcelle".

Il passato che avanza...

Italia, anno Domini 2008, XIV dell'era Silviana.
E' dal 1994 che quel Tappo di Cerone avvelena la scena politica italiana, come se non ci riuscisse benissimo da sola, la politica, a sputtanarsi con le sue stesse Mani (Pulite, of course). La protervia di quel Paperone megalomane è incommensurabile, è superiore alla sua stessa bulimia di potere...è un piccolo satiro neopagano che dispone di milioni di euro e sfrutta il suo potere mediatico per instaurare una dittatura più strisciante di quella di Nonno Benito, che almeno era un megalomane calcolatore e fascista, ma aveva qualche idea in testa, seppur esecrabile, sotto la sua bella pelata lucida. Il Nano di Arcore no: sotto la sua pelata trapiantata, unta e bisunta, non c'è spazio per nessuna idea particolare, per lui la politica è l'ennesimo giochino da arraffare e rompere con puerile arroganza e cinico opportunismo. Un Re buono con chi gli leca le mani, pronto ad elargire biscotti-premio per tutti i suoi cani fedeli, i suoi rottwailer dell'informazione truccata (ancor più truccata di lui, e ce ne vuole). Un tempo si diceva che i media, i giornali, la televisione, erano il cane da guardia, i mastini della democrazia: in Italia no, non è mai stato così. Noi abbiamo i cihuauha della libertà, organi di partito su carta e in video che mordono solo a comando del Padrone, e da noi il Padrone Unico ha un nome e un cognome ben precisi. Silvio Berlusconi è la quintessenza dell'italiano medio, nel senso dell'italiano che alza il medio per fottere il prossimo, sempre e comunque: dell'italiano che se ne frega delle regole, che calpesta i diritti altrui per affermare il proprio ego, per soddisfare la propria atavica fame di potere, di denaro e quant'altro. Una deriva che ci sta incattivendo come popolo, ci sta sottraendo energie vitali, impoverendo nell'animo, prima che nel portafoglio. Cervelli che fuggono, la classe operaia che sta andando definitivamente in paradiso...la media borghesia che s'è incarognita e s'è scoperta più povera di quanto non lo sia mai stata....corporazoni ovunque, giovani precari sovrasfruttati, un territorio stuprato e strangolato, gli onesti ormai ostaggio di un "monstrum", una piovra tentacolare figlia incestuosa della Politica e della Malavita. Insomma proprio un Belpaese! Colpa solo del Berluskaz? Possibile che l'Omino Nero trapiantato e allisciato sia l'unico responsabile del baratro che ci siamo scavati da soli in questi anni? Sembrano passati secoli dall'onda popolare che scoperchiò un mondo sommerso di nefandezze ed illeciti politico-affaristici, da quel movimento spontaneo di sdegno collettivo che è passato alla storia come risposta popolare a Tangentopoli. Ma quegli anni erano migliori, c'era ancora la speranza di un cambiamento, la voglia di riformare la struttura di uno Stato, della politica, per creare nuovi assetti, per affermare nuovi principi, e invece...Invece eccoci allo spettacolo indegno offerto da quest'uomo settantenne che si spaccia per un giovincello, che fa battute da avanspettacolo di quarta categoria, che palpeggia le donne come se fossero delle bambole messe li per la soddisfazione della sua libido da fast-food, del prendi tutto e subito: un indegno politico perchè figlio di una cultura dell'apparire, di un gallismo rampante e deforme, che sotto lo strato di cerone e le zampe di gallina stiracchiate, nasconde il ghigno del potente che si crede un dio, cui tutto è permesso. Lui può tutto, perchè nella sua personale visione del mondo, nel suo risiko ad personam, non c'è nessuno che lo possa uguagliare, nessuno che possa paragonarsi a lui. "Sono meglio di Napoleone", dice spesso, "Nessuno ha fatto meglio di me, passerò alla Storia": se lo avesse affermato un cristaino qualunque, un povero cristo di metalmeccanico, avrebbe sentito le sirene avvicinarsi, ma non quelle di fine turno, bensì dell'ambulanza...
Siamo ostaggi di quest'essere insulso? Possibile che non si possa ribellare? George Orwell aveva ragione...il Piccolo Fratello è tra noi e controlla il nostro pensiero..."perchè se tutto è assurdo, allora tutto è possibile". E questo è diventato il paese in cui tutto, a chi ha denaro e potere, è possibile...ma resistere è doveroso, lo dobbiamo a chi ha scritto le pagine più gloriose di questo paese, a chi ha versato il sangue per partorire una costituzione che è ancora, purtroppo solo sulla carta, una delle più avanzate del mondo; e lo dobbiamo a chi verrà dopo, perchè questi anni dovranno essere solo un incubo, da cui un giorno ci risveglieremo. Orecchie sempre aperte, mi raccomando.

Le prostitute in rivolta:

"C'è molta confusione in giro sulla prostituzione".
"Scambiano lucciole per Carfagne".

Giustizia in Riformatorio:

"Bossi dice che il Presidente della Repubblica ha ragione sulla Giustizia".
"E' la prima volta che il Senatùr dà ragione ad un Napolitano".

sabato 13 dicembre 2008

Brunetta a Napoli:

"E allora?"
"Dice che mancava un pastore sul presepe di Bassolino".

L'Urlo della Iervolino:

"La Iervolino dice che farà sentire la sua voce".
"Era quello che temevo".

venerdì 12 dicembre 2008

Leggere: perchè no?

Cos’è la cazzimma? Ve lo siete mai chiesto? Quale la natura di un’essenza, tutta partenopea, che com’erba gatta frizzantina, come edera tignosa ed urticante, al suo solo sfiorar la cute del gaglioffo di turno, ne rende rubizzo il colore, pruriginoso il tocco? Prova a tratteggiarne i contorni, definendone le sfumature, la penna verace di Pino Imperatore, giornalista e scrittore, nel suo De vulgari cazzimma, per le Edizioni Cento Autori: il volumetto è un agile trattatello “semicomico” sulla genesi e sull’epistemologia di quel sentimento miscellaneo e composito, mosto fruttato ad alta concentrazione zuccherina di malizia, perfidia, cinismo ed astuzia, comunemente noto ai figli di Pulcinella (per non dir peggio) con il popolare epiteto di cazzimma, appunto. La cazzimma assurge ad invereconda filosofia di vita, diviene un moto versatile dell’animo, l’essenza stessa d’un popolo sovente tarantolato, giusto epigono del guitto d’Acerra, diavolo benigno dalla nasca priapesca. Pare quasi che all’ombra del “Vesevo” i bimbi nascano già svezzati, e con un piccolo “curniciello” del diavolo da suggere a mo’ di ciuccio! La natura ambigua, a volte venefica, di questo farmakos “neapolitano” frutto di secolari alchimie, viene passata al setaccio dall’occhio “drammaticamente comico” dell’autore, che col “cuppulone” puntuto ben calcato sul capo, mescola attento la ribollente mistura, aggiungendo al sapido intruglio, un pizzico di amara ironia e salace disincanto. Ottima pietanza per il desco inghirlandato d’un Natale in allegria. E dopo un cenone barocco foriero di ventri satolli e sguardi sonnacchiosi, quale miglior diversivo (e digestivo) che lo sgran(occhi)are un rosario di racconti scoppiettanti e “pazzerelli” come caldarroste danzanti al calor delle braci? Basta leggere le Storie Brillanti di Eroi Scadenti, sempre per le Edizioni Cento Autori: “helzapoppin” delirante e grottesco, decisamente spiazzante, per la regia estrosa e un po’ folle di un genietto dal talento tutto partenopeo (ma si sa come genio e follia spesso si tocchino) che risponde al nome di Francesco di Domenico.Un serraglio di bestie dannatamente umane, e di uomini tremendamente bestiali, in cui il non-sense, il calembour, la fa da padrone, come un Re Giorgio malato immaginario a cui lo scettro sia sfuggito di mano, sovrano più tocco del suo stesso giullare, perso in una giungla urbana di beoti che s’azzuffano per una “quisquilia”o per una “pinzillacchera”. Perché se “ogni limite ha una pazienza” quando “signori si nasce”, si dovrà pur morir dal ridere, no? Perché se una risata ci seppellirà, allora vanga subito.

La Trans-appenninica:

Dopo la sua vittoria all'Isola dei Famosi, Luxuria dichiara:
"Adesso proverò col Giro d'Italia, la maglia rosa è un bel colore...e poi s'intona col mio perizoma a pois".

Opposizione legata:

"Berlusconi dice che Veltroni è ostaggio di Di Pietro e CIGL".
"D'Alema non ha mai chiesto il riscatto".

giovedì 11 dicembre 2008

Bassolino mogio e grigio:

"Bassolino dice gli insulti sono come pioggia, gli scivolano addosso".
"Ecco perchè gli sono scoloriti i capelli".

Pensierino estemporaneo:

Piove che dio la manda, ma sarebbe meglio che qualcuna me la desse".

Il Cavalierè stonatò:

Berlusconi perplesso su Air France: " Non so se la Cai venderà ai Francesi, loro non hanno mai apprezzato le mie canzoni".

C'è grossa crisi: anche le auto piangono

"Obama dice che lo Stato sarà alla guida dell'auto"
"E in Italia?"
"Il premier non arriva ai pedali".

mercoledì 10 dicembre 2008

Censurato il film sui cowboy gay:

Offesa Vladimir Luxuria: "Non solo hanno censurato il momento del bacio, ma pure la scena in cui i due scambiavano lo smalto".

Magistratura a nudo:

Il Procuratore generale di Catanzaro conferma: "Non solo ci hanno fatto spogliare, ma ce l' hanno fatto fare sulle note di "You can leave you heat on"

Berluscaz e la giustizia:

"L'opposizione dice che Berlusconi vuole mettere le mani sulla Giustizia".
"Beh, almeno sono Mani Pulite".

lunedì 8 dicembre 2008

Parole Sante

Berlusconi:"Il mio è un Governo che non fa chiacchiere".
" Come diceva Bettino: Fotti, non parole".

L'Iva Funesta del Cavalier Silvio:

" Dice Berlusconi che non vuole far la guerra a SKY".
"In Mediaset stat virtus".

domenica 7 dicembre 2008

Il Vaticano ed il sesso:

"Il Papa è sempre contario ai preservativi".
"Lui preferisce il metodo Ogino-Knauss".

Il Tappo in cattedra:

"Berlusconi adesso da lezioni di moralità".
"Deve aver imparato da Craxi".

Berlusconi e la questione morale:

"Berlusconi dice che a Sinistra si è aperta la questione morale".
"E nel PDL?".
"L'hanno chiusa in fondo a Destra"

Giustizia nel caos:

"I Pm calabresi spogliati dai carabinieri".
"Ora la Giustizia è davvero in mutande".

Il Racconto Neapolitano del Mese: parte II

Non aveva dormito un granchè.
Si girava e rigirava sul vecchio divano smollato, cercando una pace che aveva perso oramai da troppo tempo. Come fare per uscire da quello stallo? In certi momenti, quando l’ impresa sembra troppo ardua per un uomo solo, si rischia la paralisi. Ma Gennaro si ripeteva che se era stato capace di sopravvivere in galera, quello che lo attendeva sarebbe al confronto apparso come una passeggiata in aperta campagna. Era stato all’ inferno, o almeno nel luogo sulla terra che più gli si avvicinava, e ne era uscito ancora vivo e più o meno sano di mente, anche se a volte ne dubitava, visto che si stava buttando in una situazione al limite del parossismo. Tornare ancora una volta in uno studio televisivo, ma questa volta dalla porta di servizio lo stizziva fortemente: non che fosse un gigante dello schermo ma nel suo piccolo si sentiva uno che era arrivato. E adesso doveva strisciare come un sorcio lungo i muri. Gettò uno sguardo attorno alle mura umide del salotto di Giusy. Pensando ai roditori, quello sarebbe stato il posto ideale per ospitare un’ allegra famigliola di “rattus rattus” o di “rattus norvegicus”, insomma di zoccole. Adesso il piccolo salotto si stava rischiarando, dalla finestra filtravano i primi raggi del giorno, timidi.
Inutile far finta di dormire, aveva la netta sensazione di aver dormito sul cemento armato: inoltre una maledetta molla di quella brandina spacciata per divano gli si era conficcata nei reni, rendendogli il riposo simile a quello di nostro Signore sulla croce. Si alzò, stiracchiandosi come un gatto randagio ed andò nel bagno rinfrescarsi il viso.
Guardandosi allo specchio vide un uomo sfatto e smunto, con la barba di una settimana prima che tentava mollemente di sorridergli, se non altro perché con la faccia appesa da depresso era ancora più brutto a vedersi. Sembrava uno di quei cani tutti rughe, stanchi del vagare incerto, infiacchiti dall’ indifferenza e dalla solitudine: una di quelle povere bestie abbandonate sull’ uscio delle case, un mastino napoletano troppo provato per emettere ancora un latrato. Ma un ultimo morso Gennaro Pellecchia l’ avrebbe dato, gliel’ avrebbe fatta vedere a tutti.
- Che c’ è, non riesci a dormire?
La voce della donna riecheggiò nel silenzio del piccolo appartamento, ancora impastata di sonno e valeriana.
- No…e che forse saranno stati quegli spaghetti chiapparelli e aulive…erano un po’
pesanti…si so’ bloccati a metà strada: non salgono e non scendono.
- Già, proprio come le lacrime che ti bagnano gli occhi, eh Gennà?
- Ma quali lacrime, chell’ è ‘o sapone che mi ha irritato…mi stavo lavando la faccia, poi sei arrivata tu…ma un asciugamano si può avere?
- Usa il mio, sai quante lacrime ha già asciugato.Tieni. Comunque non c’ è bisogno di fingere: pure a me vuoi raccontare bugie? Pensavo che di me ti fidassi, visto che devo pure aiutarti con questa sceneggiata.
- No, ma che dici - la voce di lui era quasi un sussurro tra le mattonelle celesti - perché ti dovrei raccontare una fesseria? Se ci riusciamo, abbiamo solo da guadagnarci: io ricomincio a leggere il futuro, anzi ad avere un futuro e tu non sarai più costretta a stare con quel puttaniere…tanto quello ‘a mugliera s’a tene stretta.
Giusy si passò una mano tra la folta chioma.
- Mannaggia ‘a ricrescita! Sta tintura fa schifo, l’ ho fatta manco due settimane fa e guarda ccà: so diventata bicolore! Vabbuò dopo l’ apparo con lo Schultz. Comunque Gennaro, con me non hai bisogno di trattenerti, immagino quello che hai passato, che stai passando in questi momenti: non sarò ‘sto genio ma non sono neanche così scema: e poi non ci vuole la laurea, so’ ‘na femmena…e le donne un po’ di sensibilità ce l’ hanno, sarà che in ognuna di noi c’ è una madre che tenta di uscire fuori. O pensi che serviamo solo a farci toccare il sedere e ad attirare i fischi dei pervertiti per strada?
- Immagino che tu abbia ragione, in fondo è risaputo che siamo noi adesso il sesso debole.
L’ uomo l’ abbracciò stretta, la testa appoggiata al seno florido e materno, e restò così per un attimo che sembrò infinito…e che fu interrotto da un rutto secco e deciso.
- Ehm, scusami cara, sono stati i chiapparelli: mi sa che sono scesi, finalmente.
Dopo una frugale quanto corroborante colazione - per nulla al mondo avrebbe rinunciato al suo “zuppone” mattutino - Gennaro si mise all’ opera: seduto come un novello commediografo al tavolo della angusta cucina di Giusy, stese il suo copione in bella grafia. Pur non avendo mai guardato al teatro per guadagnarsi la pagnotta, sentiva di possedere le doti giuste per imbastire uno spettacolo degno di tal nome.
- Ah, Giusy questo Santagata ce lo infinocchiamo alla grande, me lo sento. E poi con le domande che ti ho scritto io sembrerai una vera giornalista.
- Gennà, mi era parso di capire che non fosse così importante il contenuto, a sto tipo piace più la forma, no? - aggiunse la donna toccandosi il seno - E poi cosa vuoi che se ne importi di quello che gli dico? Al giorno d’ oggi basta sbattere la telecamera in faccia ad uno e quello è pronto a dirti qualunque cosa, s’ inventerebbero di tutto pur di stare in televisione, e tu sei un maestro in materia, no?
- Spiritosa. Comunque è vero, saremmo pronti a fare di tutto per vedere il nostro faccione in onda. Davanti alle telecamere…ah, ma dove la recuperiamo una telecamera, ci serve lo specchietto per le allodole, sennò questo manco ci degnerà di uno sguardo.
- Mi pare di avere qualcosa di là, è una vecchia Sony…ora la prendo.
- E questa dovrebbe essere una telecamera? – fece lui dopo aver posato lo sguardo su di una carcassa scura tenuta insieme da mezzo metro di nastro per imballaggi – Magari è meglio che l’ intervista gliela fai a mano, scrivi sul taccuino come si usava una volta…con sta cosa dove ci presentiamo? Ma almeno funziona o è cartone pressato?
- Mah, dovrebbe. Mi sa che sono passati almeno dieci anni da quando è stata usata l’ ultima volta. Era di uno con cui uscivo, ci abbiamo fatto le vacanze a Terracina, mi pare.
- Eh, sai che bellezza: fammi indovinare, tu e lui che vi abbracciate romanticamente sulla spiaggia al tramonto, poi la passione cresce, a lui cresce qualche altra cosa, e in quattro e quattr’ otto vi ritrovate seminudi a pomiciare nell’ acqua, mentre lui tutto euforico mette il piede su una tracina. Deve essere stato un quadretto commovente…
- Stronzo. Riesci sempre a demistificare tutto. Ma la vuoi o no? Se non ti serve non fa niente, anzi ora che ci penso magari è meglio che questa pantomima te la reciti da solo. Non cambierai mai, sempre a prendere per il culo gli altri, sempre a crederti migliore di tutti, come se tu fossi l’ unico a possedere un simulacro di verità. Bè, la vuoi sapere la verità? Non sei l’ unico a soffrire e a piangere, su questo pianeta: non è proprio il caso di innalzarti su quel piedistallo di vanagloria che hai messo su, il tuo teatrino non interessa proprio a nessuno, se vuoi saperlo. Sei anche tu uno sputo impastato col fango, Gennaro, come tutti noi.
La reazione di lei l’ aveva stupito: non aveva mai visto la sua ex amante sotto quell’ aspetto, non ci aveva mai lontanamente pensato al fatto che potesse avere un’ identità, una personalità più definita e complessa di quanto non ricordasse. Cercò la frase giusta da dire ma si rese conto che non era mai stato bravo a scusarsi. Non gli riusciva facile fare marcia indietro.
- Giusy, io…hai ragione tu, sono uno stronzo
- .Già ho ragione io, come se fosse così difficile avere ragione con te: la tua vita fa schifo, Gennà, sicuramente più schifo della mia: io almeno la galera non l’ ho mai conosciuta.
- No, senti, Giusy non volevo trascendere e neanche voglio aprire una bella guerra tra noi due. In questo momento ho veramente bisogno del tuo aiuto, non saprei lontanamente come fare da solo…diamoci una mano a vicenda.
- Va bene, ma lo faccio solo perché magari ci esce qualcosa anche per me – rispose infastidita la donna. Poi si fermò e lo guardò: l’ ultima frase doveva averlo colpito, l’ uomo aveva accusato il colpo e se ne stava appoggiato al muro col capo ciondolante.
- Gennaro, io non intendevo offenderti, diciamo che mi sono fatta prendere la mano, scusami.
- No, hai ragione, sono io a doverti chiedere scusa. Non ci vediamo da anni, sono stato in carcere come un delinquente qualsiasi e all’ improvviso ripiombo nella tua vita come un ciclone inatteso: hai tutto il diritto di incazzarti come una iena, non mi devi niente in fondo.
- Non è questo il discorso, non c’è bisogno che ti scusi e poi io ho un talento tutto particolare a cercarmi gli uomini sbagliati, deve essere una cosa genetica: pure mia madre si innamorò di un musicista mezzo suonato che dopo aver fatto il guaio, l’ha lasciata da sola a crescere questo capolavoro di figlia.
- Hai detto bene, sei proprio un capolavoro di femmina, sono fortunato a poter contare su di te. Adesso vieni in cucina che ti preparo il caffè migliore che tu abbia mai assaggiato, e magari ti spiego due cose che ho in mente per fregare sto stronzo di Santagata – detto questo, prese la bionda sottobraccio e finalmente uscirono dal cesso.
Qualche ora dopo, la coppia di ex amanti se ne stava nella Marbella della donna, parcheggiata in divieto di sosta davanti agli studi della “PTN Canal Plus”.
- Ma quanto tempo dobbiamo stare qua davanti? Che palle, sarà almeno un’ ora che stiamo piantati come due poliziotti aspettando questo tizio. Ma almeno esiste o te lo sei inventato di sana pianta?
- E già, non avevo niente di meglio da fare che inventarmi un Santagata qualunque, come se non avessi un cavolo a cui pensare, eh Giusy? Te l’ ho detto, ho un amico che me lo ha fatto agganciare, ha detto che Santagata viene agli studi almeno un due volte alla settimana, il mercoledì e il venerdì…oggi che giorno è?
- Mercoledì.
- Ecco, appunto. Allora basterà avere solo un poco di pazienza e questo ce lo ritroviamo in braccio come ad un criaturo perso dalla cicogna, abbi fede.
- Fede è la parola giusta, Gennaro, ma qua ci vorrebbe un miracolo per venire a capo della matassa in cui ci stiamo cacciando, e poi…
- Sssh – Gennaro le mise una mano sulla bocca rosso porpora – E’ lui. Beh, almeno secondo la descrizione che mi ha fatto Tonino. Su andiamo, e mi raccomando, mantieni la calma, ok?
- Speriamo bene…
Giuseppe Santagata era fermo davanti all’ ingresso del network, stava chiacchierando del più e del meno con il portiere, quando due figure gli si fecero incontro: Giusy notò con piacere che era un bell’ uomo sulla quarantina, con ancora tutti i capelli in testa. Sotto lo spolverino grigio si intravedeva un completo nero, impeccabile su un fisico ancora atletico, da assiduo sportivo .
- Il signor Santagata?
I due gli erano vicini, adesso. Santagata si voltò, sorpreso dalla domanda inattesa e dopo un primo attimo di smarrimento sorrise ai due - Si, sono io. Che volete?
Giusy rispose al bianchissimo sorriso dell’ uomo in spolverino grigio, e con nonchalance si sbottonò il giubbino di pelle nera, lasciando intravedere il grosso seno che premeva da sotto. A Santagata l’ operazione non sfuggì di certo, e con un’ occhiata fintamente distratta le fece un’ accurata mammografia, allargando di riflesso il suo pur ampio sorriso.
L’uomo accanto alla bionda intanto lo stava osservando, riuscendo a stento a trattenere un moto di repulsione per quel bellimbusto impettito e con i denti da squalo che gli stava a davanti. “Uno così meglio averlo sempre davanti” pensava Gennaro, mentre l’ altro, quasi l’ avesse sentito, arricciò gli occhi per inquadrarlo meglio controsole, mantenendo sempre quel sorriso accogliente e freddo come la lama di un coltello piantata dietro la schiena.
- Salve, signor Santagata. Sono Giusy Del Buono, lavoro per Antenna Libera Napoli,
vorremmo farle un’ intervista, abbiamo saputo che i suoi programmi alla PTN stanno riscuotendo un grande ascolto di pubblico, specialmente quello nuovo, “Amicamaga”, sembra battere parecchi records, le altre tivù stano soffrendo la vostra concorrenza mediatica, anzi si può dire proprio che state facendo mangiare la polvere a tutti. Vorremmo perciò avere il piacere di intervistarla…sia detto confidenzialmente, vorrei avere la possibilità di fare il pezzo prima di altri, in questo mondo ne coviamodi serpi in seno.
- Già, dice proprio bene, le serpi in seno – e dicendo questo Santagata non potette trattenersi dal lanciare un’ altra occhiata alle forme della donna – sono numerose e letali, ma scommetto che lei con la sua bellezza i serpenti li riesce ad ammaliare ed incantare con facilità, non è vero?
- Grazie, lei è troppo buono. Ma allora le possiamo rubare qualche minuto per farle delle domande?
“Ma guarda questo stronzo – pensava intanto Gennaro – non la conosce manco da un minuto e già fa il marpione…che tristezza. Cazzo e Giusy gli sta pure dietro…non c’ è più speranza per nessuno a questo mondo: almeno la cosa sembra procedere però, e sembra anche divertente. A questo qua fagli vedere due tette e ti confessa qualunque nefandezza abbia compiuto in vita sua, pure quelle che ha solo immaginato”.
- Questo è il mio operatore, il signor Giovanni Napoletano – stava intanto dicendo Giusy – girerà giusto qualche immagine degli studi di registrazione, sa qualche ripresa per rendere meglio l’ intervista, così il servizio sarà completo.
- Spero che voglia riprendere anche me! Devo confessare che pur gestendo una televisione, sono poche le occasioni in cui riesco ad apparire. Cosa vuole farci, anche gli uomini sono dei narcisi, non è soltanto una prerogativa di voi donne quella di voler essere al centro dell’ammirazione altrui…lei mi capisce vero?.
- Oh, ma lei è anche un bell’ uomo – fece civettuola la bionda – sicuramente sarà un tipo molto fotogenico, sono sicura che in televisione verrà molto bene.
- Oh, adesso lei esagera, diciamo che faccio il possibile per mantenermi in forma, alla mia età bisogna controllarsi di più, bisogna stare attenti al cibo. Il colesterolo ad esempio…
- Dottoressa, scusate l’interruzione – s’ intromise Gennaro, spazientito da quel salamelecco che non finiva più – ma volevo ricordarle che dopo avremmo da girare quel servizio sulle discariche abusive, la monnezza non aspetta, come si dice…
- Grazie, Giovanni – rispose la finta giornalista, che a quanto pareva si stava divertendo come una matta in quel teatrino fin troppo surreale – Allora, che ne dice di continuare la nostra piacevole conversazione dentro il suo ufficio?
- Ma certo, certo. Prego, seguitemi. Del resto come potrei negare questo piacere ad una così bella e gentile giornalista? - aggiunse Santagata, porgendo il braccio alla donna ed avviandosi così verso gli interni degli studi, mentre il finto cameraman, sorridendo sornione, chiudeva il gruppetto, abbracciato alla sua ancor più fasulla telecamera.
I tanto millantati “studi”, erano in realtà composti da due stanzoni, un corridoio e uno sgabuzzino, ingombri di attrezzature sceniche, luci, trucchi e quant’ altro potesse servire ad organizzare una recita parrocchiale di seconda mano. Insomma la prima impressione non era esattamente esaltante, ma quell’ odore di gomma, disinfettante da due soldi e linoleum consumato aveva riportato il nostro Pellecchia indietro negli anni: si sentiva di nuovo a casa, quel caos disadorno aveva un profumo familiare.
- Come potete vedere siamo in piena attività, si lavora freneticamente e non abbiamo ancora avuto il tempo di sistemare le attrezzature, ma il lavoro ha anche i suoi vantaggi, e quindi qualche inconveniente è scusabile - Lo studio, seppur ingombro di attrezzature, era desolatamente vuoto quanto a presenza umana.
- Ehm, i tecnici sono sicuramente in pausa…comunque venite, accomodiamoci nel mio ufficio…adesso chiamo la signora Adele, la mia assistente personale, e ci facciamo portare un bel caffè. Modestamente Adelina, come la chiamo confidenzialmente, fa un caffè capace di fare resuscitare i morti, vedrete. Oh, lupus in fabula: Adelina cara, sia così gentile, ci porti tre tazze di quel suo caffè miracoloso, ho da fare un intervista con questi squisiti giornalisti.
La suddetta Adelina, diciamo la verità, deluse le aspettative dei due o almeno quelle di Gennaro, che già si figurava una sventolona di due metri in minigonna e tacchi alti, e che invece si trovò davanti una vecchia sdentata, rinsecchita come una prugna ed alta all’ incirca un metro e quaranta, e che spalancati gli occhi grinzosi sui due ospiti gracchiò:
- Aggio fatto ‘o cafè, ma vuie ‘o sapite, ’a machinetta è scassata, e ’o cafè è asciut’ afore tutto quanta…l’ aggia fa n’ ata vota? No, pecchè chella po’ ‘o cafè se po’ ‘ncarzapellà…’nce vò ll’arte pe fa ‘o cafè comme dice Dommeneddio.
Santagata, infastidito da quella voce graffiata, da vecchio grammofono senza puntina, si aggiustò un ciuffo ribelle e per darsi un tono agli occhi dei suoi ospiti aggiunse un secco:
- Si.. E’ pagata anche per questo. E adesso ci lasci pure che dobbiamo parlare di lavoro.
La vecchia, che non era abituata a quel tono deciso, si azzittì di colpo. Poi, come una molla carica, scattò improvvisamente, sibilando improperi oscuri e figli della antica, e fin troppo pragmatica, cultura popolare napoletana.
- Ma pecchè isso fatica? Se và ‘mbruscenanno vicino ‘e femmene tutt’ ‘o juorno, ha regnuto ‘e corna ‘a mugliera! Cos’ ‘e pazze…e me vene a dicere che sta faticanno, stu malamente…
Detto questo, la megera si girò, avviandosi lentamente per il corridoio, continuando la sua sommessa nenia, ed esclamando di tanto in tanto una sola parola – ‘o cafè! – quasi fosse una parola magica, atta ad evocare uno spirito o un lemure dal mondo dei trapassati.
Santagata dopo l’ attimo di forzato imbarazzo, aveva ripreso il controllo, e nuovamente sicuro di se, aprì la porta del suo studio, invitando i due ad accomodarsi.
- Scusate. E’ vecchia, dovete capire i disagi che l’ età comporta. La tengo con me da anni, è tanto brava anche se a volte risulta un tantino scontrosa. Ma poi si fa perdonare con il suo famoso caffè…vedrete che rarità. Intanto accomodiamoci pure.
- Donna tenace, vedo. E meno male che adesso è vecchia, da giovane sarà stata una virago, povero marito suo. Capisco l’ età, ma io una museruola gliela metterei, non si sa mai – aggiunse Gennaro.
- Su Gen…Giovanni, signor Napoletano, non esageriamo, la signora avrà avuto la luna storta oggi, scommetto che normalmente è una persona adorabile - gli fece eco Giusy.
- Beh, mi spiace mia cara ma perderebbe: Adelina ha sempre la luna storta, si può dire che lei la luna non la vede mai, siamo sempre in piena eclissi. Comunque quando uno si affeziona, si frega con le sua stesse mani del resto. Detto tra noi la tengo perché è fedele e si accontenta di poco…
- Ma che è, un cane pastore?
- Ah, ah, quasi. Solo che un cane abbaierebbe di meno, credetemi. Ma non voglio farvi perdere altro tempo: allora da dove vogliamo cominciare? Domandatemi tutto, sarò lieto di esaurire le sue curiosità, signorina Del Buono. In fondo la cosa, anche se dall’ esterno può sembrare alquanto esaltante, in realtà possiede le stesse attrattive che si celano dietro l’ amministrazione di un’ azienda qualunque: si tratta solo di far quadrare i conti, prevedendo le perdite e sperando in un’ abbondante dose di…fortuna per quel che riguarda i guadagni. Comunque siamo una piccola emittente locale ma siamo agguerriti, su questo non ci piove.
I due attori di quella scalcagnata messa in scena si guardarono negli occhi: ad un cenno d’ assenso di Gennaro, la bionda si spogliò del giubbotto, lasciando definitivamente scoperte le sue grazie, cosa che Santagata non mancò di apprezzare, lanciando occhiate furtive ed umettandosi le labbra continuamente, come se l’ ambiente fosse divenuto secco improvvisamente.
- Mi chiedevo com’ è nata l’ idea del programma “Amicamaga” , visto che è quello che vi sta dando più garanzie di introiti pubblicitari. Da quel che so gli ascolti stanno assumendo una certa dimensione numerica, è vero? E’ stato facile trovare uno sponsor…e quale è il nome della maga?
Santagata non si era concentrato molto sulle semplici domande di Giusy, visto che le mani sudaticce e lo sguardo allupato dell’ uomo tradivano che il suo cervello in quel momento era impegnato nella regia di un filmaccio pornosoft che aveva come attori protagonisti lui e la giunonica giornalista.
- Ehm…le sue seno, sono… sono domande interessanti. Dunque iniziamo dagli sponsor, da chi ha creduto nel progetto fino dall’inizio, appoggiandoci economicamente con capitali ingenti e credendo nella bontà del prodotto. Le sponsorizzazioni ci sono state fornite dalla nota azienda “Pane, salame e mozzarella” dei fratelli Mezzacapa, ditta seria e stimata nel mondo degli insaccati bovini, suini ad affini. Ma devo poi ricordare anche la società a conduzione familiare “Carrozzerie Cascella”, esempio fulgido di imprenditoria napoletana, con valori saldamente radicati nel territorio e nelle saldature proprio, perché di questo si occupano. E poi come non ricordare il lato prettamente artistico: abbiamo un gruppo di autori che molte emittenti ci invidiano, e la nostra prima donna è la “Signora”, e mai termine fu più esatto, Francesca Bufalini, grande gloria del teatro di prosa napoletano, che vanta collaborazioni con i più importanti registi ed impresari di Napoli e provincia, un curriculum pazzesco, direi quasi leggendario. Insomma non ci siamo fatti mancare niente come potete vedere.
- Si, si, siamo davvero colpiti…mi pareva un volto conosciuto, già. Quindi sono questi gli ingredienti per un programma di successo?
- Vede il successo è un miscuglio indefinito, forse indefinibile che ognuno crede di poter…
Mentre l’ uomo continuava a sparare cazzate, più interessato alla donna che alla giornalista, Gennaro cominciò a guardarsi attorno: era venuto il momento di alzare il sedere dalla sedia e di darsi da fare per realizzare il piano. E poi un minuto in più e avrebbe mollato un pugno in pieno viso a quel mandrillo di Santagata , un fesso così non lo incontrava da tempo immemore, da almeno…da almeno due anni: anni che però lo avevano cambiato, almeno in parte. Vergognandosi di essersi riconosciuto nell’ uomo che gli sedeva di fronte, si alzò, interrompendo quel fiume di frottole in piena.
- Scusate un attimo. Signor Santagata, la telecamera è in pausa: io devo assentarmi un
momento, la natura mi chiama: gentilmente il bagno dove sta?
- Si, guardi signor Napoletano, è facile: esce di qua, alla sua destra c’ è il corridoio di poco fa, non la prima, la seconda porta, c’ è scritto: quello è il cesso. Oh, mi scusi, cara, volevo dire la toilette, io ci tengo al decoro.
- Oh, ma si figuri, noi ragazze di oggi non ci scandalizziamo mica: il cesso è il cesso,
no? Ma che caldo qui, non trova?
- Eh si, le giornate novembrine sono imprevedibili. Ora che mi ci fa pensare, meglio che mi tolga la giacca, non vorrei patire uno sbalzo di temperatura…
- Ma lei è così atletico, a lei il raffreddore ci fa un baffo! - chiosò maliziosa, Giusy.
Trattenendo a stento una risata, Gennaro richiuse la porta alle spalle dei due. Bisognava ammetterlo, la ragazza ci sapeva fare e poi le “fisique du roule” non le mancava, e lui poteva confermarlo. Il pesce aveva abboccato, e l’ amica avrebbe solo dovuto tirarlo su col mulinello.
Non ci poteva credere: finalmente dopo tutto quel tempo e le angustie subite avrebbe potuto metter le mani sul suo tesoro in polvere: dopo tutto quel guazzabuglio di guai che gli era toccato vivere, si sentiva nuovamente vicino alla meta, alla soluzione dei suoi problemi, almeno quelli di natura economica.
Presa la roba se la sarebbe svignata, peccato per Giusy, ma non era il caso di dirle la verità: ingannare l’amica gli appariva come una carognata ma date le circostanze non avrebbe mai potuto confessarle che la loro era una missione di recupero coca ad alto rischio, con scarse possibilità di riuscita ed alte probabilità di galera. E poi la ragazza poteva sempre diventare l’ amante di Santagata…mollava il dentista e si prendeva quest’ altro fesso, così magari la trasformava in soubrette
Questi erano i pensieri che occupavano la mente dell’ uomo mentre ripercorreva il corridoio in cerca di una traccia che potesse istradarlo, un segugio attento e col naso all’ingiù che segue una pista immaginaria, sperando sia quella giusta. La tensione stava montando veloce, sperava di non esser sorpreso nella sua cauta ricerca, perchè non sarebbe stato facile spiegare il motivo di quella esplorazione: male che andasse si sarebbe buttato in qualche stanzino fingendo di cercare il bagno per davvero. Ma proprio nel momento in cui stava per ricostruire il percorso, rifacendolo pedissequamente a ritroso, gli si parò davanti la vecchia Adelina che lo fissava severa, gli occhi grigi che lo puntavano come due mirini laser nella penombra del lungo corridoio. Si era materializzata all’improvviso in tutto il suo splendore rachitico e Gennaro, assorto nel suo peregrinare, non l’aveva neanche sentita arrivare, con quel passo lento e strascicato delle vecchie di una volta.
- Né, ma che state facenno? ‘O cafè nun ‘o vulite cchiù? Io l’ aggio rifatta ‘a machinetta…apposta pe’ vuie! Nun facite ‘o scustumato ca si no fernesce male…
E in effetti a ben vedere il piccolo animaletto stringeva tra le zampette ossute un vassoio con tre tazze di una brodaglia nera e fumante, forse allungata con acqua vista la quantità industriale di caffè che le tazze parevano contenere.
Gennaro superato l’imbarazzo iniziale si ricompose con disinvoltura.
- Grazie signora, vedo con piacere che avete fatto il caffè…eh, il dottor Santagata mi ha detto che in quelle tazze c’è l’oro di Napoli. Ma datelo pure a me che lo porto di là, Dio non voglia che vi scomodiate per noi, date, date a me…
- Giuvinò, ma che site asciute scemo? Ma che song accussì decrepita in capa a vuie? Si ‘o cafè ‘o vulite mo’ vo port’ io allà. Ma si nun ‘o vulite m’ ‘o dicite subbeto, ie so’ vecchia, ‘o jetto ‘n terra e non se ne parla cchiù!
La vecchia Adelina tutto pareva tranne che decrepita: i suoi strepiti li avevano sentiti pure all’altro mondo e la situazione stava diventando pericolosa, il piano rischiava di saltare.
- …No signora, non vi preoccupate…datemelo che me lo bevo su due piedi. Me lo bevo tutto adesso, e datemelo…
- No, mo’ lo porto di là, quello il signor Santagata lo vuole subito.
- No! No, ma perché lo dovete disturbare, quello sta parlando di lavoro, no datemelo…e datemelo! – disse l’uomo, strappandole il vassoio dalle mani ad artiglio.
- Site nu zuzzuso e pure scostumato…manco nu poco ‘e crianza, songo ‘na povera vecchia, puozze appennere ‘o cazone! – chiosò la gentile Adelina, allontanandosi lentamente così com’era apparsa, spettro silenzioso ed impalpabile.
- Ma vafanculo! Maledetta arpia, torna all’inferno… – fu la risposta dell’ uomo, che in determinate occasioni si dimostrava alquanto lapidario ed incazzoso. La megera aveva fatto un baccano che neanche a Piedigrotta e nel trambusto il nostro Gennaro s’ era ritrovato davanti al cesso. Aprì la porta ed entrò.
- Gira e rigira, pure qua dentro so’ fernuto! – ammise con una certa ironia.
Si guardò nello specchio. Era tutto sudato: si asciugò il sudore con una salvietta di carta, cercando di darsi una rinfrescata dopo l’incontro di prima. Aprì il rubinetto e svuotò il caffè nel lavandino, guardando poi il liquido bruno, che gorgogliando, scendeva nello scarico come una colata di lava scura e fumante.
Uscì dal bagno con circospezione, guardandosi cautamente attorno e sperando di non incontrare più nessuno: aveva sbagliato direzione e quella miniatura di donna gli aveva solo fatto perdere del tempo prezioso.
Sempre più nervoso, tornò indietro, ripassando davanti allo studiolo di Santagata e si mise per un attimo ad origliare alla porta: dall’altra parte le cose dovevano procedere piuttosto bene, visto che si sentivano dei sospiri inequivocabili accompagnati da un campionario di gridolini soffocati degni della miglior paccottiglia godereccia . Giusy aveva preso la cosa molto sul serio e si stava impegnando con tutte le sue forze per aiutare l’amico, anzi era andata decisamente aldilà del compito che le spettava, ma la cosa era tutta a suo favore, adesso aveva tutto il tempo del mondo per ritrovare la benedetta palla. E poi Santagata di lui s’era ormai completamente dimenticato, perso com’era tra le forme della donna: il gallo avrebbe avuto di che vantarsi con gli amici al bar almeno per un bel po’.
Ripercorrendo il corridoio in senso inverso si ritrovò in un ampio stanzone, tutto ingombro di attrezzi di scena, cavi elettrici e luci spente: c’erano due tipi che sistemavano dei cavi, meglio non dare troppo nell’ occhio.
Avanzò spedito fino ad una porta che dava s’una stanza più piccola, sulla targhetta c’ era scritto “sala trucco”: era buio dentro, a tentoni cercò l’ interruttore.
- Click -
Ed ecco che davanti ai suoi occhi, messi in bella evidenza come in una fiera campionaria, c’erano quelle che ad un primo sguardo riconobbe subito come le sue cose , il tavolino rotondo, la scenografia con le stelle posticce, i suoi mantelli sgargianti posati sulle grucce, il turbante azzurrino da re magio ed infine la sua palla di cristallo. Era poggiata in un angolo, tutta impolverata, ma era ancora intatta nella sua rotondità opaca.
Raccolse se la sfera da terra, le mani tremanti, il cuore che gli pulsava nelle tempie: e se la coca non c’era più? E se la polizia l’ aveva ritrovata? E se Santagata se l’ era pippata tutta lui?
Forzò il fondo della sfera e ci infilò la mano dentro, trattenendo a stento la sua ansia: la mano sfiorò qualcosa, la busta era ancora al suo posto, la droga c’era ancora. Le sue preghiere avevano trovato orecchio, il dio dei pusher aveva fatto il miracolo.
- Sono un genio, sono un genio…ah, ah,ah!
Saltava e ballava ebbro di felicità, quando una voce roca interruppe la sua danza maori.
- E voi chi siete? Che ci fate nel mio camerino?
Gennaro si girò di scatto verso quel grugnito, proveniente da un donnone scuro che, pesantemente truccato, lo guardava con aria interrogativa, nonché vagamente minacciosa.
- Che ci fate qua dentro? E’ proprietà privata, dovete uscire, non potete stare nel camerino di una signora!
- Ehm…si…cioè sono uno dei tecnici, devo controllare la scenografia per la registrazione del programma, una cosa da niente, ora vado via…
- Né ma chi siete? Io non vi ho mai visto…e poi io non ho mandato nessuno a prendere niente. Ma che state facendo da tre ore co’ sta palla in mano?
La situazione era quella che era: la donna cannone era proprio l’ “Amicamaga” in carne – anche troppa – ed ossa. Gennaro cercò di sforzarsi, spremendo il suo povero cervello per ricordare il nome di quella balena. Come aveva detto Santagata? Signora “Bufalozzi”…”Bufalicchi”…Bufalini!
- Signora Bufalini, non si preoccupi, sono Giovanni, mi hanno assunto da poco, io…
- Allora, che ci fate qua dentro? No, qua la cosa mi puzza, io chiamo qualcuno, Massimooo vieni quaaa!
Il tendone da circo tutta lustrini e pailettes fece per uscire dalla stanza, quando Gennaro le afferrò il braccio nel disperato tentativo di trattenerla.
- No, aspetti, dove và? Ecco, io…mi vergogno a dirlo, ma la stavo cercando: sono un suo grande ammiratore, sa? Potrebbe mica farmi un autografo?
- Eh, e che marina! Tutto stu casino per avere un autografo? E che problema c’ è, venite qua, allora che vi devo scrivere? Dettate pure. Allora: “al mio amico…Giovanni…- che bel nome, pure mio padre si chiamava Giovanni – con affetto, Moby Dick”…?…Né ma che state dicendo, siete paz…
Non ebbe il tempo di finire la frase, dato che il “suo amico Gennaro” l’ aveva appena colpita in testa con la palla di coca: la mano gli si era incastrata dentro, trasformandogli il braccio in un maglio micidiale. La mazzata mandò la donna giù lunga per terra, k.o. al primo round, mentre la sfera era andata in frantumi spargendo vetri e scintille per tutta la stanza.
- Merda! E adesso? – esclamò il nostro.
Già, e adesso? Come avrebbe fatto a spostare quell’ammasso di carne dal peso indefinito? Cazzo, stava andando tutto bene e invece…
Gennaro era un uomo avvilito, sarebbe bastato così poco per svignarsela di lì con la droga nascosta nel giaccone, ancora un passo e la meta sarebbe stata segnata. Guardava la Bufalini svenuta – e se invece l’aveva ammazzata? – e non sapeva proprio che fare. Non la voleva tramortire, s’era fatto prendere dal panico e senza riflettere aveva colpito, come quando al luna park sparava ai peluches per vincerli alla figlia: solo che allora l’elefante rosa non lo beccava mai, neanche a pagarlo, mentre adesso l’aveva centrato in pieno e al primo colpo. Si sentiva come un bracconiere che aveva freddato l’ennesima bestia rara da aggiungere alla sua mortifera collezione..
Doveva farla sparire: ma era facile far sparire una montagna? Provò a spostarla tirandola per le braccia, con ammirevole spirito olimpico, ma era tutta fatica sprecata, sarebbe servito uno spalaneve per spostare quella valanga umana.
Stava riprovando a trascinare il corpo sul pavimento, quando bussarono alla porta.
- ‘Onna Francè, tutto bene, mi avete chiamato? Guardate che fra dieci minuti iniziamo a registrare, siete pronta?
Il mago alzò gli occhi al cielo: in momenti come questi si chiedeva se l’Onnipotente non si divertisse un po’ troppo alle sue spalle, negli ultimi tempi.
Imitando al meglio la voce della maga disse:
- Siete Massimo, eh? Attendetemi fuori, caro, mi sto dando una ritoccata al trucco, fra un momento vi raggiungo di là, voi intanto preparate tutto, ok?
- Va bene, donna Francesca. Noi siamo pronti, quando volete.
I passi si allontanarono, il pericolo era momentaneamente fugato.
Cosa fare quando sei con le spalle al muro? Quando non puoi batterli alleati a loro, o meglio fregali con l’inganno. Pensa e ripensa, l’ unica soluzione per uscire da quella situazione era un “Cavallo di Troia”: doveva camuffarsi, sostituendosi alla vera maga, e con un po’ di fortuna ed un’abbondante dose di effetti speciali avrebbe potuto recitare quella parte.
Spogliò la Del Bufalo del vestito extralarge, ma la dieta carceraria l’aveva smagrito e adesso ci ballava dentro, come un clown sfigato da circo di periferia. Si guardò attorno: in un angolo intravide dei cuscini, perfetto, proprio quello che ci voleva per ricreare una pancia posticcia. Ne prese un paio e se li legò sotto la tonaca celeste della maga: poi gli venne un’idea per nascondere la cocaina. Tolse l’imbottitura da un cuscino e ci mise dentro la busta di polvere bianca. In questo modo non avrebbe più rischiato di perdersela, l’avrebbe portata sempre con sè..
Nell’ angolo, infilata su un manichino, c’ era una parrucca riccia e scura: evidentemente la signora faceva uso di parrucche come neanche Pippo Baudo.
Ora mancava solo il tocco di classe: un trucco spesso e pesante e la rassomiglianza con la maga sarebbe stata perfetta. Mentre si truccava allo specchio cercava di arrochire la voce ancora di più: non gli risultava poi così difficile, con tutte le sigarette che aveva sempre fumato per telefono lo scambiavano per Franco Califano con la pertosse.
- Si va in scena! – Detto ciò, diede un ultimo sguardo allo specchio: sembrava Platinette ma era meglio non stare troppo a sottilizzare, visto il momento.
Scavalcò il capodoglio arenato e chiuse a chiave la porta, avviandosi nuovamente verso le luci di uno studio televisivo.
O verso la galera a vita, chissà.
La scena gli ricordava quella del suo vecchio studio di TeleFelice: il tavolino rotondo, i microfoni, le luci ed una scenografia cartonata come sfondo, con la riproduzione della Cappella Sistina. A dir poco un set da cafoni, ma oramai il trash era pane quotidiano in televisione. Per la precisione l’ immagine che aveva davanti rappresentava l’ Uomo e Dio che si tendevano l’ uno verso l’ altro, sfiorandosi con le dita. Se l’avesse vista Michelangelo si sarebbe impiccato ai ponteggi della Cappella .
Ma chissà perché, a Gennaro sembrava che il dito del Signore fosse puntato contro di lui e per un attimo si sentì gelare. Era solo autosuggestione, o almeno lo sperava.
- ‘ Onna Francè, che faccia che avete! Ma vi sentite bene?
- Si, si, forse sarà che lo studio è freddo…
- Freddo? Ma qua si schiatta dal caldo, con ‘ste luci! Secondo me c’ avete un poco di febbre alta: pure la voce mi pare più bassa…quello è ‘o virùs, prende alla gola…dopo vi do ‘na pasticca.
- Grazie, caro, non vi preoccupate: allora cominciamo?
In effetti adesso cominciava a sentire caldo: tra le luci, il vestito chilometrico ed i cuscini variamente imbottiti sulla panza, stava per accusare un colpo di calore. Per non parlare di quella maledetta parrucca tutta impolverata che gli faceva un solletico della madonna, aveva solo voglia di scappare da quella gabbia di matti.
Ricacciò indietro uno starnuto, e pregando che il trucco non si sciogliesse, si avvicinò al tavolino.
- ‘ Onna Francè – era ancora quel rimbambito – ma che avete fatto, la palla non l’avete portata oggi? Mo’ ve la vado a prendere io in camerino.
- No! – quasi gridò Gennaro nelle sue nuove vesti sgargianti – no, non vi preoccupate, questa volta ne posso fare tranquillamente a meno…non c’è mica bisogno della sfera di cristallo per esser maga, io conservo sempre i miei poteri divinatori, bastano le carte.
- Eh, se lo dite voi…va bene. Ragazzi la Signora è pronta, incominciamo la registrazione.
La finta donna nelle vesti di finta maga sedette finalmente al tavolino, con il mazzo dei tarocchi ben in vista davanti a se, e più di mezzo chilo di coca purissima legata addosso.
Si sentiva come un kamikaze imbottito e pronto ad esplodere.
- Signò, allora andiamo con la prima telefonata? Ok. Franco attacca ‘o telefono!
- Pronto “Amicamaga” ? Maga Francè, sono Antonietta, state in linea?
- Si, sono qua. Sono la Maga dell’ amicizia…pronta a leggere il futuro nelle carte – disse il Mago Genny, improvvisamente assalito da un deja vu, sentendosi nuovamente a suo agio nei panni del cialtrone di professione. Anche se truccato da donna, sotto una colata di fondotinta ed imparruccato come il Re Sole, era sempre lui, come al solito pronto a sfruttare l’ occasione giusta.
- Come ti chiami amica?
- Antonietta, ma già l’ avevo detto, chiamo da Pianura…
- Si, scusami amica Antonietta, Mago Gen…, generalmente la tua maga sta sempre attenta, ma oggi mi sento un poco debole sarà ‘o virus che gira, gira…e se fermato ccà! Dimmi tutto amica cara.
- Niente, io voglio vedere nelle carte, no? Cioè, quello Gaetano …’o nnammurato mio…tornerà da me? Quello non mi ama più come prima, è strano…non mi dice più “ti amo”, bello come prima: mo’ se gli chiedo…”né ma tu me vuò bene?” quello risponde di sì, ma a me nun me fa fessa!
- Ho capito, Antonietta da Pianura, allora vuoi chi gli faccia una fattura?
- No, pe’ carità, mica ‘o voglio fà male, no…nessuna frattura, non gli voglio fare del male, io ‘o voglio bbene…
- Ma quale frattura…la “fattura”, un filtro d’ amore per legarlo di nuovo a te.
- Eh, si, si, leghiamolo, leghiamolo!
- Manco fosse un salame, povero cristo! Adesso vedo nelle carte, il futuro sta nel buio, fonte di ogni dubbio, e solo noi maghi possiamo vederlo…ma non vi fidate di tutti quanti, quelli ci sono molti maghi che sono cattivi, non hanno il “fluido”. Adesso
vado a spaccare il mazzo di carte e vediamo che…
Ma la frase rimase sospesa nell’aria perché un grido belluino sorprese tutti, che si girarono all’unisono verso la porta, che adesso incorniciava due figure fuggite dal Tartaro o partorite da qualche incubo di Stephen King.
Era la donna cannone, accompagnata dalla fedele assistente Igor-Adelina.
- Stu scurnacchiato, mo’ t’’o spacc’ io ‘o mazzo! – fu il suo grido di battaglia non appena vide l’uomo che l’aveva accoppata ed usurpato il suo legittimo posto, seduto comodamente al tavolo rotondo con le sue carte in mano. Evidentemente era riuscita a liberarsi, o forse aveva attirato l’attenzione della fedele racchia che le stava al fianco, e che la stava sostenendo come se fosse un bastone nodoso. In mutandoni e reggiseno,come un Gargantua femmina, era entrata di corsa nello studio, in un tripudio di ciccia ballonzolante, decisamente uno spettacolo per cuori duri e rotti a tutto.
Accanto a lei Adelina, il corpo ad arco, urlava anch’ essa improperi in un ‘ antica lingua aborigena, ma così sdentata e curva su sé stessa, non si capiva niente, erano solo sibili e proiettili di saliva che cadevano come stelle filanti.
Sembravano appena scappate da un circo: la donna baffuta ed il nano ballerino, un incubo mostruoso, di quelli che da bambino ti terrorizzavano a vita.
Ma la dimensione onirica che aveva avvolto tutti gli occupanti dello studio televisivo fu presto rotta da una serie di improperi vietati ai minori all’indirizzo della donna imparruccata, che adesso si scopriva essere un falso clamoroso.
- Stu fetente! M’a rata ‘na botta ‘ncapa e s’è vestut’ ‘a femmena, stu ricchione!
- E’ isso! E’ chille d’ ‘o cafè, me pigliaie a maleparole e nun s’ ‘o vulette piglià! –intervenne l’ altra, incazzata come una faina.
- Porca puttana! – proruppe Gennaro e furono le parole più lucide che pronunciò.
Accadde tutto in un attimo. Il mago si alzò di scatto, rovesciando il tavolino addosso al povero Massimo, che colpito in pieno si abbattè al suolo, ancora più rimbambito, in un tripudio di tarocchi che volavano in aria come tanti coriandoli.
Come un rugbista privi di senno, Gennaro Pellecchia si gettò nella mischia: rifilò una gomitata alla vecchia sdentata, staccandole di netto l’ ultimo incisivo rimastole, e con una spallata decisa spinse via la chiattona mezza nuda, che rovinò rumorosamente sulla scenografia michelangiolesca.
Tra quel Botero con molta carne e poche ossa ed il Michelangelo di cartone non ci fu partita: la donna travolse il cartonato che si andò a schiantare su due poverii tecnici, che nella baraonda cercavano di capire chi doveva menare chi.
- Pronto? Pronto? Che succede? Maga, Maga Francesca? Pronto? Mi sentite…?
Ma nessuno in quel casino avrebbe mai potuto dar retta alla povera Antonietta, che affranta da tale indifferenza, mise giù il ricevitore dopo aver mandato tutti affanculo.
- Dove cazzo sta l’ uscita? – ansimava intanto il nostro, disperato come un topo in trappola e con un pezzo di formaggio che valeva qualche milione nascosto sotto la tunica luccicante. Finalmente una freccia gli indicò la via di fuga e stringendo le mani in preghiera sulla pancia posticcia, si precipitò per le scale verso la luce e la tanto sospirata libertà .
L’ appuntato Di Renzo non credeva ai suoi occhi.
Stava fermo al posto di blocco, inchiodato dallo stupore, con la paletta stretta in mano non sapendo a cosa imputare quella strana visione che gli era appena passata davanti.
Una donna.
No: a guardare meglio era un uomo, ma era vestito da donna, e correva come se avesse il pepe al culo, inseguito da una piccolo corteo indemoniato che sembrava uscito pari pari da un quadro di Francisco Goya.
- Ispettò, ma oggi è Carnevale?
Il viceispettore Tommaso Esposito, detto “Tommy Seduto”, per via di quella caratteristica tutta particolare, consistente nel dormire più ore nelll’autopattuglia che non nel letto di casa sua, non aprì neanche gli occhi.
- Di Renzo, ma sei scemo? Stiamo a novembre, come fa ad essere Carnevale?
- Ecco, appunto, ispettore. E allora mi sa che dobbiamo intervenire…ho appena visto un uomo correre via, tutto vestito di celeste, con una parrucca in testa e che veniva inseguito da una folla minacciosa…
- Ma minacciosa quanto?
- Abbastanza da scuoiarlo vivo, credo.
- …?
Il povero Gennaro stava correndo già da qualche minuto, il fiato corto e la vista mezza annebbiata. Sudava copiosamente ed il trucco da geisha si stava sciogliendo tutto, colandogli in rivoli grigiastri lungo il viso. Ma quei maledetti non cedevano e gli tenevano il passo: per alleggerirsi buttò via la parrucca e si sfilò l’ingombrante vestito, slacciandosi poi la cintura e gettando il cuscino imbottito di lana per terra. L’altro non era il caso di perderlo, era meglio tenerselo stretto, in fondo conteneva “solo” il suo futuro.
Finalmente il gruppetto stava rallentando. Sfinito ma deciso a non demordere fece l’ultimo scatto in avanti, facendo perdere le sue tracce agli inseguitori svoltando in una stradina laterale.
Ce l’ aveva quasi fatta, ancora poco e si sarebbe lasciato tutto alle spalle: d’ ora in poi solo mare, sabbia, donne belle come sirene…Già, una sirena.
Era proprio il rumore di una sirena.
E si stava avvicinando.
L’ uomo si girò: una volante della polizia lo stava inseguendo.
- Ma porca miseria! - Cercò di scappare, scartando di lato, ma non ci il tempo neanche per rifiatare: l’auto si fiondò sul marciapiede ed un solerte poliziotto lo fermò con una sportellata al basso ventre.
- Stai fermo stonzo – urlò puntandogli la pistola ad un centimetro dalla faccia – non ti muovere!
- Bella mossa, bravo Di Renzo!
- Grazie ispettò. L’ ho visto fare una volta in “Miami Vice”, non mi perdevo una puntata.
Muoversi? E come avrebbe potuto? Aveva le palle congelate dal dolore, fuori discussione qualsiasi tentativo di fuga: faceva fatica a respirare, figuriamoci ad alzarsi in posizione eretta. Gli sembrava di essere sul punto di partorire, ma con ogni probabilità si era semplicemente pisciato addosso.
Istintivamente con le mani cercava il cuscino imbottito, la sua coca sottovuoto, ma non c’ era più, le mani stringevano l’aria. Sembrava essersi volatilizzata.
- La roba…la roba…- vaneggiava l’ uomo per terra.
- Di Renzo, secondo me l’ hai colpito troppo forte, questo s’ è scimunito.
- Eh, forse ho esagerato ispettò, ma quando mi ricapitava una cosa del genere?
L’appuntato stava per ammanettarlo, quando un rumore sordo attirò l’attenzione dei due poliziotti verso la volante: sul cofano c’era quello che aveva tutta l’aria di essere un cuscino.
- Ispettò, ma è vostro ‘sto cuscino?
- Di Renzo ma secondo te io quando sono in servizio mi metto a dormire?
- Lasciamo stare ispettore…
L’appuntato fece per prendere il cuscino, quando dall’imbottitura cadde l’intera busta di droga che nonostante l’urto non aveva subito danni. Quando si dice la fortuna…
-. Ispettò, ma questa è droga! E qua ce ne sta almeno un chilo…mammamia! E qua di sicuro abbiamo preso un trafficante internazionale, saremo famosi ispettore, quelli ci premiano a tutti e due. Avanzamento di carriera per merito speciale!
- Hai ragione Di Renzo, presto ammanettiamolo che questo sarà pure ricercato…magari è colombiano. Certo che se si è combinato a questo modo, la droga deve valere un sacco di soldi…cosa non si fa per i soldi al giorno d’oggi!
Il giovane Di Renzo si abbassò verso l’uomo che pareva svenuto, cercando di sollevarlo, ma Gennaro con un gesto fulmineo ed inaspettato gli sfilò la pistola dalla fondina dove il poliziotto l’aveva momentaneamente riposta.
- Fermi stronzi, non fate cazzate che se non muovete non vi faccio niente…
- Stai calmo, non ti agitare, cerchiamo di non fare stronzate. Mica vuoi peggiorare la situazione? Su, da bravo dai la pistola al mio collega…Di Renzo adesso il signore ti da la pistola, non è vero?
- Di Renzo io al massimo ti do questo – aggiunse Gennaro, mollando un calcio sugli attributi del poliziotto – Ecco, così siamo pari…tu…come ti chiami?
- Sono l’ispettore Esposito. Ti consiglio di non…
- Zitto, panzone! Passami la busta di coca, su…non fare il coglione, che se no vi faccio un buco in più a tutti e due, magari a te fa comodo un buco in più alla cintura così non ti stringe troppo eh? Facciamo un bel gioco: voi adesso vi ammanettate a questo palo della luce, io me ne vado tranquillo con la mia roba e nessuno ci rimette niente, siamo intesi?
Il tono della sua voce era bello risoluto e non tradiva la minima emozione. Gennaro stava recitando da Dio, roba da Clint Eastwood nei suoi western preferiti: in realtà se la stava facendo letteralmente sotto e sperava vivamente che quei due Tom e Jerry in divisa blu, non facessero nessun tentativo di ribellione, visto che lui non aveva nessuna voglia di sparare. Mantenendo il sangue freddo, prese le manette dalla cintura del povero Di Renzo che con le mani si teneva ancora stretto il tesoro di famiglia: fece inginocchiare anche quella specie di Sancio Panza e fissò le manette ai polsi di entrambi, lasciandoli legati come due salamelle al palo della luce.
- Adesso vi lascio qua, così qualcuno di sicuro vi libererà. Non volevate finire sui giornali, scusate? E una bella foto di voi due attaccati come due scimmioni qualcuno la pubblicherà, diventerete famosi…”Poliziotti fregati da un ignoto”…”Guardie legate come due salami, si perdono l’arrestato e finiscono ammanettati”…sai che risate. Comunque mi fermerei volentieri a fare altre due chiacchiere ma è meglio che mi tolga di qua, in fondo non è così sicuro camminare con tutta questa cocaina in mano, potrebbe arrivare la polizia, ah, ah…
Detto questo l’uomo si allontanò di gran carriera, lasciando i due poliziotti a guardarsi negli occhi, legati letteralmente al loro destino.
- Di Renzo, come stai?
- Eh, ho ancora male ma mi sta passando…ispettò e mo’ come la spieghiamo questa figura di merda?
- Nun ce penzà, figlio mio, nun ce penzà. Senti, ce la fai ad allungarti e prendere il cuscino?
- Penso di sì, ma ormai la droga se l’è ripresa quel pazzo…a che vi serve?
- Si, lo so, ma a me fa male ‘o culo…me lo metto sotto, sto più comodo…
- Ispettò…
- Che c’è?
- Fatemi una cortesia…
- Eh, quale?
- Andate affanculo!
La strada pareva deserta, come se tutto il caos di poco prima fosse solo una “uscita di fantasia” della sua mente stanca e provata. S’era fermato un momento per riprendersi dallo shock e l’ombra allungata del suo corpo si stagliava sull’acciottolato sgombro di auto e di persone. Gennaro Pellecchia era morto e risorto, e tutto nell’arco di pochi minuti. Si sentiva quasi un miracolato, non gli sembrava vero di aver preso in mano una pistola, minacciato di morte due poliziotti ed averli ammanettati come due fessi ad un palo sulla pubblica via. Come minimo gli davano una ventina d’anni se lo beccavano, l’avrebbero lasciato in gattabuia a marcire in compagnia dei topi e di altri derelitti come lui. Scacciò il pensiero funesto come si scaccia un insetto molesto in una giornata d’estate, e provando un immenso sollievo ad averla scampata ancora una volta, si avviò per i vicoli stretti alla ricerca di un telefono per chiamare “i rinforzi”.
La ricerca di un telefono pubblico poteva dirsi quasi una “mission impossible”, quindi appena scorse l’insegna di un bar, il fuggitivo vi entrò per fare una telefonata al suo caro amico Tonino “Permaflex”, l’unico che poteva aiutarlo ad uscire dall’impiccio in cui s’era cacciato nella sua personale ricerca della “Coca Bianca”, versione aggiornata e corretta dell’immortale capolavoro di Melville, in cui al nostro Gennaro toccava il ruolo di un Achab tutto partenopeo provvisto, per sua fortuna, di entrambe le gambe, nonché di un’abbondante “paposcia” fittizia, dato che la busta con la droga se l’era infilata nelle mutande, dando così l’impressione ad un osservatore curioso, di essere affetto da una fastidiosa ernia scrotale.
Il locale era affollato come Marte il sabato sera: e in effetti solo ad un marziano sarebbe venuto in mente di metterci piede, visto che il posto avrebbe meritato senza dubbio una visita dell’ufficio igiene dell’Asl più vicina. “Topaia” era un complimento che non avrebbe reso giustizia allo squallore del locale.
Gennaro si avvicinò al bancone, dove un vecchio dall’aria assonnata e distratta stava asciugando delle tazze da cappuccino con lo stesso straccio che usava per pulire il pavimento sudicio del bar.
- Scusate, capo, c’è il telefono qua dentro?
- Come? Che avete detto, parlate più forte che c’ho l’orecchio un pochino duro.
- Ho detto, ci sta un telefono qua dentro?
- No, no, il frigorifero non è spento…se volete una cosa fresca non ci sta problema.
- No, amico non avete capito: ‘o telefono ‘o tenite?
- Scusate, e dove le avite viste sti furmicole? Io sto sempre a pulire qua dentro…
- Nonnino, guardate il gesto delle mani…telefono…devo fare una telefonata… capito? Dove sta il telefono?
- Aaah, giuvinò e voi non vi spiegate bene. Io non vi avevo proprio capito, e quella è colpa della povera recchia mia, che sente poco e niente…a vicchiaia è na brutta cosa, verite comme v’o dico…
- Eh, e pure avete ragione…ci mancava pure il sordo per completare il teatrino…
Il vecchio telefono a muro era coperto da uno strato di polvere spesso almeno due dita, si vedeva che era un posto di classe. Compose il numero a memoria e attese per un minuto buono che qualcuno rispondesse all’altro capo dell’apparecchio.
- Tonì? Sei tu?
- Ma chi è?
- Il “Mago Zurlì”…Tonino sono io, Gennaro. Sentimi bene, sono riuscito a recuperare la
busta con quello che sai…adesso non ti posso dire tutti i casini che ho passato, ma mi
devi salvare, vienimi a prendere.
- Ho capito Gennaro…penso a tutto io, tu adesso dove sei di preciso?
- In un bar da due soldi, fuori c’è un insegna mezza fulminata, si chiama “Bar Giove” e si trova nei dintorni dello studio della PTN…fai presto che mi sono incasinato di brutto!
- Ok, va bene. Stai calmo e non dare nell’occhio che io arrivo subito.
Dopo aver riagganciato tornò dal vecchio, dando di tanto in tanto un’occhiata all’esterno per vedere se l’amico fosse arrivato o meno: su Tonino poteva contarci? Lui sperava di sì, ma le persone sono mutevoli, in specie quando ci sono forti somme di danaro di mezzo. Comunque non aveva molta scelta, per farla breve si trovava in territorio fortemente ostile, magari avevano già trovato quei due ammanettati e a quest’ora la polizia poteva anche essere sulle sue tracce. Peggio ancora sarebbe stato trovarsi faccia a faccia con la maga, o con Santagata. Se l’avessero trovato loro l’avrebbero scannato a mani nude, gli sarebbe servita la pistola sottratta al povero Di Renzo per difendersi, ma l’aveva gettata in un cassonetto dato che non aveva un buon rapporto con le armi, gli mettevano angoscia.
- Giovane! Giovane, venite qua…ma chi state aspettando? – era il vecchietto mezzo sordo, che dopo aver finito la “pulizia” delle vettovaglie era passato a quella del pavimento, che stava adesso spazzando con una scopa sdentata. La polvere, spessa e densa, si alzava in ampie volute di vapore ad ogni colpo delle setole, per poi ricadere a pioggia pochi centimetri più in là. Ma il vecchio non sembrava infastidito dalla cosa, ripeteva il gesto meccanicamente, quasi per impegnare le mani mentre fissava con palese interesse quel suo unico cliente.
- Ditemi, nonno…
- Giovane, chiarimmo subito che vuie nun site nepotemo, io già li tengo i miei nipoti, so’ sei ‘e lloro, fanno nu burdello ‘e pazzi quanno stanno a casa mia…quindi nun ve voglio aggiungere alla lista.
- Avete ragione voi, scusatemi – rispose l’uomo – ma sto un poco sovrappensiero, non intendevo offendervi in alcun modo.
- Dovete parlare più forte che l’apparecchio per la recchia è scassato, me lo devono acconciare…comunque anche se non ho capito manco ‘o cacchio, dalla faccia che tenete dovete aver passato qualche guaio di sicuro. Sentite a me, la vita è troppo breve per preoccuparsi delle cose inutili, e pure se vi preoccupate nun cagna maje niente. Perciò caro signore, pure si avite passate tutt’e guaje d’o munno e nun tenite cchiù ‘a speranza, l’unica cosa ca putite fa è ghì annanze…nun ve preoccupate ca Maronna v’accumpagna! Scusate ma come vi chiamate?
- Gennaro, mi chiamo Gennaro Pellecchia…
- Pellecchia…Pellecchia…ma scusate, ma vuie site “Mago Genny”?
- Si, o almeno prima lo ero. Adesso non so più nemmeno cosa sono…
- Mago Genny, uh e io vi vedevo sempre nella televisione, ma voi lo sapete che mi avete fatto sempre un sacco di compagnia con la vostra trasmissione…ma perché non l’avete più fatta?
Nella sua semplicità, il vecchio l’aveva rincuorato: erano bastate due parole sincere dette da un estraneo per rinfrancare il suo spirito. Non gli pareva vero potersi confidare, aver trovato un orecchio amico, ma come spiegare che il suo passato l’aveva portato a conoscere la galera, che aveva sempre approfittato della credulità popolare per fare un po’ di quattrini, e che in quel preciso momento aveva più di un chilo di “bianca” che gli scaldava le mutande? Erano tante le colpe da confessare per Gennaro.
Stava per rispondere all’anziano barista quando uno stridio di freni attirò la sua attenzione: solo la sua perché il vecchio, date le sue condizione uditive, non aveva sentito una beata mazza. Una Tempra grigia aveva inchiodato proprio davanti all’ingresso. Era Tonino. L’amico aprì la portiera e si attaccò al clacson per attirare la sua attenzione appena lo scorse.
- Grazie per l’ospitalità. Questo è l’amico che aspettavo – Strinse la mano libera del vecchio e lo lasciò lì con la scopa in mano e con la domanda a mezz’aria.
- Ma guarda a chisto, manco m’avetta rispondere, se ne ghiuto e nun s’ha pigliato manco na cocacola…’o prossimo cristiano ‘o faccio pavà primma…
Tonino guidava svelto e senza fare domande. Quando si furono allontanati di qualche chilometro dalla periferia, avvicinandosi al centro della città, Gennaro incominciò a rilassarsi. Di polizia in giro neanche l’ombra e del resto cosa doveva temere? Gli sbirri cercavano un uomo solo appiedato, e non una Fiat grigia con due uomini a bordo, che filava veloce sulle strade male asfaltate dell’hinterland napoletano.
- Tonino, meno male, pensavo che non arrivassi più. Cazzo cominciavo a pensare che me la sarei dovuta fare a piedi fino a Roma!
- Roma?
- Già. Ho pensato di nascondermi nella capitale per qualche giorno, cercare di piazzare la coca in un posto meno caldo per me. Poi da lì partirei direttamente per qualche luogo esotico…che te ne pare? Mi sembra una buona pensata, no?
L’amico sorrise, guardando fisso Gennaro attraverso le lenti scure. Ma non era uno sguardo amichevole il suo.
- Direi che mi sembra un buon piano. Magari potresti fermarti a Napoli, potrei aiutarti con la droga…a proposito dove l’hai messa?
- Al sicuro, nel santuario della mia virilità.
- Dove!?
- Nelle mutande, Tonì, nelle mutande!
Cacciò la busta dai pantaloni, ancora perfettamente sigillata. Era di un bianco accecante, così morbida al contatto che veniva voglia di dormirci sopra.
- Uà! Non mi ricordavo che fosse così tanta. Eh, ma a questo punto sorge un problema.
- Quale problema?
- Beh, vedi il tuo piano è buono, può funzionare…ma credo che il “nostro” sia meglio.
- Nostro? Nostro di chi?
- Mio…e della mia amica “Beretta”, la conosci?
Tonino non sembrava scherzare. Mentre parlavano aveva estratto la pistola e la teneva puntata contro il torace di Gennaro. Un colpo da quella distanza e il suo piccolo cuore avrebbe preso il volo, scagliato in orbita come un razzo spaziale e senza nessuna possibilità di rientro nell’atmosfera.
- Vedi, Gennaro, è vero che ci conosciamo da qualche anno, ma se devo scegliere tra te e un mucchio di soldi, beh, io non ho dubbi. Sarò pure un sentimentale, ma scelgo decisamente i quattrini, loro non ti tradiscono mai, Gennà.
- Ma che stai dicendo, Tonino? Non scherzare ti prego…aspetta cerchiamo un’ accordo, ci deve essere per forza una via d’uscita, no? Siamo pur sempre due persone ragionevoli, cazzo!
- Si, e infatti io sto ragionando. La soluzione è molto semplice: io ti sparo, tu muori. Semplice. La tua via d’uscita è anche la più facile da percorrere…e poi scusa non volevi sparire? E io ti faccio sparire per sempre!
- No, non mi sembra la soluzione migliore per la mia salute. Sentimi un attimo, e se facessimo a metà? Sono quasi due chili di coca, se la sappiamo piazzare bene, tutta divisa in dosi, ci ricaviamo almeno un settanta, ottantamila euro, che ne dici?
- No, Gennà, ma come sei stupido. Non lo sai che c’è l’inflazione da euro? E che ci facciamo con quarantamila euro a testa? Ci cambio la macchina, ma poi? Mi spiace amico mio ma per il mio bene tu devi tirare le cuoia.
- Attento la polizia, cazzo!
- Merda…!
L’attimo d’incertezza fu fatale per l’amico: Gennaro con un pugno a sorpresa gli fratturò il setto nasale. Per miracolo il colpo della Beretta andò a vuoto, e l’unica cosa che colpì, fu il finestrino del lato passeggero che esplose con un boato assordante. I frammenti del vetro presero in pieno viso Tonino, che accecato come Polifemo, perse il controllo dell’auto, uscendo fuori strada. L’urto fu violento, la Tempra sfondò il guardrail e finì in uno sterrato, arrestando la sua folle corsa contro un pino, non prima però di aver travolto una baracca di lamiera che doveva fungere da pollaio, almeno a giudicare dal fatto che l’abitacolo fu improvvisamente invaso da una mezza dozzina di gallinacei starnazzanti, che come in un rito pagano furono sacrificati agli dei assieme alle due figure antropomorfe.
Gennaro non sentiva più dolore, avvertiva solo dei rumori indistinti, come delle voci lontane, voci di donne e bambini. Il battito forse stava accelerando ma non ne era sicuro, non era più sicuro di niente. Sentiva del sangue colargli sugli occhi, gli sembrava di essere il toro ad una corrida, aspettava solo il colpo del matador che mettesse fine alle sue sofferenze. Poi gli sembrò che il suo corpo si librasse in aria, che lo portassero in processione come il nuovo Gesù, mille mani che lo sostenevano mentre la luce lo avvolgeva come in un sudario. Allora chiuse gli occhi e si lasciò andare, facendosi trasportare dalle voci.
Cinque mesi dopo…
L’ospedale era una struttura nuova, ancora lontana dalle fatiscenze dei nosocomi napoletani: il cibo era meglio che alla mensa dei poveri, la vista che si godeva dalla sua stanza non era niente male, e poi qualche infermiera di bell’aspetto ogni tanto veniva a cambiargli le fasciature o ad aprire e chiudere i vari tubicini che gli uscivano dal corpo. Tutto sommato Gennaro Pellecchia si sentiva fortunato.
La stessa cosa non poteva dirsi per quello stronzo di Tonino, che aveva pagato caro il suo scherzetto: adesso stava facendo compagnia ai vermi del cimitero insieme ai lumini ed alle orchidee di plastica “made in china”.
La vita ospedaliera non era il massimo ma era sicuramente meglio di quella cimiteriale.
E poi Gennaro aveva anche fatto amicizia con gli agenti del piantone che lo dovevano sorvegliare, compito che doveva apparire molto difficile ed arduo, visto che lui non poteva neanche alzare le gambe: le fratture agli arti non si erano ancora rimarginate, e poi con tutti i punti che aveva cuciti addosso rischiava di aprirsi come il sacco della cuccagna.
Insomma meglio goderselo quel tempo di riposo forzato, perché una volta rimesso in piedi lo attendevano nuovamente le “sue prigioni”. Quanto alla droga, l’unica che aveva ancora in testa era la morfina che gli somministravano quando il dolore superava la soglia di normale tollerabilità.
- Ma veramente tu facevi ‘o mago? - Peppe Avitabile, detto ‘o Nirone per via dell’incarnato scuro, pregiudicato di lungo corso che da due mesi divideva la stanza con Gennaro, lo guardava con curiosità tutta partenopea. Da quando gli avevano tolto i ferri dalla mascella, ‘o Nirone non stava più zitto un momento. Forse voleva recuperare il tempo perduto per colpa dell’incidente. Era caduto dalla moto durante un inseguimento: i falchi l’avevano beccato che faceva i “pacchi” ai turisti che scendevano dalle navi da crociera e lui per non farsi prendere aveva preso contromano la bretella della tangenziale che si immette nel porto.
- Si, Peppe…stavo in televisione, leggevo le carte, predicevo il futuro alla gente che mi chiamava. Bella vita quella: ”Mago Genny, leggete nel futuro”…oppure “Mago Genny, ma troverò l’ amore, farò i soldi?” La gente aveva fiducia in me…eh, bei tempi allora. Adesso guarda come so’ finito, in una stanza d’ospedale con te…senza offesa, eh…e dire che ce l’ avevo quasi fatta. Vatti a fidare degli amici. Ma almeno la sua punizione quello sfigato l’ha avuta, così impara a volermi fottere.
Eppure c’era andato così vicino alla meta, roba da perderci il sonno.
La rabbia gli montava dentro e se non fosse stato per il cocktail di antidolorifici che aveva in circolo si sarebbe messo ad urlare come un matto. Ma l’unico effetto che ottenne fu di piangere come un bambino che se l’era fatta sotto. Una lacrima gli scese giù, lungo il volto tumefatto, solcando le rughe di un uomo invecchiato troppo velocemente.
La piccola goccia cadde sulle palme, perdendosi poi nel mare tropicale…
La cartolina davanti ai suoi occhi raffigurava una baia caraibica al tramonto.
Una mulatta gli sorrideva mostrandogli un culo bronzeo, ed un giovanotto muscoloso sorseggiava un cocktail bluastro accarezzando beatamente le suddette chiappe caraibiche.
Tutto bellissimo, perfetto.
C’era solo un problema: al posto di mister muscolo doveva starci lui a godersi il tramonto.
Quella era stata l’ultima trovata della ex moglie, visto che nel frattempo aveva ottenuto la separazione: la cartolina gliel’aveva spedita lei dalle Bahamas.
Diceva: “Saluti dai Carabi. Quella “zoccola” di tua moglie. P.S.: ti saluta pure l’ “affocapurpi”.
Evidentemente la sua adorata figlia aveva parlato con la zoccola.
- Gennà, ma eri mago proprio come quella là?
Ancora una volta il compagno l’ aveva distratto dai suoi pensieri.
Si girò a guardare il piccolo quattordici pollici: il televisore era sintonizzato su un canale locale, la “PTN”. Quella sigla lo perseguitava…
Una donna grassa, bionda e dalla voce decisamente rauca, rideva beata, davanti alla telecamera
- E perciò cari amici chiamate con fiducia, la vostra “Amicamaga” è qui per voi…

La voce della donna incominciò a rimbombargli nella testa: la sentiva lontana come un’ eco nel deserto. La testa gli girava, girava…una girandola nelle mani di un bimbo.
Come in un incubo, vedeva la maga che rideva…rideva di lui…e poi la moglie…che gli faceva ciao ciao con la mano, abbracciata ad un polipo gigante…e la figlia, che come una vipera gli sputava addosso il suo veleno.
E poi la palla.
Una gigantesca palla di neve che lo inseguiva, tentando di investirlo…
- La neve, la neve…- ripeteva inebetito.
Il volto gli diventò tutto paonazzo,incominciò a ridere e piangere insieme, urlando come un ossesso.
- Maledetta palla! Maledetta palla! Io ti uccido, ti uccido!
- Uè, aiuto questo è impazzito! Aiuto! Infermiera, correte questo mi vuole ammazzare!
Il trambusto attirò l’attenzione degli agenti di guardia fuori della porta, che entrarono armi in pugno nella stanza, seguiti prontamente dalle infermiere e da due medici a loro volta armati di siringhe di Toradol, lacci emostatici e cinghie di contenimento.
Gennaro, nonostante le ingessature e le flebo era riuscito ad alzarsi in piedi, ed in preda ad una forte crisi isterica s’era avventato sul povero Nirone che spaventato a morte, stava urlando come un prete in chiesa. La scena era surreale, sembrava che un enorme albero di natale stesse tentando di strozzarlo a mani nude, tanto più che Gennaro urlava senza sosta “Dammi la mia palla di neve, la mia palla di neve…”
Ci vollero quattro persone per mantenerlo, mentre le infermiere lo bucherellavano con le siringhe come uno sciame di zanzare fameliche: alla fine Gennaro era talmente strafatto che si afflosciò come un palloncino sgonfio, senza opporre più alcuna resistenza.
- Gesù, ma che gli hai detto a questo per farlo incazzare così?
- Io? E che gli ho detto, niente. È impazzito all’improvviso e ha tentato di strozzarmi. Cose di pazzi, ma questo è un manicomio o un ospedale? No, io voglio il trasferimento, questo m’ammazza, voglio il trasferimento. Mandatemi in traumatologia, pediatria, ginecologia, basta che mi togliete di qua…
Adesso Gennaro russava della grossa, gli avevano pompato tanti tranquillanti nelle vene da poter stendere un elefante marino. Dormiva sereno, finalmente lontano dalla realtà che l’aveva tradito, finalmente al sicuro nel suo mondo ovattato. E fu così, ancora addormentato, che qualche ora dopo lo trovò la figlia. Si sedette vicino al padre, in silenzio, e gli tenne la mano.
– Ma lo sa che sto qui? – chiese la ragazza ad un infermiera.
– No, non credo. Gli hanno dato tanti di quei sonniferi che si risveglia direttamente domani mattina.
Maria guardò a lungo il volto del padre, dell’uomo che le aveva dato spesso dei motivi per vergognarsi, ma che era pur sempre l’unico padre che aveva e a cui aveva deciso di voler bene. Lo fissò così a lungo da addormentarsi sul suo petto, stanca morta.
Dopo aver perduto tante cose lungo la strada, almeno una Gennaro l’aveva ritrovata.
Dopotutto, lui la sua meta era riuscito a segnarla.