domenica 7 giugno 2009

Leggere: perchè no?

Echi lontani di battaglie crociate, sepolcri cristiani e profumi d’oriente; e poi ancora, il cozzare delle lame al sole della Terrasanta, il tintinnar di monete sonanti all’ombra delle torri merlettate, vendetta, duelli e tradimenti come nel più classico romanzo di cappa e spada. Ma nelle opere di Franco Cuomo, giornalista e scrittore di fine intelletto, ahimè recentemente scomparso, v’è molto di più: si respira l’afrore di un tempo lontano, perso nelle trame del ricordo, tra le nebbie della leggenda, quando gli uomini avevano fede, e la parola d’un cavaliere valeva cento volte un sigillo reale. Una trama siffatta, basterebbe da sola ad inchiodare lo sguardo del lettore più esigente: ma oltre alla cura per il dettaglio, all’uso di un lessico ricercato e finemente cesellato, Cuomo ha voluto impreziosire i suoi racconti miscelando la passione viscerale e l’acume intellettuale, il riscatto semi-divino e la vendetta infernale, d’un diavolo fattosi carne, fin troppo umano. Sentimenti contrastanti, proprio come quelli che appesantiscono il cuore di Esquieu de Floyran, protagonista del suo ultimo romanzo, Il Tradimento del Templare, edito dalla Baldini e Castoldi. Cavaliere crociato rinnegato dal suo stesso Ordine, Montecristo templare in cerca della sua vendetta, Squinn il rinnegato, come ormai si fa chiamare tra i vicoli di una Parigi livida e budellosa, insegue i suoi fantasmi in capo al mondo, ottenendo infine la sua nemesi escatologica: da Giuda diverrà Redentore, salvandosi l’anima in extremis. Papi simoniaci e Imperatori arraffoni, cavalieri kadosh ed eretici dannati, streghe sante e monaci blasfemi, perfino un Alighieri ermetico, druido errante di un tempo nefasto e oscuro: c’è tutto il Medioevo più gotico ed avvincente, quell’evo nebuloso che da sempre ci ha affascinato, ammantato d’una luce selvatica, incerto, dove sotto una lacera veste, ad un saio consunto, veloce saettava una spada, puntuto cilicio, affilato alla bisogna per l’altrui dolore.

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