lunedì 10 dicembre 2012

Re George




 

"Finché possiamo dire: "questo è il peggio", vuol dire che il peggio ancora può venire".(W. Shakespeare, "Re Lear").


Sipario. S’apre la scena, l’emiciclo è come  yurta di mongoloidi, i torrioni d'Italique restan lontani, i Monti lascian spazio alle fole Napolitane; ed è subito steppa. Re George è gran khan khan al centro del consesso, la progenie e servitù è assisa tutt’intorno: c’è da spartire il Regno, momento solenne. Il clan è in attesa: le istituzioni saran divise, chi tra i figli godrà di maggior conto e beneficio? 

Pone il Re il suo triste rovello, “ditemi miei figli, quale di voi diremo che ci ama di più?”. Bersani e Casini son tosto pronti a giurare eterno amore al padre abdicante; Alfano no, il maggiordomo non giura, non alliscia il vecchio Sire con parole vuote e altisonanti: sincero e fedele, pagherà il vezzo alla catena del Silvio con esilio dalla segretria e spoliazione, come concubina senza dote del Fool d'Harcore. Sorte e ripudio che tocca a mezzo PDL, che il Drago è tornato, lasciando la sua fortezza, a sfidare l’ira del khan khan Napolitano: Monti discenderà il crinale, eppur non degradando l’essenza reale d’un potere ormai vacuo e senza scettro, pagando il prezzo d’una sciocca trama, che disfece in zavorra colui che prima era in giusto peso. 

Frolle e cascanti le ghirbe del Re, che per senescenza e vanità pagò il dazio più gravoso: perduto il Regno, il caro Monti non volle perder il rispetto, rassegnando impettito il mandato: e chi ce l'ha mandato, se non l'E-rettile Immortale?  Le tavole del Qui rinal divengono somma scacchiera per battaglia ferale, di summa teodicea; le truppe son schierate, da una parte il Bene, drappello esiguo di sodali del Re: Bersani, Casini,  Passera e affini; dall’altra, le truppe del Caimano Nano, l'infido Alfano, e truci dame di s-compagnia: e in mezzo, canna alla mercè della tempesta, Re George, che mantiene il senno, spannando il lume, follia anti-teutonica e tenebrosa ad oscurarne il destino. 

Il Bardo rivive, respira nuova linfa nella querelle del Palazzo, Re George è dramma barocco, intriso d’albagia e vanagloria; eppure la colpa non acceca il tapino e Cavaliere, questa sorte tocca al maggiordomo siculo, ed il vecchio Sire poco ci manca che non diventi folle, pazzo di febbre per l’incapacità di riconoscere d'esser stato turlupinato, che il sacrificio imposto a nulla servì, il coup de théatre bocconiano non sortì; il tradimento degli effetti lo spiazza, lo annienta, annerendo il suo spirto, eppure il settennato è in scadenza, non tocca a lui saldare il conto, riannodare l’ordito d’una ragione che gli è sfuggita: i numi di lui si baloccano, perché “come mosche per ragazzi sfrenati, siamo noi per gli "schei"; quelli c’ammazzano per loro giuoco”. 

Quale il prezzo tra Goldman & Sachs, e King George che farà? Quale giustizia per un vecchio ormai nudo, i fieri moniti ridotti a simulacro, triste postiglione d’un corricolo di folli? Solo le elezioni, come crudo sudario, potranno asciugarne le lacrime, perché Berlusconi e Monti, tutti, “al peso di questo triste tempo noi dobbiamo obbedire”. Plauso agli interpreti, la compagnia degli Instabili al Potere non si smentisce mai,   non risparmia sudore per il regale Napolitano: chi il più bravo? Difficile dirlo, giganteggia lo spettro del Nano, Silvio non delude le attese: medaglia al valore alla persistenza, basta il sol nome e lo spread s'impenna, ombre e luci s’incastrano a meraviglia, gli attori son pedine ben mosse: strategia perfetta. 
Scacco al Re, King George è servito.

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