martedì 4 dicembre 2012

QUATTRO PEZZI FACILI su NAPOLI



















A noi che siamo nati dopo la fine di tutto, non resta nemmeno la freschezza del decadere" (Mario Andrea Rigoni).

"Stupor mundi" metropolitano, di federiciana memoria, memento imperituro per una societas tribale in senso lato, come iato in modernità genuflessa, pasolinianamente napoletani come tribù afferente ai tuareg, eppure siamo in società creditizia, del T.A.E.G., dei tassi in percentuale, della morte a debito, chè di crediti le banche avare son all'osso; Napoli irredenta, sopravvive all'iconografia mediale, e Pasolini può star certo: al peggio ci si fa il callo, da condire con abbondante trippa ed acido citrico, giù nei budelli della Capuana.
Ma veniamo al conto, che qua i pezzi son un tanto alla sporta, e ne contiam quattro da metter in bella mostra, che il bancone è pieno: avanti marcia! Chè di vermi di Mastriani, siam stanchi a contarne...

Quattro pezzi facili per capir Napoli e Napoletani.

PEZZO N° 1.
Figli della melodia, di Pulcinella e del pacco da tirare, scansare, o consolare, il Napoletano dell'avvenire s'industria ancora, pur in terre d' archeologia post-bellico-industrale: l'arte è d'arraggiarsi, ma nun ce facimme 'o sanghe amaro, che poi si guasta il coffee break: degno di "pacco, doppiopacco, etc.", comparsa a meterora  del firmamento cinematografico, tale Gerry Gallo, eponimo di cotal Nunzio, fiero cantore, e germano degli attori Gianfranco e Massimiliano, intorta il prossimo, e avanti un altro che la truffa è a la carte:  assieme ad altri sodali mette su un barnum niente male, facendo trapelare in giro che una cooperativa, tale GNA Service  per servizi di guardiania e vigilanza privata, cerca giovani per contratti a tempo lungo. Per lavorare si paga, e per contratto i giovani devono versare un 15.000 euro a capite: è solo una tranche di pizzo, che ne sforniamo sempre di ben cotte; e com'è finita la storia a sceneggiatura, per tacer di sceneggiata criminosa? Con i giovini neoassunti vestiti di tutto punto, con divisa scintillante, a vigilare sui negozi e sui clienti della Galleria Principe di Napoli, pagati con assegni a vuoto, falsi e senza copertura, ed i negozianti che carinamente rispondevano al saluto, credendo che la vigilanza fosse un servizio all inclusive offerto dal Saint James Palace Hotel: quisquilia e pinzillacchera a raggiro, ammontante a circa un mezza milionata d'euro; e meno male che Tototruffa è del '62!

PEZZO N°2.
Napoli città tribale, s'era detto, ma quivi van di moda i clan, meglio se di mala e camurrìa: ergo, che speranze hai se sei immigrato, onesto, volenteroso ed imprenditore in questa terra vesuviana? Denunciare i tuoi estorsori, del Cavone e della Sanità, grassatori strozzini come humus stantio, e puzzo pestilenziale: è quel che ha fatto un piccolo eroe moderno, Joseph Sumith Fernando, per tutti Nando, cingalese "canchiere" coraggioso di anni 33, come Cristo in croce, solo che lui ha preferito una corda, impiccandosi a vico Miracoli; e nessuna moltiplicazione di preci e liturgie è riuscita a preservarne la vita, scostare il baratro. Arresosi alla protervia, dopo aver fatto arrestare gli aguzzini: troppi i debiti per la sua macelleria, come tacche sulla scorza, poco choosy Nando, eppur la solitudine ti strozza poco a poco; le intimidazioni, le minacce, carte bollate e denari sonanti, la speranza te la devi impegnare, e dil banco non dà resto. Per proteggere la famiglia ha scelto la strada più atroce, la sola che vedeva: una corda come abbraccio, ed un respiro, l' ultimo, a carezzarne il volto. Napoli crudele, non guarda razza, sesso o identità; la ruota gira, e gira ancora, come pallottola in camicia.

PEZZO N°3.
Gente affannata a rincorrere pensieri, musi lunghi e alea bellicosa: vampe sopite, ma basta poco ed incendio divampa; Caronte è in scipero, il servizo è inservibile, lacerti di zeppelin ferrosi su binario, la Circum non naviga più: troppi i debiti, pochi i pezzi nuovi, e tra scioperi e sindacati, creditori ed addetti malmenati dalla disperazione passeggera, i treni campani son fermi e la città è immobile, come gigante d'argilla ed ingessato.
La rete di rame e cavi, ferro e bulloni, l'anaconda arrugginita che attraversa i comuni vesuviani fino ai limoni di Sorrento, lambendo Salerno ed Avellino, più tutte le falde neapoltane, è implosa come pilone, pitone, tarlato e sfatto. Miscela esplosiva, dinamite pura, per sfide all'O.K. Corral diuturne e quotidiane, alla faccia dei passeggeri e di chi vuol bene loro (alcuni famigli chiamano Chi l'ha visto?, in preda allo sconforto più nero, non vedendo i cari tornare). E' ormai più d'un mese che macchinisti e capistazione saltano sui treni come avessero singhiozzo, le officine trasportano, consegnano i macchinari come nuovi o giù di lì, e gli addetti marcano visita, considerandoli insicuri: di sicuro c'è che non ricevono stipendio da mesi, i debiti accumulati dalla compagnia, anzi dalle compagnie di trasporto in Campania, ammontano a svariati milioni : EAV, Cumana, Metro di Napoli Est sono al palo, ed il caos primigenio imperat, dividendo non gli utili, ma gli ultimi, che poi son sempre i pendolari.  Ed il girone infernale ricomincia, con i passeggeri che aspettano i treni, i treni che aspettano la Regione, la Regione che aspetta il Governo,ed il Governo che ci attacca tutti al tram, in partenza dal binario tre (finchè ce sta 'a salute).

PEZZO N° 4.
"Corto circuito": alla fine il pacco doppio pacco etc, ce l'hanno fatto, e a nome di tutti i Napoletani, ringraziamo ed incartiamo, portando a casa. Crolla la produttività, collassa la mobilità, tutti a piedi e così sia, tanto l'aria è buona, le ztl ingrassano, le multe le incassa San Giacomo, e le bestemmie il Padreterno: ormai il biglietto è UNICO per davvero, che a contenderselo è un lacerto a testa, tornano i vecchi modelli, quelli "un tanto a metro" che poi bus (quando passano), funicolari e filobus s'attaccano anche loro al tram, come già chiarito testè più sopra. E mentre ad Afragola, che con Don Antonio Bassolino valeva più d'una messe (di voti), il cantiere del lemure TAV (forse abbreviazione di Tavoliere, che in Puglia ancor si giunge a dorso d'utilitaria) è fermo, sul Lungomare Libbberato dal bluff-one arancio-cocozza, il Murat gigginesco che tutti c'invidiano, fa bella mostra di sé, tutto rosso come cerasiello a punta di chiappa, suppostone inverecondo, il nuovo supercalifragigginspichespiaralidoso superveloce Frecciarossa, pronta a piantarsi nella piccola apple annurca del Sud, scoccata da Guglielmo Tell in doppiopetto: e Giggino Bello in bella mostra con l'A. D. delle Ferrovie, Moretti, stringe mani, benedice pargoli, guarisce scrofole, più veloce del superveloce.
Il lemma "Città metropolitana" rimane vuoto simulacro per babbioni all'acquapazza, che il camminare a piedi è l'ultima risorsa, tra piste ciclabili da nausea vomito e capogiro, macchine ingolfate a sputacchiare nel magma di lamiere, e treni volanti fermi come scooter nella ZTL del mare all'or di punta, conficcata nel costato del povero cittadino, e il tutto senza Freccia
Rimane la feccia, che quella non manca mai.




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