domenica 10 maggio 2009

Elfi e Ghedellini:

"Nani, orpelli satireschi di un dio Priapo dal membro inghirlandato, purulenta vis di ballerine, sincopato requiem di fallocratico autoritarismo; s'erge il pretoriano avvocatesco, lingua di basilisco, cuore di cane, lecchè dilettantesco. Apre il contesto al buffonesco eloquio, nell'agone agitando del Capo le morali virtù d'un satrapo- buffone, buffo e satanesco. "Della Noemi, Lui non conosce che il fresco desio del suo virgineo volto, mi si creda alfine; mai la destra sfiorò la dorata essenza, la celestiale magnificenza, della pulzella ingentilita; mai l'angelo conobbe del Lucifero le mefistofeliche vesti, le gramaglie lussuriose; mai l'Imperator soggiasse alle passioni viscerali del suo impero basso, mai la brama invitta del solimano osò lambir le valli del peccato ed i monti della Venere. Uomo tra gli uomini, Egli del senno non perse il capo, nè la testa gettò al capestro: mi si creda, onorevoli farlocchi del consesso che presiedo, mai la sua sferza compì marzial campagna nelle di lei pudenda, mai cadde in fallo il tapino, nè dalla serica fonte attinse il suo cavallo. Cavaliere sì, ma per diletto; quanto alla passione, la pose al piè del talamo consorte, e mai profanò di quella il regal letto, nè osò farle burla o men che men dispetto, assecondando in lui le senescenze ondivaghe d'un satiro in difetto; però gli si conceda, se non l'alibi, almeno che dell'antico ardor, una stilla nel petto gli batta ancor! Quanto alla donzella, poi siam seri: chi non vorrebbe goder col "Papi" tanta Letizia? E perciò così volendo, poi concludo il mio sproloquio, e m'accingo con prudenza a chieder conto all'uditorio, dell'iniquo trattamento che al Papi, fu Silvito, con mestizia e nocumento, riservarono i suoi media: mai nessun, se non folle, volle darsi tal tormento, nè buttar di lì e da presso, del Gran Colle le prebende, con il classico sberleffo, scaricandole nel cesso! Ed infine una parola, alla mesta sua Regina, che dovette sopportare quella solita manfrina del ciarpame velinesco; mai nessuna signorina volle il Nostro candidare, e del resto gli diam torto? Troppe gnocche son moleste, e alla lunga poi indigeste, ergo il Re fu tosto a corto, del compenso puttanesco, ed il membro parve assorto, nel respingere dal porto, della figa il gran conforto! Ecco dunque qui spiegata del Berlusca la ballata, frizzi lazzi e parodie, e del Gran Re le sue manie: Egli è Santo come un bimbo, e giammai conobbe il limbo, delle anime pezzenti, nè l'infermo dei dolenti. Quanto poi al paradiso, che le porte dell'aurora gli si schiudano davanti, ma pur sempre a tarda ora! Che sennò che cosa faccio, se il buon Nano me se scola? Mica posso lavorare, non so' avvezzo alla fatica: e poi ingiusto è rinunciare alla parcella nonchè alla stola, son fors'io una bidella, o un precario della scuola? Ecco dunque mio Gran Sire, di comprendere e capire il perchè di questa arringa, pur contraria alla ragione: se t'attacchi la siringa ed al membro poi la stringa, sarai pure un amatore, e virile come un bronzo, ma per due scopate alla stagione, tu me mori poi da stronzo! E se il tuo lacchè Ghedini non t'abbassi ad ascoltare, fallo almeno per i figli, tutt'e cinque sta tranquillo, che non vedano del padre il funereo capezzale, ricoprire come un velo, il suo corpo senza un pelo: perchè è vero che sul capo folto è il crine e d'oro è il vello, ma laggiù nel basso ventre non ti freme più lo stelo, glabro e moscio è l tuo pisello!".

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