giovedì 24 novembre 2011
Il Senso Comune ovvero, il Confor-Populismo politicante
“Il conformista
è uno che di solito sta sempre dalla parte giusta,
il conformista ha tutte le risposte belle chiare dentro la sua testa
è un concentrato di opinioni
che tiene sotto il braccio due o tre quotidiani
e quando ha voglia di pensare pensa per sentito dire
forse da buon opportunista
si adegua senza farci caso e vive nel suo paradiso”. (G. Gaber)
Conforme: Agg. o Prop., “Che si modella su qualcosa; che corrisponde, si accorda con qualcosa” (dizionario della lingua italiana).
Conformisti, esser umani, che s'attagliano all'ovvio dei tempi, quandi i tempi son grami oppur grassi (come il Cinghialone Ferrara, maitre de camp delle falangi armate e cammellate (e siliconate) del Berlusca fu Silvito); vuol consuetudo che se ne discorra, discuta ed argomenti, con ghirba contratta e palese bile verdognola a sobbollir dal labbro, cauto dileggio e congruo o semplice disgusto. Per i conformisti, pedoni irredenti dell'ovvio tracimato in philosophia studium virtutis, non s'usa odiare, né singulti d'animosi intenti vengono espressi in loco, per gli allocchi del gretto e banale florilegio espresso (ed espressivo). Il conformista, conforme e conformato, non pensa mai da solo, e quando lo fa, segue corrente come salmonide controcorrente: segue il verso, è la natura. Naturaliter.
Conformista, come compromesso, viepiù faticoso, tra l'umano sentire (Comune, di grazia) ed il puro, semplice, nulla , bianchicco ed ovattato refegium pensatorum; il che, in qualità di compromesso, nessun sentesi soddisfatto, fuorchè il conformista istesso.
Il Signor Gaberscik direbbe che siam davanti a nuova razza, o vecchia quanto l'im-mondo, d'homo novus in senso letterale, “progressista, al tempo stesso liberista, antirazzista” e pure molto buono, “animalista, non più assistenzialista” , insomma uno che di solito sta sempre dalla parte giusta,
che “s'allena a scivolare dentro il mare della maggioranza”.
Manganelli (Giorgio) in parte ne tesseva elogio, ergo non si dica che i pareri degli eletti sian concordi; come lunatico esergo, incipit sannitico d'un orfano del senso comune (ah, il Comune!), il colpo del Manganelli calava sui letterati conformisti, come “tribù di gentes, pugnaci quanto irregolari milizie di individui anonimi” che però fan massa critica, formano la communis opinio, strambano il boma costrictor nel verso di corrente e mai contro di essa; “vivandieri, il loro posto è attorno ai grandi, così come in un quadro celebrativo di un santo o un eroe, buffoni e cortigiani si stipan lungo la cornice, pronti ad uscirne, in qualsiasi momento”.
E in politica? Quanto conta e premia, e loda e s'imbroda, il conformista? Presupposto ontologico è il premeggiare comunicativamente, mediaticamente, sulla mota immobile della mediocrità autoreferente e referenziale, sul cicaleccio disturbante e malcreato, tendente alla caotica espressività emozionale, e mai razionale. Tale tipo di conformismo è viepiù “urlato”, viaggia per isole comuni, intese sul “senso” immediato, comunica istintualmente e si rivolge ad una società di massa caratterizzata dal predominio socio-mediatico-culturale di strati medi e inferiori metropolitani inseriti in strutture di consumo omologo ed omologante. Il conformismo varia nelle modalità e nel grado di accettazione delle idee ed opinioni prevalenti: i politicanti alla blade runner, replicanti di sottotesti, sottotracce (sottopancia?), monadi impazzite in uno schermo liquido, procedono per scissioni identitarie, per proclami sloganistici e sempliciotti; ed è tutta un'escrescenza di passepartout massmediologici, buoni a scardinare la credenza ancestrale, le false sicumere, a solleticare gli istinti autoconservativi e tribali più profondi, non certo ad innestare un logos comunicativo razionale e cartesiano. Primati della semiologia mediatica. Eppure.
Eppure, premia. Cicerone collocherebbe i conformisti moderni quali retori (e si fa torto ai legulei e parlatori antichi!) “ad animos permovendos” che vogliono dimestichezza con gli ascoltanti, devozione quasi totalizzante alle loro passioni, ai loro pregiudizi, ai capricci ed agli imperativi locali (Lega docet) o globali; vogliono lacrumas, lacerate tuniche e carni straziate a disvelar ferite; financo sventolio d' orfani, se i pargoli son sottomano. Questi novelli Demostene, non proponendosi di docere, vale a dire fornire esaustive informazioni, equilibrate dissertazioni, ma solo movere compulsivamente all'empatia, plasmano la realtà permeante, conformandola alla loro personalistica, utilitaristica, visione comune ed identitaria.
Togliatti ad esempio: il Migliore, costruì un partito ideologico-identitario, che tendeva a dividere i “nostri”, i compagni, dalla linea Maginot, dal vallo nemico; noi di qua, gli “altri”, di là. Tutti più o meno inaffidabili. Scissione identitaria, appunto. Indispensabile al rafforzamento comune, interno, non può però riprodursi troppo a lungo, perché produce fenomeni di tipo autoreferenziale ed entropico, alquanto implosivi. L’eccesso identitario soffre di patologie narcisistiche e paranoiche: I Migliori siamo e saremo soltanto noi. L'autodafè del conformismo politico espresso.
Per citar poi l'Omino della Bassa e le sue genti, i Berluscones anni '80, tettonica e sederonica visione d'un'Italietta scosciata e plastificata, d'un conformismo politico, onirico, ad aziendam provincialotta e bauscia andante; ancora perdurante la lascivia godereccia da pornosoft estetizzante, il Grand Guignol delle Libertà ha come Master of Muppets, il Cavalier Silvio Armstrong Custer Berlusconi; Re di Denari, esarca, monarca, menarca (il pelo sempre in resta, testa, festa, mesta e moggia alfine), plutocrate conforme al detto “la palla è mia (l'ho portata, l' ho comprata) e la gestisco io”, politico della prima ora, perchè quella legale era scoccata per Craxi e socialisti (non soltanto, nevvero) sparsi ed assortiti, il Nostro Calimero trapiantato ha agitato i fantasmi ed i lemuri del suo immaginario ipotricotico per un ventennio (o quasi) e giù di lì. Abbiam conosciuto tutti indistintamente, cavalcando lo sdegno o la pietas mediatica, il monstrum berlusconiano, il Leviatano disturbato ed i suoi spauracchi ginecologici, in una seduta di transfert collettivo-istituzionale durata i fasti e gli s-fasci d'un Mascellone d'antan: e via con un tripudio di “Comunisti, Giudici, Antipolitica, Libertà, Maggiorate, Minori, Bunga-Bunga, Barzellette ed Apicella, il tutto Ad Personam” ; una carnascialata costata debito, spread, dignità in quel d'Europa e di Barack (God Bless Obamerika). Ammèn, la mestìa è finita (forse)!
E all'ombra del Vesevo, signora mia? Giggino Murat è vettore mobile di populismo tres charmant, gradiente funzionale alle sfumature della vox populi, il vellicolo che l'ha sgravato conta sul placido conformismo di un riformismo progressista para-rivoluzionario (Viva Zapata!...O era 'O Zappatore??). E vai col tango (a proposito, signora mia, lo fa il casque, e senza prender il cachet, nemmanco il cascè di Vecchioni?): “No ai partiti personali, bisogna risolvere i problemi della gente” (31-10-2011... la “gente” ha sempre problemi, un cheval de bataille buono per tutte le stagioni); “Voglio ricordare Pasolini, poeta che sapeva stare tra il popolo” (02-11-2011...il Poeta apprezzerà); “No ai licenziamenti facili” (03-11-2011...e come dargli torto?); “Ho sempre dialogato, ma no ai patti con i violenti” (04-11-2011...i violenti sarebbero i Bros che l'hanno contestato, ed un vecchia un po' alterata ha dato un pugnetto sulla carrozzeria della berlina blu: viuleeeenza inaccetabile!); “Non sono entusiasta dei Governi tecnici”(10-11-2011...la Politica, la Politeia, la Polis, va bene pure il Polipo affucato, il Poli-Tecnico mai!); “Segui il tuo corso e lascia dire le genti”( 11-11-2011...cita Dante, passando per Marx ,per giustificare alcune indiscrezioni riguardanti l'assunzione di parenti nel suo staff o in quelli limitrofi: noi i Migliori, gli altri i detrattori, i Nemici); “I giovani serbatoio di cultura inestimabile”(16-11-2011...poveri giovani, son serbatoio più capiente d'una cisterna petrolchimica); “I Maesti son gli studenti” (17-11-2011...e giù altre amenità basilari da corso politicante-comunicativo di primo livello); e tante altre perle rare di saggezza Murattiana a decantare nel calderone ribollente della Revolucion Arancion!
Ma il ragazzo si farà, anche se ha le scarpe strette...l'empireo movimentista attende il suo Re, ergo Giggino calerà feluca, galloni ben in vista, sellato il cavallo, accavallate le idee in nome della razionalità populistica, il Movimento sarà pronto a breve, scalpitando ai box (il pilota testa-arancio sarà como siempre el Nostro). “Italia è Tua”, e guai a chi me la tocca! Indignato con gli Indignados, studente con gli studenti, giovane coi gggiovani; dalla parte degli operai, contro i padroni, per il Sud, per la Piazza, svoltando a sinistra, imbopccando il Movimento, aggirando la ZTL, tornando alla periferia per puntare al Centro del Palazzo, a Roma Capitale (ma almeno il capitone se lo mangia per l'anno venturo?): una sciassa per tutte le stagioni, di rotta e di sgomento, di lotta e di Governo. Murat è l'ultimo della schiera, i conformisti-populisti pullulano e son tra noi. Ha visto anche lui cose che noi umani possiamo solamente immaginare, e guai a chi replica! Ma il replicante chi è?
Il conformarsi ai valori propugnati da una società in un determinato complesso storico-normativo contingente, sovente sul piano politico si può tradurre in un populismo frenetico, una recherche ininterrotta del consenso etero-indotto: l'indivuo, l'homo politicus, raccoglie i borborgmi della civile societas trasmutandoli in segnali decodificati, in istanze politiche; tale è la funzione propositiva della classe istituzionale di riferimento: possono veicolarsi valori positivi, è vero; ma sovente anche dis-valori (le gutturali rimostranze di bassa-Lega sono qui a memento imperituro), antinomie razionali che cozzano col senso comune, con le categorie “giusto” e “sbagliato”.
Sta al politico cauto e misurato cavalcare la Tigre, e non esserne cavalcato.
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