martedì 6 dicembre 2011

L'uomo che rubò Gioconda






















Principio novecento, belle epoque di fiere e commerci, artisti a la carte al chat noir, Monmartre e Moulin Rouge; Parigi val bene una festa, e quante per le vie e le buttes, bohemiens alla Toulouse, borghesucci arricchiti e nobilucci spiantati: mesdames et messieurs, bienveniue à Paris! Sola bisboccia, paillettes e sfavillio? Del rovescio v'è medaglia, è cosa nota, vox populi, vox dei. Dei soliti di grazia; prolétaires ed emigranti, sfasulati e senza soldo, a stento un cacio nella tasca, e niente pane. Vincenzo Peruggia, italiano di Dumenza, in quel di Varese, emigrante non per lusso, viepiù necessità, imbianchino e decoratore, è figlio di popolo in cerca di fortuna. O anche meno, che s'avanzi almeno un tozzo di baguette, se non di “cafone” (come pane); e chi il cafone, signori miei? Qui si fa l'Italia, e si muore di fame! Meglio Parigi, val bene una messa scalza, mani grosse cervello fino, sorriso giocondo. Ma che v'è meglio del sorriso di Gioconda, per italiano all'estero emigrante? Monnalisa, sia gentile, un po' per celia, un pò pe' Belpaese, sott'al braccio e così sia. Vincenzo Peruggia è l'uomo che rubò Gioconda, historia d' un “Erostrato” moderno ( costui passò alla storia per singolo gesto, ed avvetato, quale incendio di Tempio artemideo ad Efeso), ladro per orgoglio e appartenenza, italiano che sentiva il peso di costumanza e bandiera: sissignore, Monnalisa, la moglie di Messer Giocondo, in Francia dal principio del secolo XVI, nel fardello di Leonardo, fu di netto staccata dal sepolcro e nicchia parigina, e portato sottobraccio, sottotraccia, di nuovo in Italy. Da Vinci, perdinci, ancora al Belpaese; come biglietto unico di lotteria fasulla, che peschi il numero ed è destino fesso, cavo, e tu sei lì, stolido e imbambolato, a rimirar tagliando; ma non sempre t'accontenti. Vincenzo lavora, in quel di Francia, è “mangiamacaronì” , forestiero, cugin povero d'Oltralpe, deriso, derelitto; e maledetti mangia-rane, mangia-baguette, francofoni con facce da mummie e da museo; ed è il Louvre il vostro stallo! Ma non di Monnalisa; la madonna, deride, sorride, sfruculea, “che ci facciamo ancora qui? “, par che gli dica: e su, Vincenzo, è un delitto laciarla lì. Furto, per la destrezza e precisione: piano semplice e svizzero (inteso da orologio), manolesta ed italico tocco: il 21 agosto del 1911 la Monnalisa s'involava nel pastrano liso e mondo dell'audace Macaronì; e Napoleone è sistemato, la ruberia pareggia il conto, rivalità ristabilità, uno a uno, balùn al centro. E poi che fu? Una sedia al centro, luci e cono d'ombra; in scena, corpo solido e d'un pezzo, Vincenzo è a processo. Firenze, 1913, latitanza, lontananza, per due anni Gioconda transfuga, tutti ai pazzi, Francia in primis, e poi “Tripoli e Italia” (dal nome di pensione dove il nostro fu arrestato, Monnalisa ritrovata): imputato Peruggia, si alzi e ci racconti, che fu, come dove, e perchè mai?
Vostro Onore, che poi è il nostro, onore e vanto degli Italiani, tutti e nessuno, escluso (ma solo un pò) il Peruggia, che si fece un anno e passa al gabbio, tale il pretium da pagare. Audace colpo del solito ignoto che diviene assai noto, e nuota nell'oblio, per emergerne Eroe, oppure “Anti” , eppure chapeau!, e bravo Vincent Leonard, (questo il nick che il nostro adopra). Vicenda umile ed altissima, grottesca, tragicomica: eppure. Eppure l'appartenenza, il richiamo di sangue e radici che ti tira la giacca, anche quando dovresti farti i fatti tuoi, dovresti pensare alla tua di pagnotta, altro che orgoglio e onore, e Patria, e quel che è stato. Lo Stato.
L'uomo che rubò la Gioconda, che gesto aulico, d'arte sublime, come metterci il baffo sopra, e ci fa un baffo il Duchamp, vero Peruggia? Un piccolo segno, uno squarcio, sulla tela del tempo, impronta di riscatto, se non riscossa. E nulla riscosse, a parte qualche anno di galera, ma applausi sì, e medaglie di latta da appuntarsi in bavero. Pacato vezzo d'esser italiano, e se un popolo, il Popolo, esiste, allora Peruggia è anima pura che rappresenta l'Italia geniale, o quel che ne rimane. C'è chi visse d'arte e chi semplicemente la rubò. Per restituirla al suo tempo e al suo Paese.

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