La Pizia. Sacra ad Apollo e del suo culto armonica cassa, “la Pizia profetava a casaccio, vaticinava alla cieca, e poiché altrettanto ciecamente veniva creduta, nessuno ci faceva caso se le sue profezie non si avveravano affatto”: Friedrich Durrenmatt non s’illudeva, torcendo ragione e propinando fandonie, del fatto che la delfica sacerdotessa, matrona decrepita di reumatici ardori, tra i rubizzi vapori di pietre opalescenti e crepe lisergiche della Madre Terra, vaticinasse menzogna spacciandola per vero. Il Mito è cosa da uomini, checché se ne dica: e così tra vapori ed umori, “amplessi” d’Edipo e pruderie boccaccesche, nostalgici “nostoi”, e sepolcrali ratti di orfici in fregola, la pizia sputacchiava rugosa fumose verità in giambici versi, dall’alto del suo tripode oscuro, sibillesco augello di foschi presagi e prosaiche virtù. E mai compito fu più alto e gravoso; uroboro perpetuo, pitonessa che afferra del Pitone le sacre spire, e se ne nutre, ebbra: nessuna sfinge le fu pari nel celare sì palesemente la nuda verità. Tematica classicheggiante ed imperitura, di cui Viola Amarelli dà contezza nel suo “Notizie dalla Pizia”, poema in versi sciolti edito da Lietocolle, presentato tra le solide colonne del Plebiscito, tra le cartacee mura della libreria Treves, ricetto sicuro per dubbiosi viandanti.
Leggendo questi agili versi vien da chiedersi da che parte stiano i nembi, il Tempo che si perde negli antri cavernosi del Tempio, con i Superni impelagati nelle tristi vicende umane, l’Iperuranio mai così contiguo al terreno agire. La letteratura che riscopre il divino, le colonne d’Ercole della conoscenza a reggere la volta eburnea della trascendenza, e in mezzo una Pizia-vestale a far da Caronte. Il Mito non è mai scomparso dal nostro immaginario, ha solo cambiato forma, si specchia nella figura escatologica del Cristo, e non a caso le liturgie ecclesiastiche si nutrono di un linguaggio mistico, mutuato dal paganesimo e dal sacro poetico. Poesia come vettore tra l’Umano ed il Cosmico che lo trascende: tra il Cosmico e il Comico è questione di lettera, e a volar troppo in alto ci si bruciano le penne! Le “Nopizie” sono versetti urticanti, donne stregonesche che per bocca del Dio rivelano il nesso, velando il senso: e le pizie erano soltanto “ferulae” agitate da forze più grandi di loro, marionette senzienti nelle mani del Potere. Un Potere che s’ammantava di misterico esoterismo, per celare biechi intrallazzi di denari e corone; fortuna che del vello si tramanda ancora il filo e il ricco intreccio, perché mai arte fu più sacra ed oscura della Poesia. Come chiosa la Pizia di fronte all’attonito questuante, “Dipende dalla domanda, parrebbe ovvio il responso, il più complicato è difatti capire che diamine vogliano”. E il responso è reciso: conosci te stesso, e nulla di più.
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