domenica 3 maggio 2009
Leggere: perchè no?
"Terremoto abruzzese, “Terremoto napoletano”. Il primo così dannatamente vero, reale, l’Aquila ferita ed umiliata, incapace a volare, gli occhi spalancati sulle miserie umane, sui miseri resti d’edifici divenuti lacrime di pietra, l’anima in ferro denudata, ripiegata su sé stessa come origami maledetto. L’altro, letterario, irreale, forse iper-reale, frutto della penna ispirata di John Domini, autore americano, con una spiccata propensione all’affabulazione mediterranea, al racconto corale che s’inerpica sui sentieri narrativi, con l’eleganza di un lessico “mitocondriale” che racchiude in sé tutta la potenza eversiva del linguaggio, di una semiotica fascinosa, capace ancora di avvincere il lettore, avvolgendolo in un caleidoscopio di suoni visuali ed immagini vibranti all’ombra d’un Vulcano silente ed accigliato. Un Terremoto Napoletano (Pironti Editore)che scuote il corpo spugnoso d‘una terra tufacea in perenne divenire, chimera del pensiero, ibrido metafisico d’una metropoli complessa, in bilico sul suo passato ingombrante, affacciata su di un futuro al di là da venire: Napoli barocca, nobile decaduta; Napoli puttana, meretrice e zingara dalle cosce nude, di una nudità offesa, umiliata. E spersi nel suo ventre budelloso, in questo Barnum partenopeo senza capo né coda, il circo itinerante, il carrozzone di giro dei Lulucita, padre, madre e cinque figli al seguito: dalla provincia decadente dell’impero americano, all’inferno vesuviano. Un valzer di vite, e di vita, che ne cambierà l’essenza, barbari vinti ed avvinti alla Sirena Addormentata, immersi nel tessuto sanguigno d’una città che ti imprime il suo sigillo, la sua lettera scarlatta, ma che sa mondare i suoi peccati, specchiandosi nei tuoi. Jay Lulucita, energico Ulisse dal peregrinare incerto, un Leopold Bloom dagli occhi sinceri, titano gentile che della famiglia vuol reggere il peso; la sua Penelope misericordiosa, Barbara, vestale della carità dal manto virgineo, madonna laica in perenne attesa, incupita dalle ombre d’un matrimonio divenuto penitenza; e poi i figli, perle sgranate d’un rosario che sfugge alla presa: J-J, perso negli umori puberali d’una sessualità sospesa; Chris, dall’ eloquio saccente, le gemelle ancor bambine e su tutti, “Mr Paul”, re taumaturgo dal tocco salvifico, piccolo messia senza croce, una Corte dei Miracolati a far da contorno. Sullo sfondo, il sorriso amaro d’una Napoli percossa e attonita, una melodia struggente che diviene tammurriata chiassosa, una pulsione istintuale, una scossa sismica, viscerale, dai risvolti grotteschi, eppur capace ancora di regalare un fremito d’umana speranza".
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1 commento:
Grazie mille, del'autore.
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