domenica 16 maggio 2010
Leggere: perchè no?
“Amor, ch'a nullo amato amar perdona”. Eterni versi, strofe celeberrime; d’un Dante infernale, avviluppato di passione, tra vampe dell’orco a risalirne il botro. Inferno, V Canto, Paolo e Francesca: quando l’amore dà alla Malatesta. E chissà cosa direbbe il Sommo a veder Amor ridotto a sberleffo, baruffa chiozzotta per autori spiritati e dalla penna cerusica, precisa e luciferina: GULP! Ed è sparo nel buio, singulto a rimbombare nella strozza: tremate gli umoristi son tornati! E dopo il grande ed inaspettato successo della prima silloge favolistica (“Aggiungi un porco a favola”, 2009, Cento Autori) gli assassini, non paghi, ritornano sulla scena del delitto, affondando truce lo stiletto nel corpicino a putto del Divino Amore: “Se mi lasci non male. Penne d’amor perdute” (Kairòs edizioni), e son grottesche ciance a seppellir palpiti e patimenti di natura mocciana, al collo un lucchetto ferroso incatenato, e giù dal Ponte Milvio il cadavere angelico d’un Eros come quaglia imbalsamata, ad annaspare nei gorghi limacciosi d’uno humour parte british e partenopeo. L’idea di una raccolta di nano-romanzi d’amore par nata celia, giuco o scommessa: l’amore tra uomini e donne è una guerra di posizione che dura tutta la vita. E non c’è linea Maginot che tenga, nessun prigioniero è ammesso, in definitiva è un “si salvi chi può” che non fa sconti a nessuno. Visti i tempi, par pugna a singhiozzo, guerra lampo: l’amore che si riduce nel tempo, ci appare sincopato. Suvvia, possibile che dalla silloge d’amore, si passi direttamente alla sincope? Citando il buon Luciano De Crescenzo, “Siamo angeli con un’ala soltanto e possiamo volare solo restando abbracciati”: bene, il GULP! a quell’angelo ha fatto le penne. Del resto, meglio un unico autore che stra-parla d’amore per seicento pagine, oppure un consesso di sessanta spiritelli perduti che dell’amore fanno bersaglio per strali urticanti e dannatamente comici?. Un’opera che raccoglie “il meglio del peggio” degli umoristi e scrittori partenopei, “gentaglia” disillusa, caustica, brontolona, dal talento genuino ed indicusso: Brun, De Giovanni, Ferrè, Marsullo, De Angelis, Palasciano, Santamaria, e mille altri ancora, una maratona cartacea a perdifiato per una letteratura corposa, miscellanea di stili diversi e perversi. Perché, l’amore è una bella materia da dare in pasto agli umoristi, e l’idea di questi nano-racconti coglie nel segno: uomo-donna, maschio-femmina, due metà che a volte collimano, a volte collidono. La coppia è un’ellisse i cui fuochi non s’incontrano mai, e se lo fanno è per sbaglio, giusto il tempo di dirsi “ti amo”, che già la luce si spegne e la tele s’accende. Attorno a questa antologia è riunita una bellissima parte della letteratura napoletana, e a Napoli la scrittura ha bisogno non solo d’evasione, ma soprattutto d’aggregazione: Partenope è un marchio, un “brand” letterario ormai, e libri come “Se mi lasci non male” stanno qui a dimostrare che è ancora possibile fare letteratura differente e col sorriso sulle labbra. “Uomini e donne sono le persone meno adatte per stare insieme. So’ troppo diversi”: e se lo dice Troisi non ci resta che piangere. Dalle risate.
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