domenica 9 maggio 2010
Leggere: perchè no?
“L’orrore”. Come epitaffio a fior di labbra, d’un Brando-Kurtz demone inumano, emerso come totem dalla linea d’ombra dell’umano agire, diviene sigillo raggrumato sul tessuto sfilacciato d’una guerra tenebrosa, dal cuore nero, metastasi purulenta; orrore discinto che sublima, trasmutando in voluttà di potenza, tracimando in livide pozze di umori aciduli, vomito urticante come bolo sulfureo: nuda parvenza, egida superflua per uomini inermi di fronte all’istinto più bieco e ferino. Perché l’orrore ha un volto, e bisogna farsi amico l’orrore se si vuol sopravvivere al maelstom cannibalesco; di uomini come fiere, regrediti ai primordi, ragione come simulacro, le vestigia del Pensiero screziate del bianchiccio riverbero di teschi cavi ed ossa conotorte, angosce glaciali ad azzannarti la gola, come erinni in fiamme. Fatima Curzio ce ne restituisce intatto il senso, l’olezzo morboso, ritagliandone precisi e netti i contorni: l’orrore nella sua forma più pura. “Sentieri di guerra. Storie e inganni di un’antica tragedia” ( Edizioni Cento Autori) racchiude sette racconti di rara bellezza , e sono sette bracci insanguinati d’un candelabro dalla luce nera, quella fiamma che spegne le iridi di vittime e carnefici, illuminando il riflesso dannato d’un’Alice capovolta e demoniaca, a segnare il confine, il limen indistinto tra chi uccide e chi muore. Guerra Santa, Anno Domini 1565. Crociati di Malta ed “Infedeli” a mezzaluna ( ma chi è l’”infedele”, se l’unica fede è nella Discordia?), il truce budello d’un isola imputridita come scena princpesca d’una guerra antica di maschere perdute, spettacolo pirico che ammalia, fascinoso e perverso. E poi CINA. Antica Iraq per un millennio gotico d’assalti medievali, truppe rurali di “Boxeurs” armati (1900, la “liberazione” di Pechino), inferociti contro America e mezza Europa, la Città Proibita profanata ed arsa, vittime a catena, morte per le strade; e ancora, 1937, la presa di Nanchino: orde nipponiche ad insanguinare il Fiume Azzurro, la pietà umana ridotta ad inutile zavorra, medaglia da spuntare. E le folli strambate del “Grande Timoniere” insaziabile (Mao Tze-Tung), che affamò le terre, annichilendo uomini, in nome d’una Rivoluzione totalitaria e coatta, un balzo nella Storia che lasciò una voragine incolmabile. Infine, le scie luminose di corvi d’acciaio roboanti a solcare New York, il puzzo dei corpi disfatti e accartocciati, le Torri abbattute come pedoni sulla scacchiera, bastioni in rovina, miseria infinita. America ferita, America perduta. Il vento ferale d’una Guerra Imperitura, a graffiare i volti, come vetro, a solcare le mani, ruvide e indurite come canapa grezza: maschere deformi, clowns grotteschi, che s’animano da presso, dura cronaca d’ un passato a noi vicino, ancora attuale. La Curzio punta il dito, rigirandolo nel ventre sudicio e infetto della guerra; e dietro il paravento della vuota retorica s’ode il prosaico frusciar di banconote oleose ed il puzzo osceno di un’arroganza infinita. Sentieri sofferti, per una lettura necessaria.
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