sabato 5 aprile 2014

METTI UNA SERA A TEATRO....



Mimmo Borrelli tra le Anime del Purgatorio Ad Arco con “Chianta e Schianta”, performance tratta da ‘A Sciaveca, per la rassegna “Anime in Transizione” .


 Napoli - Mater, come alma indecente e derelitta; Terra come madre, possente e posseduta, seme e genesi, e rinascita, cordone placentare.Un  alveus invaginato, per antiche novene di sibille fumose, tra Bacoli, Baia e Torregaveta, reflussi d’acheronte, lande sez’aucielli, di borborigmi infernali, conto inebriante e pestilenziale, malapianta per malaciorta: d’esser nati affondano le mani nell’humus antico di declinazioni semiotiche, come segno ancestrale, verbo illanguidito ed umorale, che assorbe il vezzo, ed il puzzo, di terre stantie, di cave frastagliate da cui tracima la vita, seme che diviene senso. E Trascendenza. Una danza, tra l’io marinaro e l’ego sotterraneo, tra Madre-Sibilla e figli seminati, cosparsi di preci strascicate e violente, sono piezze 'e sfaccimma partoriti tra schiuma e jastemme , perchè tali sono, i nostri vecchi, schegge umorali d’un tempo abortito, isole circumnavigate macchiate di peccato originale; perchè la terra non è mai lieve, per i figli del Mare. Il vello non è mai d'oro, è un vulnus; l'esser appendice di mitopoiesi immaginifica e rurale, reale, non copre né nasconde, bensì rivela, e Borrelli è degno anfitrione, la sua opera è endecasillabo disciolto per litanie teatrali, riti liturgici per ascensione a metà; inebriante tocco, retrattile come onda, il mare è marcio, è fiele e scimunisce, evaporando in mummarelle svacantate, dove la pietas non è ricetto, tutt'al più sconforto, trascinate le anime nella Sciaveca del peccato a rimorso.

Mimmo Borrelli è vena autoriale scoperta, ferale e pulsante, vulcanico estro; s'ammischia il verbo, il seme dialettico diviene dialetto semantico, vis flegrea che dispiega il nesso tra la terra e il mare; nella sua intera opera la sua, pregna, terra solforosa diviene tela ingiallita, itterica su cui ricamare, incidendo il solco: è 'Nzularchia, canto errante di camurrìa per Pater assente, Figlio sacrificato, canto tragico e clautrofobico; è Sciaveca (per l’appunto) di salsedine incrostata, con tritoni d'inumana forza ad issare la trama, rete avviluppata per anime naufraghe da pescare. E’ carotaggio interiore, nella mota e nel fango, fertile e blasfemo, perchè vivo e reale; come ferita a raggrumare, a scorrere silente. Bradisismo d'anime all’abbisogna. E’ Malacrescita, il cunto derelitto di Sibilla euripidea, flegrea, bacolese; una Niobe senza lacrime. E sono cunti di fratelli distorti, padri violenti, madri euripidee, figli gemelli, parto destruens, sperma avvinazzato, corrotto dagli eventi, ad imporporare la terra; sangue e vino, chè di latteo e virginale, resta la macula sul grembo, e nulla più. Mimmo Borrelli, ispida la barba che incupisce il volto, nazareno criptico e dionisiaco, è corpo cavernoso che trasmuta in eco polimorfo, strascicata risacca e lugubre, come funereo ristoro: ma di pace non v'è traccia, notturne lamentazioni di uomini abbrutiti e gravi, carichi di pesi e colpa illividita, tracimate dagli avi a trascinare nel gorgo, anime un tempo innocenti e adesso rotte.

Febbrile, catartico ballo di sfessania, che spossa e stracqua, denuda e trasforma, mai rassicura. Borrelli trasfigura sé stesso nel suo teatro carsico, sedimentato nella tradizione che scorre in ipogeo, come in ecclesia in Purgatorio (e mai luogo fu più consono); e son lampi flogistici, di fucine infere, abbacinanti e sottili come aghi nella carne. Una carne straziata, aperta, viva; senza requie o cura o redenzione: tessuto morente, bagnato da lacrima asciutte, d'una Matrigna Terra che non nutre, non riscalda, né consola. Un orfeo apocalittico, cantore eretico d'una lingua sconosciuta ai più, retaggio d'una terra che non conobbe il rimorso, perchè mai lo cercò. Plauso convinto, l'arte della mimesis ha trovato un degno cantore. Notevole.

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